Chiamatemi Anna (traduzione italiana del titolo originale Anne with an E) è una serie co-prodotta dalla CBC canadese e da Netflix ispirata al celebre romanzo della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery Anna dai capelli rossi (anche noto come Anna dei tetti verdi o Anna dei verdi abbaini), un classico della letteratura per ragazzi del 1908. La serie di produzione canadese è ambientata negli ultimi anni dell’Ottocento e segue le vicende di Anne Shirley, un’orfanella dai capelli rossi e dalle lentiggini che è stata adottata dai fratelli Cuthbert.
L’adolescenza ad Avonlea
Ad Avonlea, una comunità rurale sull’isola di Principe Eduardo in Canada, la giovane Anne Shirley Cuthbert (Amybeth McNulty) si appresta a compiere sedici anni. Non è più una bambina e adesso sente più forte che mai il desiderio di conoscere le sue origini, dopo essere stata adottata dai fratelli Marilla e Matthew Cuthbert, i due fattori di Green Gables. Superando le iniziali resistenze dei genitori adottivi, Anne inizia la sua ricerca: si imbarca per la città, fa visita all’orfanotrofio in cui ha vissuto la maggior parte della sua vita, consulta i registri parrocchiali. L’indagine di Anne non la distoglie dagli studi nella scuola di Avonlea, dove gli studenti del paese sono seguiti dalla signorina Stacy, un’insegnante stravagante che si ribella alle convenzioni dell’epoca. Tra le mura della scuola Anne si incontra e si scontra con le ragazze e i ragazzi della sua età: la sua migliore amica Diana Barry (Dalila Bela), la schiera di signorine desiderose di trovare marito e il ragazzo più carino della scuola per cui ha una cotta segreta, Gilbert Blythe (Lucas Jade Zumann). Ad Avonlea l’adolescenza è sbocciata come un fiore di campo: fuori dalla scuola vengono affissi biglietti con dichiarazioni amorose, i genitori complottano per far avere i matrimoni migliori ai loro figli e i primi baci vengono scambiati nei boschi. L’amore contagerà anche la giovane Anne, ma lei farà inizialmente fatica ad accorgersi dei sentimenti che prova nei confronti di Gilbert, un aspirante medico che sogna di andare a studiare alla Sorbona di Parigi e che sta valutando un’unione con Winifred, una ragazza benestante di Charlottetown. Non solo amore e scoperta delle proprie origini: in questa terza stagione di Chiamatemi Anna, la protagonista si scontrerà con le ingiustizie della sua epoca e lotterà con tenacia per affermare alcuni diritti.
Alla sua terza stagione, la serie televisiva drammatica creata da Moira Walley-Beckett conserva le caratteristiche che l’hanno fatta amare al grande pubblico: la fotografia dai colori brillanti, le atmosfere bucoliche e idilliache, la minuziosa scenografia, la presenza di personaggi anticonformisti e storie che, pur ambientate nel passato, risultano moderne e permettono allo spettatore di identificarsi facilmente. In Chiamatemi Anna diritti e libertà oggi affermate e scontate emergono con dirompenza: la libertà di parola (gli studenti della scuola che protestano contro il consiglio cittadino che ha imposto gli argomenti di cui trattare sul giornalino scolastico), il diritto alla reputazione (la vicenda della ragazza disonorata da un altro ragazzo contro la sua volontà), la libertà di affermazione personale (Diana Barry che si scontra con i genitori che vogliono mandarla in collegio) e la libertà di pensiero (le convinzioni personali della signorina Stacy). Quest’ultima è forse il personaggio più trasgressivo della serie, sebbene secondario: la donna non si preoccupa di non avere un marito né si sforza di trovarne uno per omologarsi – è infatti convinta che il suo marito defunto sia l’unico amore della sua vita – e non ha paura di svolgere mansioni da uomo né di stare a stretto contatto con maschi già sposati, rischiando di apparire sconveniente secondo il modo di pensare del tempo.
Leggi anche: You, serie Netflix: l’improbabile intreccio tra amore e stalking.
Identità messe in discussione
Se la signorina Stacy conferma la sua identità, altri personaggi la mettono in discussione e diventano protagonisti di un’evoluzione: è il caso della pingue signora Rachel Lynde, che molti ricorderanno per la grave offesa mossa alla povera Anne nella prima stagione di Chiamatemi Anna. Incarnazione del bigottismo e del provincialismo ottocentesco, in quasi tutti gli episodi della serie la signora Rachel Lynde è stata impegnata a istruire gli altri sul comportamento più corretto da osservare e, in quest’ultima stagione in particolare, a trovare consorti ai personaggi rimasti senza. A dispetto delle caratteristiche dimostrate finora, la signor Lynde si schiera contro il consiglio di Avonlea che vuole mettere a tacere il giornalino scolastico dopo l’articolo eversivo di Anne. Così facendo, diventa un personaggio secondario a tutto tondo. Insieme a lei, altri personaggi secondari perdono la frivolezza di un tempo e rivelano una nuova identità. La terza stagione della serie è dunque la stagione del cambiamento, rappresentato dal passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza.
Dal punto di vista della narrazione, la terza stagione di Chiamatemi Anna perde colpi a causa di storyline poco efficaci e vicende trattate in modo superficiale e non concluse adeguatamente. Con riguardo alle storyline deludenti, va ricordata quella di Sebastian, della moglie Mary e del figlio che quest’ultima avuto da una relazione precedente, che ritorna da lei e si sente spaesato ed estraneo alla sua nuova vita. Le trame narrative dei personaggi secondari sono scollegate dal resto della narrazione e sembrano meri riempitivi. Con riguardo alle vicende trattate superficialmente, questo è il caso della storia d’amore tra Diana Barry e il garzone dei Cuthbert: segreta, romantica, malvista e viziata dalla differenza di classe e di cultura tra i due personaggi, essa non trova un adeguato epilogo, restando sospesa alla fine della stagione. Insoddisfacente è anche la trattazione della vicenda degli indiani che, inseriti per manifestare un sentimento di antirazzismo, di inclusione sociale e multiculturalità, vengono relegati immediatamente sullo sfondo e il loro destino ultimo ignorato.
Leggi anche: Baby: un’occasione sprecata per Netflix Italia?
La sensazione complessiva è che la terza stagione della serie dia un carico di lavoro eccessivo allo spettatore, che deve completare gli spazi bianchi da solo per capire che cosa è successo veramente. L’ultima pecca di Chiamatemi Anna è la sua precoce fine: pur essendo basata su una serie di sette romanzi di formazione, essa ha già concluso la produzione.