La sera del 13 marzo 2013 Papa Francesco si presentò alla folla con il suo famoso «buonasera» rivolto ai fedeli di piazza San Pietro. Erano passate poco più di 25 ore da quando fu pronunciata la tradizionale formula extra omnes e tutti dovettero lasciare la cappella Sistina per l’inizio degli scrutini conclavistici.
A commentare l’elezione del pontefice e tutte le sue possibili conseguenze c’era un pezzo da novanta della Radiotelevisione Italiana, il sempreverde Bruno Vespa. Il 14 marzo del 2013 Vespa ha come ospite Suor Cettina Cacciato, insegnante di pedagogia religiosa, una delle pochissime donne nel clero che allora aveva una posizione rispettabile. La domanda che le fece Vespa fu: «Deve cambiare qualcosa per le donne nella chiesa? È ipotizzabile il sacerdozio femminile?». La sorella, un po’ imbarazzata, rispose diplomaticamente «beh questo è da chiedere ai teologi». Dall’altra parte dello studio televisivo il presidente dell’Associazione Teologi Italiani di allora, reverendo Pietro Coda, sorride, «è impossibile». Eppure, il Papa in questi giorni potrebbe decidere che invece, in via eccezionale e con chiare restrizioni territoriali, sarà possibile. Questa decisione potrebbe finire per spaccare la chiesa in due e il leader dei rivoltosi, o degli ortodossi, c’è e veste in bianco: è “l’Antipapa” Benedetto XVI.
Fin dall’inizio del suo pontificato, tutti i cronisti internazionali fantasticarono su cosa potesse fare un Papa così “progressista”. Si ipotizzò la comunione per i divorziati, la fine del celibato per i preti, il sopracitato sacerdozio femminile oppure il depauperamento delle proprietà della chiesa. Per molti esperti vaticanisti, teologi e membri del clero queste ipotesi sembravano inverosimili. Prima di tutto perché il Papa è un gesuita. La Compagnia dei Gesù, nata per contrastare la diffusione del protestantesimo e da allora fedele alla dottrina, è ancora oggi sinonimo di dissimulazione e scaltrezza. Poi perché al di là di ogni buon proposito del pontefice c’è il clero del Vaticano che non si è mostrato in passato molto favorevole a riformarsi. La chiesa a partire da Giovanni Paolo II ha cercato di cambiare e il modo di comunicare con i fedeli ma i fondamenti della dottrina non sono mai stati messi in discussione.
Invece il Papa durante questo pontificato ha cercato di cambiare rotta nel ruolo della Chiesa nel mondo e nella posizione del Vaticano nella politica internazionale. Infatti, la Santa Sede che è stata ed è per molti aspetti un sinonimo di conservatorismo e bigotteria, con il papato di Francesco cambia sponda e diventa un faro di giustizia sociale e integrazione fra popoli. Un cambio radicale da destra a sinistra.
Quali sono i provvedimenti che possono testimoniare questo cambio di rotta? Innanzitutto, il nome. San Francesco è il santo della povertà che ha rifiutato tutti i suoi averi per vivere una vita tra gli ultimi. Anche Francesco ha rinunciato a molti dei privilegi a lui riservati, primo fra tutti la residenza negli splendidi appartamenti vaticani. Il Papa ha lottato per ultimi e gli emarginati della diseguaglianza economica. Per esempio, famoso è il primo viaggio che ha fatto Francesco nel suo pontificato a Lampedusa dove ha abbracciato i migranti sopravvissuti e ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza”. A Lampedusa Francesco denuncia le conseguenze sociali della globalizzazione economica: «ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ci è stata tolta la capacità di piangere».
Per quanto sempre contrario all’eutanasia, all’aborto e alla “teoria del gender”, il Papa già da vescovo si era espresso a favore dell’amministrazione dei sacramenti ai divorziati e dell’inclusione degli omosessuali nei riti religiosi. Francesco ha anche aperto sull’uso dei contraccettivi ma si è opposto alla loro distribuzione gratuita, proposta dal Governo Kirchner in Argentina. Un’altra battaglia portata avanti dal papa è stata la lotta ai cambiamenti climatici e la tutela della “casa comune” con la sua seconda enciclica, Laudato si’. In questa il Papa ha collegato disdegnanze economiche, sociali e ambientali, invocando il rispetto per l’ambiente in cui viviamo. Impossibile non menzionare poi la lotta alla pedofilia nel clero. L’ultimo capitolo di questa vicenda risale a un mese fa, quando il Papa ha abolito il segreto pontificio nei casi di violenza sessuale e di abuso di minori commessi dai chierici.
L’ultimo capitolo di queste riforme è il rinomato Sinodo dell’Amazzonia. Papa Francesco e la curia del Sud America hanno avviato un impressionante programma di ascolto della popolazione della foresta amazzonica per facilitare l’evangelizzazione di quelle zone selvagge. Il quadro che è emerso è quello di una popolazione che vorrebbe partecipare alla vita della religione cattolica ma che non ha abbastanza preti a disposizione disseminati nel territorio amazzonico per svolgere tutti i sacramenti più importanti come il battesimo o la comunione. Il risultato è che molte donne e uomini sposati già oggi gestiscono e battezzano comunità di 180 persone. Il Papa vorrebbe istituzionalizzare questi comportamenti spontanei ma questo vorrebbe dire la fine del celibato per i preti e l’ingresso delle donne nella curia. Apriti celo.
Con l’aumentare degli ortodossi e dei legami fra la Chiesa cattolica e l’estrema destra, le proteste contro le riforme del pontefice sono sempre maggiori. Infatti, nel cattolicesimo di oggi si vedono due tendenze. Da una parte continua, specialmente in Europa occidentale, la secolarizzazione della popolazione cominciata negli anni Settanta. Un caso eclatante è costituito dall’Olanda, dove ogni settimana due chiese chiudono o vengono messe in vendita per diventare centri sportivi, alberghi, ospedali, scuole e ristoranti. Dall’altra parte è in crescita il legame tra leader di movimenti populisti di destra e religione. È il caso di Salvini che bacia il rosario o di Trump che cerca un appoggio ufficiale dai cattolici americani per la sua campagna presidenziale del 2020.
Nella Chiesa vivono due “partiti”. I riformisti e i pauperisti nel Clero, che cercano di riformare la dottrina cattolica per venire incontro ai disillusi fedeli moderati, si rispecchiano nella figura del pontefice attuale (su alcune posizioni più riformista del PD). Francesco non è certo solo, un appoggio importante arriva Conferenza episcopale tedesca presieduta dal cardinale Reinhard Marx. Secondo Marx «La Chiesa non può sminuire un rapporto omosessuale solido». Il Papa però è messo in dubbio da un altro tedesco, il Papa emerito Ratzinger o Benedetto XVI, che ha posizione talmente contrapposte a Francesco da essere il punto di riferimento per tutti i suoi critici. Ratzinger è entrato a gamba tesa nel dibattito del sinodo dell’Amazzonia pochi giorni fa a difesa del celibato dei preti, «è indispensabile, non posso tacere». Questa dichiarazione ha colpito come un fulmine Bergoglio, che ora avrà molta più difficoltà ad esprimersi liberamente sulla questione.
Il Vaticano quindi è spaccato. Da una parte i poveri: il Papa, le comunità cattoliche emergenti del terzo mondo e i migranti. Dall’altra i ricchi: “l’Antipapa” Ratzinger, la comunità conservatrice cattolica americana, i teologi e i cardinali ancorati al dogmatismo. La convivenza fra i due Papi non sembra pacifica. Fra poco uscirà un altro attacco al Papa e alla sua linea di “sinistra” attraverso il libro a favore del celibato dei preti del cardinale Sarah. Non ci sarà la firma di Ratzinger, forse un atto di protesta troppo evidente, ma ci sarà sicuramente la sua partecipazione. L’ultimo sovrano assoluto in Europa non sembra poi così potente.