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La riforma delle pensioni in Francia: gli scioperi e lo scontro generazionale

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Pietro Lepidi

Toccare le pensioni è sempre una riforma difficilissima da far digerire alla popolazione. Lo abbiamo visto in Italia con la riforma Fornero, dove in mezzo alla crisi più nera della Repubblica Italiana coloro che stavano per andare in pensione si sono visti costretti a lavorare alcuni anni in più prima di potervi accedere. Allora la pesante crisi e le lacrime della ministra Fornero non sono bastate per rendere duratura la riforma e hanno anzi provocato molti malcontenti che negli anni, e con diversi governi, si sono trasformati in costosissime riforme per far andare la gente in pensione prima. La stessa rabbia e ingiustizia che allora abbiamo sentito in Italia oggi la vediamo in Francia per una riforma molto meno ambiziosa di quella della Fornero ma che ha causato scioperi tali da paralizzare i treni e le metropolitane francesi.

Foto: Courrier international.

Il problema di fondo è sempre lo stesso: dato che la popolazione sta invecchiando e i giovani per pagare le pensioni sono sempre di meno, i sistemi pensionistici di alcuni stati come Francia e Italia sono molto, troppo, pesanti per il bilancio della spesa pubblica. Da qui la proposta del governo di Emmanuel Macron per semplificare il sistema pensionistico e eliminare alcuni privilegi di cui godono da decenni alcuni lavoratori statali in lavori considerati usuranti, con la speranza di rendere il sistema pensionistico più leggero per le casse dello stato e più equo.

Cosa prevede la riforma? Innanzi tutto, la fine dei “regimi pensionistici speciali”, cioè la soppressione dei 42 regimi pensionistici esistenti e la creazione di un regime pensionistico universale. In Francia infatti alcuni lavoratori hanno diritto ad andare in pensione prima e lavorare meno per via della natura usurante del loro lavoro. I privilegi, che hanno soprattutto i lavoratori delle aziende di proprietà dello stato o che lavorano per lo stato francese, sono frutto di numerose lotte tra i sindacati e lo stato risalenti al dopoguerra. Allora, i sindacati lottarono perché, per esempio, il macchinista addetto ad inserire il carbone nella locomotiva di un treno a vapore potesse (giustamente) lavorare con contratti di lavoro agevolati, data la natura del suo lavoro. Oggi, il macchinista altamente specializzato di un moderno TGV (treno ad alta velocità) francese gode degli stessi privilegi contrattuali. Hanno simili privilegi anche gli insegnanti e gli addetti al funzionamento delle metropolitane. Con la riforma del governo francese tutti questi regimi speciali cesseranno di esistere e (quasi) tutti andranno in pensione con lo stesso sistema all’età di 62 anni.

Il premier Edouard Philippe ha però annunciato l’11 dicembre un altro obbiettivo. Con l’attuale tasso di fertilità francese e viste le stime dell’aspettativa di vita della popolazione, “l’età di equilibrio” indicata dal governo per andare in pensione e preservare le casse dello stato è quella di 64 anni. Per raggiungere questo obbiettivo è previsto un sistema di “bonus-malus” che spinga i francesi a lavorare più a lungo. Su questo punto i sindacati hanno inasprito gli scioperi già previsti e promesso battaglia.

French Prime Minister Edouard Philippe unveils the details of a pension reform plan before the CESE (Economic, Social and Environmental Council) on December 11, 2019 in Paris, as hundreds of thousands of people demonstrated the day before on the sixth day of a general strike. (Photo by Thomas SAMSON / POOL / AFP)

Di fronte alla risolutezza del governo francese, un’ondata di scioperi ha attraversato la francia a partire dal 5 dicembre. La metro e i treni interurbani a Parigi sono chiusi, rendendo gli spostamenti all’interno della capitale francese molto difficili. Unica eccezione sono, ironicamente, le nuove linee 1 e 14 che operano senza conducente perché le macchine automatiche non scioperano. Anche i treni nazionali della compagnia pubblica SNCF sono bloccati. A questo si aggiungono sporadicamente altri settori, per esempio i canali radio dell’emittente pubblica Radio France. Il peggio è previsto per giovedì 17 dicembre quando è stato dichiarato lo sciopero generale e nazionale, ma probabilmente Parigi resterà completamente bloccata fino all’approvazione della legge tra fine gennaio e febbraio. In una città come Parigi prendere i mezzi pubblici è comodo ed è un servizio utilizzato da tutti, molti parigini non hanno la necessità di possedere una macchina. Di conseguenza, non solo le strade, specialmente in periferia, sono completamente bloccate per il traffico, ma in città è normale camminare un’ora o un’ora e mezza per raggiungere il proprio luogo di lavoro. Alcuni uffici aprono alle 6 di mattina per permettere a chi vuole di arrivare senza traffico.

In questo quadro di protesta, c’è un aspetto di questa riforma che non va sottovalutato. Il nuovo sistema pensionistico non varrà per tutti ma solo per coloro nati dopo il 1975. Il motivo di questo rinvio è da cercare proprio nelle contestazioni che una riforma delle pensioni necessariamente comporta. Macron astutamente ha risparmiato le persone più anziane per due motivi. Il primo è che gli anziani di quella fascia di popolazione nata tra gli anni 50 e gli anni 70 sono i cosiddetti “boomer”, cioè sono i figli della generazione del “baby boom” e quindi sono molto numerosi rispetto al resto della popolazione. Infatti, nella piramide demografica francese (e ancor di più in quella italiana) si nota che la coorte della popolazione più numerosa è proprio quella delle persone nella fascia di età che va dai 45 ai 70 anni.

Nella piramide della popolazione francese si nota come i “boomer” costituiscono le coorti più numerose della popolazione (nella piramide italiana questa sproporzione si nota ancora di più). Foto: IndexMundi

La seconda ragione per escludere i nati prima del 1975 è che così facendo Macron ha ingegnosamente creato uno scontro generazionale. Da una parte i lavoratori che stanno per perdere i loro diritti e che cercano di tenere i loro regimi pensionistici privilegiati, dall’altra quelli che sono in pensione o stanno per andarci e che secondo i sondaggi sono a favore della riforma per motivi di necessità economica.

Quella che si delinea in Francia è quindi una riforma che cambia le pensioni ma non le cambia per tutti. Le pensioni verranno riformate per i più giovani, mentre coloro nati prima del ’75 potranno tranquillamente continuare a vivere con il loro sistema pensionistico privilegiato. Se è vero che l’attuale sistema pensionistico è un peso, in Italia come in Francia, lo è per le nuove generazioni che dovranno pensare a come poter pagare la pensione ai loro genitori mentre pretendono una qualità della vita simile alla loro. La demografia della popolazione francese e ancor di più quella dell’Italia prevedono periodi di considerevole stress per i conti pubblici dello stato. Per far fronte a questo servono riforme coraggiose che puntano a donare una vita dignitosa ai giovani. Riforme come quella proposta in Francia proteggono ancor di più la fascia più tutelata della popolazione, gli anziani, e condannano i giovani e una vita con sempre meno diritti.

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Pietro Lepidi

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