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Il ritorno dell’antisemitismo: quando la Storia non basta

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Marco Maffeo

Avrebbe potuto essere una strage. Non è andata così, ma l’attentato dell’8 ottobre alla sinagoga di Halle, organizzato dal tedesco Stephan Baillet, ha riportato l’ombra dell’antisemitismo sulla Germania e sull’Unione Europea. In realtà, quello di Halle è l’ultimo di una lunga serie di episodi di antisemitismo avvenuti in Germania: il quotidiano Tagesspiel, in un articolo del febbraio 2019, segnala che il governo ha registrato per il solo anno 2018 ben 1646 reati di antisemitismo, quasi centocinquanta in più rispetto all’anno precedente. Che il razzismo contro gli ebrei e non solo sia in crescita in Germania lo dimostrano anche i risultati politici: alle ultime elezioni regionali in Sassonia – il Land tedesco in cui si trova Halle – il partito di estrema destra xenofobo AfD (Alternative für Deutschland) ha ottenuto il 24%. Ma la Germania non è l’unico Paese europeo in cui sono aumentati gli episodi di antisemitismo e la vecchia storia dell’odio per gli ebrei è tornata a mostrare il lato più buio di un’Unione Europea che si vorrebbe raccontare come inclusiva e multiculturale.

Il ritorno dell’antisemitismo nell’Unione Europea

La persistenza dell’antisemitismo in Europa stupisce soprattutto se si pensa allo scarso numero di ebrei che effettivamente vivono nel continente. Infatti, se la popolazione ebraica nel mondo ammonta a circa quattordici milioni, per la maggior parte essa è situata in Israele (sette milioni) o negli Stati Uniti (sei milioni), e sono solo un milione gli ebrei residenti nei Paesi europei. Si è quindi ben distanti dalle cifre degli Stati Uniti: la popolazione ebraica più consistente si trova in Francia (450.000 circa), poi si passa al Regno Unito (300.000) e alla Germania (120.000). Nonostante si tratti di un numero irrisorio se rapportato alla popolazione totale (per la Francia si parla di nemmeno un punto percentuale della popolazione), dall’Eurobarometro 484 realizzato dalla Commissione Europea emerge che per più della metà degli ebrei residenti nell’UE l’antisemitismo rappresenta uno dei problemi principali del proprio Paese, metà che si trasforma in ampia maggioranza nel caso di dodici Stati.

La Francia è uno dei Paesi più colpiti dal diffondersi del sentimento antisemita, che in particolare nel 2019 è tornato a infuriare con veemenza: basti ricordare – tra tutti gli episodi – la profanazione delle tombe del cimitero ebraico di Quatzenheim, in Alsazia, avvenuta il 19 febbraio. Secondo quanto viene segnalato in un rapporto dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali, per il 90% degli ebrei presenti nell’UE l’antisemitismo è però aumentato in tutti gli Stati membri. Uno degli spazi più comuni su cui si manifesta l’odio antisemita è diventato ovviamente il web, in cui trovano sfogo aberranti prese di posizione come la negazione della Shoah o teorie complottiste sull’eccessivo potere degli ebrei all’interno della società.

Le tombe profanate nel cimitero di Quatzenheim, in Alsazia. Foto: Agence France Presse.

Stando al rapporto, la discriminazione nei confronti degli ebrei persiste poi anche nei settori del lavoro e dell’istruzione o in quello sanitario. Quel che è peggio è che tre volte su quattro gli episodi di razzismo non vengono segnalati: nella maggioranza dei casi questo accade perché gli ebrei vittime di discriminazione non pensano che una simile decisione potrebbe migliorare in qualche modo la loro situazione. Dal rapporto emerge insomma un quadro sconfortante, in cui gli ebrei che vivono nell’Unione Europea si vedono abbandonati dai singoli governi nazionali e addirittura sono portati a ritenere normale la discriminazione che sono costretti a subire.

Negli ultimi anni il sentimento antisemita sta trovando ampio spazio anche in Italia, nonostante il numero di ebrei nel nostro Paese – circa venticinquemila – sia davvero minimo. Se nel 2015 c’erano stati solo 64 episodi di antisemitismo, nel 2016 e nel 2017 si è arrivati a 130, per toccare addirittura quota 180 nel 2018. Due esempi eclatanti tra i più recenti sono il furto delle pietre d’inciampo a Roma, avvenuto a dicembre 2018, e il post twittato a gennaio 2019 dal senatore M5S Elio Lannutti a proposito dei Protocolli dei Savi di Sion, uno dei più famigerati falsi storici che sostiene l’esistenza di un piano ebraico per la dominazione del mondo.

Alcune delle pietre d’inciampo a Roma, prima che venissero rubate. Foto: Repubblica.

Nella relazione annuale pubblicata a fine 2018 dall’Osservatorio per l’antisemitismo si ricordano gli attacchi fatti a personaggi celebri come il giornalista Gad Lerner o la senatrice Liliana Segre e si segnala che le immagini e i simboli usati per manifestare l’antisemitismo provengono principalmente dal mondo del neonazismo. A quanto pare, a diffondere l’antisemitismo in Italia contribuisce anche la percezione del conflitto israelo-palestinese, con lo Stato di Israele che viene spesso accusato di attuare pratiche naziste e di stare causando una Shoah palestinese. Nonostante l’evidente diffusione dell’antisemitismo in Italia, è importante ricordare che nel nostro Paese esiste una legislazione contro le forme di discriminazione razziale o religiosa. In particolare, viene punita con una reclusione da due a sei anni l’istigazione e la diffusione di idee che si basano sulla negazione o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio.

Molto è stato fatto anche in materia di prevenzione dell’antisemitismo, quantomeno a livello europeo. Per far fronte alla diffusione dell’odio razzista sul web, nel 2016 la Commissione Europea ha infatti pubblicato un codice di condotta per contrastate l’illecito incitamento all’odio online, codice che quattro colossi informatici – Facebook, Twitter, Youtube e Microsoft – hanno deciso di adottare. Nel mese di giugno dello stesso anno è stato poi creato il Gruppo ad alto livello sulla lotta contro il razzismo, la xenofobia e le altre forme di intolleranza, che ha lo scopo di prevenire i reati generati dall’odio, inclusi quelli provocati dall’odio antisemita. Nel 2016 l’Unione ha contribuito a organizzare un incontro all’ONU sull’antisemitismo a livello globale, in modo da organizzare le azioni necessarie a contrastarlo, e nel 2017 ha poi richiesto agli Stati membri un maggiore impegno a livello europeo e nazionale nella lotta contro l’antisemitismo.

Un passato non troppo remoto

Negli ultimi anni si discute sempre più spesso sull’utilità della Giornata della Memoria, credendo che non sia più necessario ricordare avvenimenti percepiti ormai come molto distanti. Torna così in mente la parola che si trova incisa sul muro del memoriale della Shoah a Milano: indifferenza. È l’indifferenza che oggi si trova verso le manifestazioni di odio per l’altro, ebreo o straniero che sia, la stessa indifferenza che ha fatto sì che la notizia dell’attentato a Halle scomparisse dai giornali nel giro di tre giorni, la stessa indifferenza con cui l’opinione pubblica e l’Unione Europea chiudono gli occhi e i porti di fronte a chi cerca rifugio. L’attentato di Halle ci ricorda come quel passato non sia ancora passato davvero – se mai lo sarà – ed è la triste dimostrazione di come nemmeno la lezione della Storia basti a scongiurare certi sentimenti o comportamenti. «È avvenuto, quindi può accadere di nuovo», scrisse Primo Levi. E chissà che, in qualche parte del mondo, magari con un diverso “altro” da usare come capro espiatorio, non siamo già a un passo dal farlo accadere ancora.

Il muro presente al memoriale della Shoah di Milano, a ricordare cosa ha permesso l’Olocausto.
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