Jérémy Ménez ci riprova, ancora un volta. A 32 anni, dopo l’esperienza messicana al Club América, l’attaccante francese torna in patria, per la precisione a Parigi. Non vestirà, però, la casacca del Paris Saint Germain (squadra in cui ha militato per tre stagione dal 2011 al 2014), bensì quella del Paris FC, seconda squadra della capitale francese.
Certamente il campionato cadetto transalpino potrebbe stare stretto per un calciatore classe ’87 con un passato di assoluto valore, ma dopo gli ultimi anni non certi fortunati e contornati da una discontinuità innegabile, ricominciare in sordina e in un ambiente a lui conosciuto potrebbero aiutarne a risollevarne una carriera, spesa, come vedremo, tra alti e bassi.
I primi anni sono da predestinato. Tutto avviene a una velocità impressionante: Ménez macina un record dopo l’altro. A soli 9 anni viene notato dal Sochaux, che lo tessera e lo “cresce” nelle giovanili. Già a 16 anni per il calciatore arriva la firma per la prima squadra, diventando così il giocatore più giovane ad aver mai firmato un contratto da professionista. Nei due anni in gialloblu per lui 55 presenze e sette reti in Ligue 1. Con la tripletta segnata nel gennaio del 2005 ai danni del Bordeaux, diventa a 17 anni e 8 mesi il giocatore più giovane ad aver segnato tre gol in una partita nella massima divisione francese.
Il giocatore incanta, anche grazie a Mister Guy Lacombe che, nonostante la giovane età, non esita a dargli fiducia e a farne la star della squadra. Sono solo due le stagioni passate nella regione di Bourgogne-Franche-Comté, prima di essere prelevato dal Monaco. Nel Principato il giocatore continua a mostrare una classe cristallina e a spiccare in una squadra non propriamente entusiasmante. Ventinove presenze e sette reti in campionato (più tre assist) per Ménez, ma il Monaco non brilla: una mesta nona posizione a fine stagione. In quella successiva il copione non cambia: il numero dieci si conferma pronto al salto di qualità ed è il vero faro della squadra: 25 presenze e (ancora) sette reti in Campionato per lui, ma i monegaschi a fine anno sono soltanto dodicesimi in Ligue 1.
È il momento della svolta, l’enfant prodige è pronto al palcoscenico di primo livello: su di lui piomba la Roma che lo acquista per 10,5 milioni di Euro più bonus. Roma non è Sochaux, e non è nemmeno il Principato di Monaco. Il poco più che ventenne Ménez si vede catapultato in una realtà nuova, dove nulla sfugge e dove ogni minima mossa viene soppesata.
In questo gol vediamo tutta l’essenza del Ménez giallorosso: rete fantastica, fatta di intuito, tecnica e classe cristallina. E poi quel tiro inutilmente potente e strafottente, unito al dito portato alla bocca, a voler zittire una tifoseria che lo contesta. Niente mezze misure, Ménez incanta o passeggia svogliatamente in campo, segna gol da capogiro, ma poi arriva la parabola discendente e arriva a litigare con Montella, a cui dirà apertamente di preferirgli Claudio Ranieri, l’altro allenatore che lo ha allenato a Roma e che era stato sostituito proprio dall’Aeroplanino. Voto 7 in pagella da vero trascinatore o 4,5 senza appello per prestazione incolore e da dimenticare. Questo è il Ménez di Roma: l’abusatissimo “genio e sregolatezza” viene decisamente incarnato da Houdini (come era soprannominato dai tifosi giallorossi).
Nella seconda metà della stagione 2010/2011 Montella lo utilizza solo due volte per 90′ in Serie A, sostituendolo spesso o utilizzandolo a partita in corso. È un passo d’addio lungo quattro mesi.
Il trasferimento dell’estate del 2011 è di quelli che non si dimenticano. Da una capitale all’altra. Da Roma a Parigi: la sua capitale. Jérémy Ménez è di casa essendo nato a 19 chilometri da Parigi (a Longjumeau) e cresciuto nella periferie della Ville Lumière, più precisamente nella banlieu 94. Una zona difficile, in cui Ménez vive di calcio e si salva da altre strade come ammette lui stesso: «Se non avessi fatto il calciatore sarei finito in galera».
Parole non banali, come quelle che dimostrano l’attaccamento a Parigi e tanto riconoscimento, nonostante tutto, verso Roma e verso la Roma: «Cosa provo quando indosso la maglia rossoblu sulle spalle? E’ un orgoglio enorme. Quando stavo a Roma, Totti e De Rossi, due romani, portavano il club nel loro cuore. A Parigi per me è lo stesso. Ho questa squadra nel cuore, e quando sono sul campo ci tengo a dare tutto per questa maglia e per la mia città». Un amore viscerale, che in campo si vede tutto, pur con i soliti limiti caratteriali.
Il suo primo anno a Parigi coincide con l’arrivo della nuova proprietà qatariota. Non mancano gli investimenti (dalla Serie A assieme a Ménez arrivano anche Sirigu, Sissoko e Pastore) ma la prima stagione finisce con il secondo posto (il titolo va al Montpellier). Il numero 7 è tra i trascinatori della squadra: 33 presenze con sette gol e ben diciassette assist.
L’anno dopo il PSG continua a rinforzarsi con gli arrivi di Ibrahimovic e Thiago Silva dal Milan. Ménez rimane al centro del progetto di Mister Ancelotti ed aiuta la sua squadra a vincere il primo scudetto dopo 19 anni. I numeri recitano trenta presenze con sette assist e cinque goal. L’ultimo è fondamentale, perché regala alla sua squadra il titolo. Gli anni con Ancelotti sono i più sereni della vita di Ménez nella capitale: «È stato come un padre, il migliore che abbia mai avuto», niente alti e bassi, solo tanta sostanza.
L’arrivo dell’allenatore francese riporta la parabola di Mènez in fase discendente: il feeling non nasce, le presenze diminuiscono e i malumori aumentano. La stagione 2014/2014 vede il dominio dei parigini in Ligue 1, vinta senza patemi. Mènez non è, però, tra le prime scelte del mister: per lui solo 16 presenze in campionato, di cui 9 da subentrante; l’addio al veleno, visto il temperamento è inevitabile.
Ne sono prova le parole rilasciate qualche tempo dopo la cessione in un’intervista: «La concorrenza non mi fa paura, ma deve essere sana. Invece oggi è meglio essere stranieri per giocare nel Psg». Il riferimento è all’ex compagno Lucas, reo, secondo Mènez, di avergli rubato il posto in squadra senza meriti sportivi, ma solo a causa del costo sborsato dal PSG per averlo. Parole che denotano il malessere generale del calciatore, irrequieto e bisognoso di nuovi stimoli.
L’occasione giusta è il ritorno in Italia, a Milano sponda rossonera. Questo periodo coincide con una delle fasi migliori dal punto di vista personale per il francese. Un Milan in difficoltà, all’ennesimo tentativo di rinascita, si aggrappa alle giocate del numero sette. Il calciatore, da protagonista dell’attacco rossonero come falso nueve agli ordini di Pippo Inzaghi si esalta: ne deriva la migliore annata in termini di realizzazione con sedici gol in trentatre presenze.
Gol come questo, segnato in un rocambolesco Parma-Milan terminato 4-5, in cui vediamo tutta la follia calcistica del giocatore che si inventa un gol fuori dal comune e sicuramente difficile da dimenticare per i tifosi del Milan. La stagione dei rossoneri è, però, priva di soddisfazione (si chiuderà al decimo posto) e il nervosismo di Mènez non tarda a manifestarsi: a cinque gare dalla fine della Serie A il giocatore viene espulso per doppia ammonizione e poi squalificato per un totale di quattro giornate per ingiurie ed espressioni blasfeme pronunciate verso l’arbitro: la calma, solo apparente, di Mènez si rompe e si rivedono gli sprazzi del giocatore che già conoscevamo.
La seconda stagione in rossonero per Mènez è da dimenticare: infortunio all’anca che lo tiene fuori fino a gennaio e un nuovo allenatore, Siniša Mihajlović, che non tollera il suo atteggiamento svogliato in allenamento o troppo da solista in campo: «Non dipende da me ma da loro. Da come si allenano e dal fatto che in campo, anche per qualche minuto, possano dare ciò che pretendo io: massimo impegno e rispetto. Finché non lo daranno, staranno in panchina o in tribuna» così il Mister spiegava i motivi dell’esclusione dai titolari del francese (e di Balotelli). A fine anno solo 287 minuti in Serie A.
Il nuovo tentativo in Ligue 1 ha poca fortuna, il Bordeaux non decolla e Mènez chiude con una stagione talmente anonima che si ricorda sopratutto per il brutto incidente occorso nella prima amichevole, in cui il giocatore perde una porzione di orecchio.
Le due avventure professionali seguenti portano il francese a spostarsi nell’arco della stessa stagione prima in Turchia, all’Antalyaspor, e poi in Messico al Club América. Due esperienze per nulla soddisfacenti, terminate con una rescissione del contratto dai centroamericani e un Mènez nervoso.
Libero contrattualmente dal 29 agosto, Mènez ha deciso di ricominciare lì da dove tutto era iniziato: Parigi. Non con il PSG degli emiri, ma con il Paris FC: decisione arrivata per motivi familiari nonostante le diverse offerte (a suo dire) provenienti dalla Ligue 1.
Una squadra con minori pressioni rispetto a quelle più blasonate avute in passato e un Campionato, come la Ligue 2, in cui sicuramente sarà tra i giocatori più importanti in assoluto. È questa la via per ritrovare la serenità necessaria e reiniziare un percorso soddisfacente? A 32 anni, all’apice della carriera per un calciatore, non sembra essere proprio l’ideale.
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