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Il controllo di vicinato: verso una comunità più competente

Published by
Marco Capriglio

Fenomeni come la microcriminalità, la presenza nelle nostre città di persone che appartengono a culture profondamente diverse e le strumentalizzazioni mediatiche e politiche del tema dell’immigrazione possono generare paure e timori di essere vittime di un reato. Non solo, il degrado urbano dei centri storici e di alcune periferie, nonché l’allentamento dei legami sociali, possono determinare sentimenti di insicurezza e di diffidenza nei confronti dello “straniero” o di altre persone che possono apparire come pericolose e potenzialmente capaci di commettere reati. Tali sentimenti possono accrescere nei cittadini allarmismo e un forte bisogno di controllo sociale e/o del territorio anche attraverso iniziative individuali o di gruppo, spesso strumentalizzate a livello politico e non sempre positive, come ad esempio le “ronde”. Altre volte, invece, si tratta di esperienze che evidenziano la presenza di una cittadinanza attiva e partecipe o meglio di una comunità competente, cioè capace di organizzarsi al fine di individuare risorse e soluzioni adeguate come risposta ai propri bisogni: è il caso del controllo di vicinato.

Metodologia di un’esperienza di sicurezza partecipata

Esperienza significativa si è dimostrata essere il Controllo di Vicinato, o Controllo di Comunità, nato negli anni ‘80 in Inghilterra e arrivato in Italia solo recentemente. Il Controllo di Vicinato si basa essenzialmente su chat di WhatsApp, i cui partecipanti firmano un modulo di adesione depositato all’anagrafe del Comune di riferimento, nelle quali è possibile segnalare movimenti sospetti e rimanere informati su quello che accade, senza mai dimenticare che l’intervento è compito esclusivo delle Forze dell’Ordine. In tali chat, sono inoltre presenti rappresentanti dell’Amministrazione Comunale locale e delle Forze dell’Ordine, al fine di rendersi partecipi sul territorio e di diminuire le distanze con la cittadinanza.

Il Controllo di Vicinato, pertanto, si fonda su una metodologia di sicurezza partecipata che implica una forma di responsabilizzazione del singolo e dei gruppi, i quali partecipano attivamente agli eventi della comunità, scegliendo di unirsi e di cooperare per fronteggiare in modo adeguato le problematiche legate alla sicurezza del proprio territorio. In concreto, tale metodologia si traduce nell’organizzazione sul territorio di gruppi di cittadini – suddivisi per condomino, quartiere, zona o frazione – denominati “gruppi di controllo”, che hanno il compito di fare attenzione a ciò che accade intorno alla propria abitazione e nel proprio quartiere di residenza. Ogni luogo in cui è attivo un gruppo di controllo viene contraddistinto da un apposito cartello che attesta la presenza del Controllo di Vicinato o del Controllo di Comunità.

Il cittadino che fa parte del gruppo di controllo ha il compito fondamentale di segnalare situazioni anomale significative, come, ad esempio, auto o furgoni abbandonati o persone che si aggirano con atteggiamenti palesemente sospetti, allarmi attivati, cani che abbaiano ininterrottamente o rumori sospetti in abitazioni temporaneamente disabitate. I rapporti tra il gruppo di controllo e la polizia locale sono tenuti da un coordinatore che viene scelto all’interno del gruppo stesso. Il coordinatore deve raccogliere tutte le informazioni e le segnalazioni degli altri membri del proprio gruppo e confrontarsi direttamente con i referenti del comando di polizia locale. È evidente che si tratta di una figura strategica e fondamentale per la buona riuscita del progetto, in quanto rappresenta l’anello di congiunzione o il punto di connessione tra cittadini e Forze dell’Ordine.

Tra l’accordo di collaborazione e i nodi problematici

Un aspetto fondamentale da tenere presente quando si affronta il tema del Controllo di Vicinato è il fatto che si tratta di un vero e proprio progetto frutto di un “accordo” e di una stretta collaborazione tra cittadini, Forze dell’Ordine e Istituzioni locali. Esso, pertanto, implica il rafforzamento dei legami e la fiducia tra i diversi attori coinvolti, avendo alla sua base dimensioni quali la promozione del dialogo, la solidarietà sociale, la cooperazione, l’educazione alla convivenza, il rispetto della legalità, l’integrazione e l’inclusione sociale.

In termini meno astratti, è uno strumento di prevenzione della criminalità e dell’insicurezza  urbana, che presuppone la partecipazione attiva e consapevole della comunità e promuove la sicurezza urbana attraverso la solidarietà tra cittadini e la loro cooperazione con le Forze dell’Ordine e le Istituzioni del territorio.

Il progetto presenta però alcune ombre: in primo luogo il problema della privacy, che può essere violata con segnalazioni non corrette o inutili allarmismi, e in secondo luogo, ma non da meno, il problema dell’inserimento nelle chat di persone malintenzionate, che possono fungere da “palo” per attività illecite. Soprattutto la prima problematica spinge molti a non aderire, per paura di essere vittime di ansie inutili e infondate o di essere additate come investigatori privati.

Si ritiene che i nodi problematici citati possano nel tempo essere superati, a patto che vengano utilizzati strumenti pensati ad hoc. Fra questi, vengono proposti come necessari la promozione di campagne sistematiche di sensibilizzazione e di informazione per rendere i cittadini più fiduciosi nei confronti del progetto e per ridurre l’omertà; la messa a punto di programmi di formazione e di educazione finalizzati allo sviluppo di conoscenze e di competenze necessarie per partecipare in modo adeguato e consapevole al progetto; l’individuazione di spazi dedicati all’ascolto e al dialogo costruttivo tra Istituzioni del territorio, Forze dell’Ordine e cittadini, con l’obiettivo di aumentare la fiducia reciproca e nella possibilità concreta di apportare un cambiamento positivo.

Controllo di vicinato: il recupero del capitale sociale

Concludendo, è possibile affermare che la sicurezza – reale o percepita – è una condizione imprescindibile per garantire ai cittadini il pieno esercizio delle libertà riconosciute dal nostro ordinamento giuridico, ma è anche una percezione che ha risvolti significativi sul benessere individuale e sociale, nonché sulla qualità della vita dei singoli e dei gruppi.

Da questo punto di vista, la sicurezza partecipata può essere considerata uno strumento privilegiato per accrescere la percezione di sicurezza dei cittadini che, attraverso la propria partecipazione al progetto, possono dare un aiuto concreto. Si tratta certamente di un’alternativa efficace ad altri sistemi di controllo più onerosi e più invadenti per la comunità come, ad esempio, i  complessi sistemi di videosorveglianza. Occorre considerare, inoltre, che il Controllo di Vicinato si basa su tre aspetti fondamentali: il capitale sociale, la comunità competente e la partecipazione attiva.

Il progetto, infatti, è teso a recuperare il capitale sociale, ricostruendo le relazioni che creano coesione sociale e promuovono il senso di appartenenza a una comunità o senso di comunità; il presupposto è che l’isolamento e l’esclusione sociale sono fattori che accrescono sentimenti di paura, di sospetto e di insicurezza. L’investimento sulla comunità, il coinvolgimento diretto della cittadinanza e la sua formazione sono indiscutibilmente espressione di partecipazione attiva e responsabile che si fonda sull’idea di una comunità competente. I cittadini, in quanto risorsa indispensabile, devono essere altresì in grado di “leggere” la situazione e di fare segnalazioni qualificate alle Forze dell’Ordine. Ciò implica da parte loro l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze specifiche, ma anche una visione di cittadinanza come comunità competente, capace di attivare una lettura critica su se stessa che le consenta di individuare i propri bisogni e di mobilitare le risorse politiche, materiali e non, per poterli soddisfare.

È evidente che il Controllo di Vicinato non si limita alla sola promozione della sicurezza urbana ma, se ben gestito, è in grado di promuovere una cultura della cooperazione tra gli attori coinvolti nel progetto, un clima di fiducia nelle Istituzioni del territorio, legami interpersonali e di vicinato, nonché un sentimento di appartenenza a una comunità in cui essere attivi e partecipi.

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Marco Capriglio

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