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Sport

Nessuno tocchi l’Italia di verde vestita

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Riccardo Angori

La Nazionale italiana di calcio, con la netta vittoria per 2-0 sulla Grecia, ha strappato il pass per Euro 2020 con ben tre partite di anticipo grazie a una marcia inarrestabile nel girone di qualificazione. Dall’alto delle sette vittorie consecutive che hanno dato la testa della classifica alla Nazionale del CT Mancini sarà infatti possibile ripartire con la possibilità di sperimentare nuove soluzioni tattiche nelle prossime partite di qualificazione. Una vittoria arrivata nella splendida cornice dello Stadio Olimpico di Roma, dove gli azzurri in verde hanno avuto la meglio sugli ellenici.

Già, in verde. La neonata terza maglia della Nazionale italiana di calcio fornita da Puma, lo sponsor tecnico, ha esordito con una bella vittoria come la sua antenata degli anni cinquanta. Il 5 dicembre del 1954, sempre all’Olimpico di Roma, l’Italia scese infatti in campo contro l’Argentina per la prima partita del dopo mondiale giocato in Svizzera pochi mesi prima. Gli azzurri si presentarono in campo con una maglia verde in segno di accoglienza e per non creare confusione con la maglia albiceleste dei sudamericani. La maglia verde portò benissimo, dato che accompagnò la vittoria per 2-0 sull’Argentina, ma in seguito a quella partita così convincente iniziò un quadriennio molto difficile per la Nazionale, che mancò clamorosamente la qualificazione ai mondiali svedesi del 1958. Un precedente che è stato replicato l’anno passato per le qualificazioni al mondiale russo, una delusione arrivata senza nessuna maglia verde che, a differenza della sua progenitrice, è stata caricata di un significato importante come quello del Rinascimento. Il movimento artistico che fece rifiorire l’arte in Italia è stato omaggiato dallo sponsor tecnico che vede nel nuovo corso della Nazionale inaugurato dal CT Roberto Mancini una speranza di rinascita, che verrà custodita dalle nuove leve che risponderanno alle convocazioni e che avranno modo di indossare quella che sarà la terza maglia.

La maglia della Nazionale nelle immagini promozionali distribuite dalla FIGC

Si sono susseguite molte polemiche contro la nazionale di verde vestita, alimentate da giornalisti e opinionisti che hanno dato voce a pensieri beceri e non suffragati da fatti in nome della tradizione tradita. Una polemica che, oltre a ricordare terribilmente le discussioni sui tortellini di un paio di settimane fa, ha ben poco senso. Perché nell’era in cui il marketing e gli sponsor sono diventati sempre più necessari per il calcio, prendersela solo ed esclusivamente con quella che sarà la terza maglia della Nazionale fa molto sorridere. E inoltre c’è da dire che più o meno tutte le Nazionali hanno avuto a che fare con prime maglie non all’altezza del blasone, di cui ora è doveroso riportare qualche esempio. Altro che verde rinascimentale.

Dall’Italia in pigiama al Brasile sponsorizzato

Italia Confederations Cup 2009

La Nazionale festeggia il gol di Rossi contro gli USA. Ma siamo sicuri che fosse meglio questo celeste marrone del tanto bistrattato verde?

Tre anni dopo la cavalcata azzurra in terra tedesca, culminata nel cielo azzurro sopra Berlino di civoliana memoria, l’Italia del Lippi bis partecipò da campione del mondo in carica per la prima volta alla Confederations Cup, il torneo che viene disputato un anno prima nella nazione che ospita poi il Mondiale di calcio l’anno successivo. E per la prima Confederations Cup africana, tenutasi in Sudafrica, l’Italia fu vista nelle televisioni della calda estate italiana con una tenuta che avrebbe meglio figurato in camera da letto. Maglia celeste con pantaloni marroni, un abbinamento dei colori decisamente più adatto a un pigiama, connubio disastroso quasi quanto il risultato conseguito nel torneo: terzo posto nel girone dietro a Brasile e Stati Uniti e ritorno a casa, con Dossena autore di un autogol nell’ultima partita del girone contro il Brasile, indeciso se mettere la divisa della nazionale nel cassetto dei pigiami.

Inghilterra 1973

Lo scambio dei gagliardetti prima di Italia – Inghilterra

La nazionale dei tre leoni giocò tre partite tra il Maggio e il Giugno del 1973 con una combinazione che probabilmente tutti i tifosi inglesi vogliono tuttora dimenticare. Maglia gialla e pantaloncini blu, probabilmente per omaggiare il Brasile vincitore all’epoca delle tre coppe Jules Rimet o addirittura l’Arsenal vincitore di campionato e FA Cup nel 1971. Ma la combinazione di colori caratteristici della nazionale sudamericana e delle seconde maglie della squadra londinese non portò altrettanta fortuna alla selezione inglese. Di tre partite pareggiò e perse le amichevoli rispettivamente contro la Cecoslovacchia (1-1) e contro l’Italia giocata al Comunale di Torino (2-0 reti di Anastasi e Capello). E sempre una sconfitta con la tenuta giallo blu avvenuta contro la Polonia (2-0) fece fallire la qualificazione all’Inghilterra per i Mondiali del 1974, che da allora non ha più utilizzato questo outfit particolare e decisamente sfortunato per gli albionici.

USA 1994

La nazionale degli Stati Uniti nella foto ufficiale del mondiale casalingo di USA 1994

Gli Stati Uniti, l’unica nazione anglofona del mondo dove la parola calcio viene tradotta in soccer, hanno ospitato il celebre mondiale del 1994, giocato a orari improbabili nella caldissima estate statunitense per permettere la visione delle partite in Europa e nel resto del mondo. Un torneo che tutt’oggi perseguita il dieci azzurro di quell’edizione, colpevole di aver calciato la palla del rigore decisivo nella finale di Pasadena contro il Brasile su quella maledetta traversa che dopo più di vent’anni trema ancora. Forse però gli incubi sono più dovuti alla divisa dei padroni di casa, fornita da Adidas e indimenticabile ancora oggi: maglia a righe verticali ondulate bianco rossa, probabilmente con l’intento di omaggiare la bandiera statunitense, the old glory, risultando invece fastidiosa da guardare e oltretutto sfortunata. La prima maglia esordì infatti agli ottavi di finale contro il Brasile, che passò il turno con un semplice gol di Romario, lasciando i padroni di casa con la bocca asciutta ad ammirare le strisce ondulate bianco rosse solo sui pennoni delle bandiere sparpagliate per il paese.

Corea del Sud 1996

La nazionale della Corea del Sud durante la Coppa d’Asia 1996

La nazionale della Corea del Sud, che pochi anni più tardi avrebbe avuto la meglio nei Mondiali casalinghi su nazionali più blasonate come l’Italia e la Spagna, ebbe in dote dal proprio fornitore tecnico Nike una maglia con due righe ondulate orizzontali bianco blu su sfondo rosso, ottenendo suo malgrado un’infelice parallelismo con il logo della Pepsi. Questo outfit, che a colori invertiti caratterizzava la divisa da trasferta, fu ammirato nella Coppa d’Asia 1996: qui la squadra sudcoreana passò il girone da migliore terza del torneo assieme all’Iraq, fermandosi però ai quarti di finale contro l’Iran, che strappò il pass per la semifinale con un netto 6-2.

Brasile 1987

Il Brasile in azione durante l’amichevole contro il Cile

La nazionale verde oro, con questi colori dal 1951 in seguito alla sua tragedia sportiva più grande, il Maracanazo, è salita per cinque volte sul tetto del mondo e numerose altre si è fregiata del titolo continentale. Ma il 1987 fu un anno molto strano per il calcio brasiliano, che vide una scissione delle tredici squadre più importanti della Federcalcio brasiliana, che si riunirono per organizzare un proprio torneo senza l’egida della CBF. Il torneo delle tredici squadre, la Copa União, fu un successo di pubblico ben pagato da quello che ne divenne lo sponsor unico, la Coca Cola. Il celebre logo comparve letteralmente ovunque, dai cartelloni alle maglie delle squadre impegnate nel torneo. E fece capolino pure sulla fino ad allora immacolata maglia della nazionale di calcio, in occasione dell’amichevole contro il Cile del 9 dicembre 1987.  Il Brasile scese in campo con la classica tenuta verde oro su cui campeggiava sul petto e sulle spalle il toppone rosso con l’inconfondibile lettering della multinazionale di Atlanta. E nonostante la vittoria per 2-1 sulla rappresentativa cilena l’unica nota stonata della partita fu proprio la maglia di Nelsinho e compagni, che fece tornare sui propri passi la Federcalcio che mise da parte l’idea delle maglia delle nazionale sponsorizzata.

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Riccardo Angori

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