Il Cagliari si può sicuramente ritenere appagato della sua prima parte di questa stagione in Serie A. Dopo le prime due sconfitte casalinghe la squadra ha ingranato e ottenuto ben tredici risultati utili consecutivi, per poi vivere un leggero periodo di appannamento tra le ultime partite di dicembre e le prime di gennaio. I due pareggi con Brescia e Inter però hanno riportato i rossoblu in carreggiata: ora i sardi lottano per il sesto posto, guidando il mini-campionato delle squadre che lottano per l’Europa League. L’obiettivo del patron Giulini per la stagione del centenario era proprio quello di portare il suo club dalla condizione di squadra che gioca per non retrocedere a quella ben più ambiziosa di chi ambisce a un posto in Europa.
Gli investimenti in estate sono stati cospicui, i risultati fino ad ora sono arrivati, ma processi di crescita di questo tipo richiedono tempo e pazienza, perché non si diventa grandi squadre solo grazie a una campagna acquisti azzeccata. Ecco perché, a prescindere da come finirà questa stagione, il Cagliari può essere sicuro di aver intrapreso la strada corretta, ma allo stesso tempo deve essere consapevole che il percorso è ancora lungo e non privo di ostacoli.
Il reale valore della rosa (e della guida tecnica)
In questo articolo uscito alla fine di novembre, la redazione di StatsBomb analizzava il fantastico – e per certi versi inaspettato – inizio di campionato del Cagliari, chiedendosi quanto potesse effettivamente durare l’eccezionale periodo di forma dei ragazzi di Maran. Le statistiche raccolte infatti sottolineavano l’over-performance dei rossoblu, che avevano raccolto in termini di classifica molto di più di quello che avevano prodotto sul campo. Gli xG (expected Goals) creati dal Cagliari a fine novembre erano 12,92, i gol fatti 22; gli xG concessi invece erano 16,02, ma i gol subiti appena 10.
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Il Cagliari dunque nel suo periodo d’oro era una squadra cinica, che concretizzava quasi tutte le occasioni create e subiva pochi gol, grazie soprattutto al meraviglioso stato di forma di Robin Olsen. I ragazzi di Maran volavano sulle ali dell’entusiasmo, nascondendo lacune e difetti che la rosa avrebbe prima o poi palesato. In effetti le sconfitte subite contro Lazio, Udinese, Milan e Juventus hanno ridimensionato le ambizioni del Cagliari che, però, si è assestato in sesta posizione e potrà lottare fino alla fine per un piazzamento europeo. La cavalcata non sarà per nulla semplice, visto l’affollamento di squadre in quelle posizioni di classifica, ma soprattutto considerando le attuali potenzialità di una rosa che appare incompleta sotto molti punti di vista.
Se il centrocampo è uno dei migliori della Serie A, l’attacco è retto unicamente dallo straordinario momento realizzativo di João Pedro e dallo spirito di sacrificio di Simeone. Inoltre, il reparto arretrato non dispone di elementi di spicco che possano dare sicurezza al proprio portiere (dopo il ritorno di Cragno, Olsen farà il secondo: non male per una squadra che lotta per l’Europa League). Gli uomini di difesa del Cagliari hanno dimostrato di poter stare in Serie A, palesando però evidenti limiti nel corso della loro carriera. Manca un vero leader difensivo, un giocatore capace di imporsi e di condurre la squadra a una maturazione completa.
La guida tecnica, poi, è un altro punto interrogativo per quanto riguarda le ambizioni rossoblu, quanto meno in ottica di una pianificazione di lungo periodo. Se è vero che Maran è riuscito a portare durante la passata stagione le certezze di cui l’ambiente necessitava dopo anni di pochi alti e molti bassi, è altrettanto evidente che per compiere un ulteriore step serve qualcosa in più. L’allenatore trentino è passato in questo campionato dal 4-3-1-2 al 4-3-2-1, sfruttando la disponibilità al sacrificio di Simeone per avanzare João Pedro di qualche metro e renderlo il vero uomo gol della squadra. Questa modifica è stata dettata soprattutto dal cambio delle mezzali e dei trequartisti: Rog, Nandez e Nainggolan sono tre giocatori esplosivi, più dinamici e abituati a giocare in verticale rispetto a Castro, Birsa e João Pedro (che l’anno scorso ha fatto più il trequartista che la seconda punta).
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Maran è passato dal possesso palla funzionale al cross per Pavoletti allo sviluppo verticale portato dalle incursioni di Rog e Nandez. Il vero leader finora è stato però Nainggolan, di un’altra categoria rispetto ai suoi compagni e allenatore in campo in molti frangenti della stagione. Se il Cagliari fino ad ora è riuscito a esaltare le proprie virtù e a nascondere i difetti è stato molto più per merito della sua stella, che di una vera impronta del suo tecnico. Maran un anno fa ha reso la squadra più solida e compatta: in questa stagione si è limitato a qualche accorgimento tattico, ma al di là dei risultati ottenuti un processo di crescita passa anche da scelte coraggiose e cambiamenti radicali. Come si diceva prima, non si diventa grandi solo con una campagna acquisti azzeccata. A giugno, Carli e Giulini dovranno rifletterci.
Più di un’incognita
Il futuro della panchina del Cagliari non sarà però l’unico argomento di discussione che il direttore sportivo e il Presidente del Cagliari dovranno affrontare a giugno. Un processo di crescita richiede molto tempo, e il primo passo è stato raggiunto: i rossoblu hanno modificato le proprie aspettative e alzato il livello delle proprie ambizioni. A prescindere da come andrà a finire il campionato, questo è già un risultato. Durante la prossima finestra di mercato il club rossoblu potrà continuare nel suo tentativo di upgrade, per gestire tre competizioni se dovessero arrivare i preliminari di Europa League, o per riprovare a conquistare l’Europa in caso contrario. A fine campionato però le incognite saranno più di una e la società dovrà essere capace di rendere stabile una situazione che ora non lo è.
Innanzitutto la stella della squadra, Radja Nainggolan, è in prestito secco dall’Inter e dovrà decidere il suo futuro ma è difficile che il club nerazzurro lo possa vendere a meno di venti milioni di euro, cifra non indifferente per il Cagliari. In secondo luogo c’è la questione attaccante: il club sardo dovrà obbligatoriamente riscattare Simeone dalla Fiorentina a dodici milioni di euro. Nel frattempo sarà rientrato Pavoletti, la cui condizione dopo aver subito la rottura del crociato sarà ovviamente da valutare. Infine, l’unico elemento potenzialmente di spessore del reparto arretrato, Luca Pellegrini, farà ritorno alla Juventus e così il Cagliari si ritroverà a investire pesantemente in difesa, oltre alle spese già citate per il riscatto dei cartellini dei giocatori in prestito. Giulini e Carli avranno dunque il loro lavoro da fare per consentire a questo processo di crescita di continuare.
Il futuro del Cagliari è appeso a un’incognita di fondo, tra la speranza che gli obiettivi ambiziosi del club possano essere raggiunti e il timore di un fuoco di paglia. Sullo sfondo rimane inoltre la questione stadio, della quale non si parla da un po’ nonostante sembrasse che i lavori dovessero iniziare da un momento all’altro. La squadra sarda ha iniziato il suo processo di crescita, che rischia però di essere lungo e tortuoso: le future scelte e i prossimi risultati ne determineranno la concretezza.