Della legge più importante dell’anno non vi è ancora un testo ufficiale, ma le numerose bozze che stanno circolando sembrano assicurarci una manovra 2020 prudente, non osteggiata dai mercati, se non piuttosto conservatrice. Il deficit si mantiene allo stesso livello dello scorso anno e sarà utilizzato in buona parte per coprire gli aumenti di spesa della legge di bilancio precedente: quota 100 e reddito di cittadinanza restano in piedi nonostante il naufragio dell’esecutivo giallo-verde, e al secondo governo Conte rimangono ristretti margini per intraprendere nuove iniziative.
A dominare fino ad ora sono stati il dibattito sul possibile aumento dell’Iva e quello sulla stretta al contante: tassazione e soglia d’uso al cash sono i punti critici da cui inizia e finisce la distanza siderale che, ancora una volta, c’è nel nostro Paese fra élite e ceti popolari, ma la manovra contiene molto di più. Con un costo di trenta miliardi, tra divisioni interne alla maggioranza e riciclaggi delle misure del governo precedente, vediamo cosa dovrebbe esserci nella legge di bilancio 2020 e quali sono gli elementi di continuità e discontinuità con la scorsa legislatura.
In queste settimane non facciamo che sentire parlare di aumento dell’Iva. Nella legge di bilancio 2019 il governo giallo-verde aveva previsto delle spese per cui mancano delle coperture. Dunque al nuovo governo non resta che attuare una delle due soluzioni possibili per riempire il buco di bilancio creatosi: o un aumento dell’Iva, e quindi delle tasse, oppure un taglio alla spesa pubblica. Il Movimento 5 Stelle esclude categoricamente un aumento, il che significa che più della metà delle risorse finanziarie disponibili (ventitré miliardi) servirà al blocco dell’aumento dell’Iva.
Alzare le tasse sarebbe, per il Movimento 5 Stelle, un chiaro dietro-front nei confronti dei passi che tenta di fare verso il cittadino. Non se lo può permettere, per lo stesso motivo per cui non può permettersi di fare marcia indietro nei confronti di quota 100 e del reddito di cittadinanza: tutte misure di assistenzialismo che, seppure contribuiscano nel lungo periodo a creare nuovo debito pubblico che graverà sulle generazioni future, rappresentano almeno nel breve periodo lo specifico modo dei Cinque Stelle di andare verso il popolo. Il Movimento non può non battersi per il blocco dell’aumento delle tasse, perché è ciò che usa per stare dalla parte del cittadino, qui e ora, anche a costo del bene del cittadino stesso. Difatti, dei ventitré miliardi volti alla disattivazione delle clausole Iva, quattordici provengono dall’incremento del deficit.
Ma della stessa idea è Matteo Renzi, che all’apertura della decima edizione della Leopolda chiarisce che «chi non vuole aumentare l’Iva, non vuol far cadere l’economia».
Certo, in realtà l’inedito asse Renzi-Di Maio non sembra essere molto stabile: i non pochi nodi che continuano a dividere la maggioranza di governo stanno rendendo il percorso di scrittura della manovra ricco di punti critici e salienze. A partire da quota 100. Per Conte e i 5 Stelle la misura di pensione anticipata è un pilastro e non si tocca; Renzi, e con lui il mondo dell’impresa, la trova ingiusta per il paese, vuole cancellarla e continua a chiedere di spostare i fondi di quota 100 sul taglio del cuneo fiscale (tre miliardi di euro stanziati in manovra saranno infatti destinati al taglio del cuneo fiscale sui lavoratori, ovvero le tasse sui redditi da lavoro: sotto un determinato limite di reddito, i dipendenti avranno diritto a un bonus, che tuttavia sembra ridursi di settimana in settimana).
Per quanto riguarda l’altra misura riciclata dalla scorsa legislatura, la flat tax, questa verrà ridimensionata: nessuna tassa piatta sopra i sessantacinquemila euro e verranno di nuovo estromessi i lavoratori dipendenti. Non sarà cioè per loro più possibile aprire una partita Iva e pagare solo il 15% di tasse sulle collaborazioni, come si è potuto fare solo per quest’anno con la flat tax senza vincoli, il che non piace affatto al Movimento 5 Stelle. Sarà invece riconfermato senza discussioni il reddito di cittadinanza.
Tra le novità inserite in manovra, quella di cui si sta parlando di più è la stretta al contante: per combattere la lotta all’evasione fiscale, il Governo ha puntato a ridurre la soglia di utilizzo libero nei trasferimenti tra privati a duemila euro per il 2020 e il 2021 e a mille euro per il 2022, incentivando l’uso ai pagamenti elettronici.
Nemmeno qui mancano i punti di contrasto: nell’ultima bozza del decreto fiscale arrivano le multe per commercianti e professionisti che non accettano carte e bancomat, ma per i Cinque Stelle bisogna quanto meno accompagnare l’obbligo di fattura elettronica e gli incentivi all’uso di carte e bancomat abbattendo i costi delle carte di credito, per «combattere contro la grande evasione, non contro il commerciante», scrive Di Maio sul Blog delle Stelle. L’Italia è il Paese dell’eurozona in cui è stato rilevato il maggior numero di transazioni giornaliere in contanti, per cui l’ansia generata attorno alla nuova misura è del tutto legittima. Tuttavia, una soglia di duemila euro al contante «non criminalizza nessuno» dice il premier Giuseppe Conte, spalleggiato da Pd e Leu: l’ampia fetta di utilizzatori di denaro contante che, per abitudine, disinteresse oppure finalità illecite continua a esprimere una notevole richiesta di cartamoneta in qualche modo si abituerà.
Novità anche sul fronte ambientale: il governo giallo-rosso introduce un vago e generico Green New Deal, una serie di misure fiscali che comprendono la revisione di alcuni sussidi dannosi per l’ambiente e che dovrebbero garantire un guadagno di circa due miliardi.
Non resta molto spazio in manovra per ulteriori misure nel campo dell’innovazione o a sostegno dei giovani. Come abbiamo visto, la manovra sarà piuttosto conservatrice, tutta improntata alla sterilizzazione delle clausole Iva e a coprire gli aumenti di spesa della scorsa legge di bilancio. Secondo l’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani desta preoccupazione il fatto che l’economia resti debole e che la stima di crescita appaia bassa (+0,6% del Pil), ma non siamo in recessione. È una manovra prudente, non ispira particolare insicurezza nei mercati, lo spread non sale e il deficit si mantiene sui livelli promessi dal governo precedente (2,2%). Restano ancora, tuttavia, due elementi di continuità con l’anno precedente: i motivi di attrito all’interno della maggioranza che deviano la linea comune di direzione per il Paese di cui la serenità del mondo dell’economia avrebbe bisogno e, soprattutto, l’assenza di misure a sostegno dei giovani – o peggio, la presenza e la riproposizione di misure a danno delle future generazioni. Il blocco all’aumento dell’Iva per non suscitare l’ira di chi oggi potrebbe ritrovarsi a pagare più tasse non fa che creare più debito pubblico che graverà sulle tasche delle giovani generazioni: di nuovo a loro spetterà pagarne il conto.
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