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Curiosità

Nuova vita da dirigente: largo ai giovani – theWise incontra Emanuele Calaiò

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Eugenio Guido

605 partite giocate in carriera con 197 gol all’attivo. In Serie A ben nove stagioni, con 174 presenze e 34 gol . Vent’anni di carriera in totale con esperienze di altissimo livello: Torino, Ternana, Messina, Pescara, Napoli, Siena, Genoa, Catania, Spezia, Parma e Salernitana.  Questo, in estrema sintesi, il curriculum di Emanuele Calaiò, ex calciatore italiano e ora Dirigente delle Giovanili della Salernitana, con cui abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata. Gli argomenti trattati sono stati vari, tra aneddoti e curiosità personali, senza tralasciare qualche considerazione sul calcio attuale.  Il tutto con la schiettezza e la lucidità di chi conosce bene l’ecosistema calcio, vissuto prima da protagonista assoluto come calciatore e ora nei panni di addetto ai lavori.

Emanuele Calaiò: una vita sui campi di calcio

L’Arciere: così era soprannominato il bomber siciliano per via della sua esultanza in cui mimava lo scoccare di una freccia. Foto: Twitter @1913parmacalcio.

Come cambia la carriera dopo il ritiro dal calcio giocato, pur mantenendo un ruolo nel mondo del pallone?

«Il nuovo lavoro mi ha comunque aiutato a non pensare al ritiro. Dopo una vita, ben vent’anni, in cui ti alleni tutti i giorni, vivi lo spogliatoio e i ritiri con la squadra, il calcio è anche una valvola di sfogo. Non avere in mano qualcosa che ti tiene impegnato quando smetti può avere effetti negativi: tanti miei ex colleghi sono andati in depressione. È importante, quando uno smette, trovare subito qualcosa. Alla fine comunque, a parte il nuovo lavoro, mi tengo allenato e mi svago giocando a calcetto due o tre volte a settimana. La cosa più importante, però, è rendersi conto che c’è sempre un inizio e una fine per tutto».

Leggi anche: Depressione: la silenziosa oscurità nel cuore del calcio.

Quanto ti è dispiaciuto non riuscire a tagliare il traguardo dei duecento gol da professionista?

«L’unico rammarico è stato proprio quello, soprattutto perché mancava veramente poco. Per il resto sono contento della carriera che ho fatto e dalle decisioni prese. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte».

A proposito di gol, di questi 197 qual è quello che ricordi con più emozione?

«Tra tutti, quello sicuramente più emozionante, ma anche bello e sopratutto importante, è quello segnato in Napoli-Lecce 1-0, penultima giornata di Serie B del campionato 2006/2007. Gol di testa fondamentale per il campionato, con lo stadio pieno alla penultima giornata in una partita chiave per la promozione in Serie A».  [Questo traguardo si concretizzò sette giorni dopo, grazie al pareggio contro il Genoa, in una stagione ottima anche in termini personali per Calaiò, chiusasi con ben 14 reti in campionato, N.d.R.]

Pur riconoscendo la grande carriera avuta, c’è un’esperienza che ti è mancata, magari in qualche squadra o campionato in particolare?

«Di tutta la carriera, l’unico mancanza è non aver fatto un’esperienza all’estero. Io sono affascinato dal campionato inglese: la Premier League. Il livello del loro campionato è veramente alto, sono avanti in tutto: stadi stupendi e investimenti importanti anche da parte delle squadre di Championship (la serie B inglese). L’esperienza all’estero mi avrebbe fatto piacere e sicuramente mi avrebbe aiutato a crescere ancora di più».

Passando, invece, al nuovo ruolo da Dirigente delle giovanili della Salernitana, com’è cambiato l’ambiente del calcio giovanile rispetto a quando eri tu nei panni dei ragazzini speranzosi di sfondare in questo mondo?

«È cambiato tutto, totalmente. All’epoca, a differenza di oggi, c’erano veramente tanti ragazzi forti che uscivano dalla Primavera e arrivavano a giocare stabilmente in Serie A o Serie B nonostante il livello alte delle competizioni in questione. Altro enorme differenza è il numero di stranieri: siamo passati da giovanili quasi interamente composte da italiani, a una situazione in cui in qualsiasi Campionato giovanile o torneo attuale, come ad esempio quello di Viareggio, ci sono tantissimi stranieri. Questo è un peccato: i giovani sono il futuro. In Campania, ad esempio, ci sono molti giovani talentuosi che meritano di poter coltivare il proprio sogno e di riuscire a giocare in palcoscenici che contano. In Serie B e Serie C, poi, essendo veramente poche le società con budget importanti, sarebbe molto meglio avere il coraggio di puntare su ragazzi del luogo cresciuti in casa, anziché spendere le (poche) risorse in giocatori stranieri».

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Dopo vent’anni di carriera, di cui quasi la metà passata in Serie A, dando uno sguardo alla situazione del campionato italiano attuale, c’è secondo te una squadra in grado di fermare l’egemonia della Juventus?

«La Juventus è un club al top. Nessuno in Italia, e quasi nessuno in Europa, escluse le altre poche realtà di alto livello degli altri grandi campionati europei, può competere in termini di società e soprattutto mentalità. È questo attualmente il loro vero segreto: una mentalità vincente. Se negli ultimi anni il Napoli era l’unica squadra in grado di impensierire la corsa bianconera verso lo scudetto, quest’anno l’unica che può riuscirci è l’Inter che, oltre ad avere un’ottima squadra, ha un valore aggiunto nell’allenatore Antonio Conte».

Concludiamo proprio con una domanda su una delle squadre che hai citato e di cui hai vestito la maglia: il Napoli. Quale sono le tue impressioni sulle difficoltà e sul momento di appannamento che sta attraversando la squadra partenopea?

«Dopo gli anni in cui il Napoli ha dimostrato di essere quasi al pari della Juve, ci sta vivere un anno un po’ particolare. Non dimentichiamoci che Napoli è una piazza calda e le pressioni non mancano: i malumori dei tifosi, visto che lo scudetto manca da tanti anni, sono comprensibili. Non dimentichiamoci, però, che c’è ancora il tempo, per il Napoli, di risollevarsi. Ancelotti, che per me è un maestro, deve trovare la quadra e il modulo più adatto per migliorare la situazione, dovuta anche a un’aria non perfettamente serena: condizione fisica non al top, problemi con i rinnovi contrattuali. L’unica soluzione sono i risultati: bastano due o tre vittorie di fila per recuperare entusiasmo, allenarsi più serenamente e avere la mente più leggera».

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Eugenio Guido

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