Ai confini del mondo e nelle strade accanto alle nostre, tanti ragazzi scendono in piazza per protestare contro un clima infame, plasmato dall’uomo senza vergogna e con poca umiltà. Nel frattempo, su un autobus di provincia, un ventisettenne cerca di ripetere i suoi appunti prima di un esame universitario. Sono le sei del mattino e di strada ne ha da percorrere tanta, perché la sua vita defilata deve diventare centrale, metropolitana e mainstream. Questo è forse l’obiettivo, più che il senso vero. Mentre qualcuno dorme, altri si svegliano. C’è chi cammina, chi corre e chi sta fermo. I giovani sono la rappresentazione perfetta di un orologio che gira come una trottola impazzita, dal senso orario inarrestabile e ineluttabile. Il tempo non si ferma, non possiamo nemmeno noi.
Siamo (ancora) giovani: dateci la possibilità di scegliere cosa vogliamo diventare
La generazione dei nuovi ventenni ha sfaccettature diverse da quella dei nati a fine anni Novanta. Sono creature differenti, idee riciclate ma fino a un certo punto, proiezioni di una vita come non era immaginabile. Tante possibilità, infiniti errori, svariati modi per rimediare. Chi è giovane vorrebbe pensare. Davvero, rappresenta una priorità. Ma deve soprattutto agire, perché la lancetta scorre costante e non rallenta. E così, prima di guardarsi indietro, sarà sempre necessario guardarsi avanti. Il presente resta tale nella misura in cui regala un futuro. Molti, però, un futuro non riescono a osservarlo, nemmeno con gli occhiali della speranza.
A ventotto anni sei un giornalista, però guadagni poco. A ventinove devi scegliere se assecondare il sogno o la necessità. «Non voglio svegliarmi ancora». Poi ti sveglia la vita, a schiaffoni. Una ragazzina mette i piedi in testa a tutti i potenti del mondo ma viene contestata con frustrazione e gentismo come argomentazioni cardine. Lei è giovanissima, più di una moltitudine di altre persone. Lei è più forte di altri. Ma sarà sempre bersagliata, per aver preso una scelta.
Si dice, molto spesso, che il problema dei giovani d’oggi siano i giovani stessi.
Altrettanto spesso, in verità, non si afferma che il problema reale di chi giovane lo è (e vuole continuare a esserlo, anche se “ti stai avvicinando ai trenta”) viene rappresentato dalla categoria degli adulti.
Che consigliano, certo. Che indicano, giustamente. Che sottolineano, indubbiamente.
Che impongono. E allora no.
Ai giovani d’oggi – e di ieri – viene sempre detto cosa fare. Ma non sarebbe invece il caso di far loro sbattere la testa da soli? Di capire che, se c’è un errore, ci farà crescere? E magari di apprendere che, dove non c’è, si potrà crescere comunque?
E quindi, per favore, dateci la possibilità di scegliere cosa vogliamo diventare.
Dateci la possibilità di sbagliare, se necessario.
Dateci una chance di vivere un’emozione, anche se farà male.
Dateci il diritto di scegliere cosa fare con il nostro corpo, i nostri sentimenti, la nostra anima.
Dateci la volontà di rompere i coglioni quando le cose non vanno bene e di ammettere di aver esagerato quando si oltrepassa il limite.
Regalateci il potere di protestare, di scendere in piazza, di lanciare un messaggio. Di decidere che vogliamo essere studenti, lavoratori, giornalisti, astronauti, educatori, viaggiatori, senza per questo credere che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato dentro di noi. Di sacrificarci, anche se vi sembra che la cosa sia ingestibile e ingiusta (e probabilmente lo è).
Fateci crescere. Indicandoci la via, senza riempirla di ostacoli. Tenendoci per mano ma lasciandola al momento giusto. Senza pretendere di aver per forza ragione.
Domani, la sveglia alle otto segna l’inizio di un nuovo turno. Alle 16.00 una ragazza madre farà l’ennesimo colloquio per un lavoro che odora di scommessa. Alle 21.00 due diciottenni perderanno la verginità. Un trentaduenne intonerà November Rain al karaoke, dopo la mezzanotte.
Siamo giovani. Lasciateci vivere, se potete.