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Economia

Qualcuno sta giocando con la nostra democrazia: StopEuropa

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Gianluca Lo Nostro

Il coronavirus sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale. Borse a picco, stime del PIL al ribasso, banche centrali che annunciano piani straordinari di tagli ai tassi e helicopter money. Una catastrofe a tutti gli effetti. In Italia, il Paese europeo più colpito dalla pandemia, lo stato di paura in cui versa la popolazione ha portato alcuni ad accusare l’Europa di essere rimasta inerte di fronte allo scoppio dell’epidemia. Il sentimento euroscettico italiano è rinato e qualcuno ne ha approfittato per creare comunità virtuali dove esprimere questo disappunto. StopEuropa” è probabilmente la più grande, con quasi 600.000 iscritti. Nella sezione informazioni si legge: «StopEuropa è un gruppo Facebook che nasce per questi motivi. 1) Uscire dall’Europa 2) uscire dall’euro 3) tornare alla lira 4) Seguirà programma del Movimento». Chiaro e conciso. Ma qualcosa non torna.

L’antefatto

Il 12 marzo 2020 la Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, durante una conferenza stampa, annuncia che il compito della BCE non è quello di abbassare lo spread. Parole nefaste: la borsa mondiale, costretta a fare i conti anche con la dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale da parte del Presidente Trump, crolla. Piazza Affari chiude con la peggior seduta della storia, perdendo il 16,9%. Uno scivolone, quello di Lagarde, che si è guadagnato critiche perfino dai più europeisti, come il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella.

Il panorama euroscettico italiano comincia a mobilitarsi. La Lega, uno dei partiti italiani maggiormente euroscettici, non indugia a diffondere messaggi contro l’UE con la solita, efficace propaganda martellante sui social. L’ondata d’indignazione è tale da convincere 16 persone a unirsi per creare un gruppo Facebook contro l’Unione Europea, StopEuropa, per l’appunto. «Vista l’esplosione del gruppo che in meno di 24 ore ha già superato i 40.000 amici iscritti e quindi migliaia di post e relativi commenti, chiedo a tutti voi di scrivere post attinenti all’obiettivo del gruppo. USCIRE DALL’EUROPA E DALL’EURO», scrive con un post pubblico uno dei creatori del gruppo. La crescita della community sembra inarrestabile: 300.000 iscritti in due giorni, più di 700.000 in meno di una settimana. «Entro domenica saremo 1.000.000», spiega sul suo profilo il fondatore.

Il tenore dei post su questo gruppo è davvero infimo. La bacheca è monotematica: con più di mezzo milione di iscritti è possibile infatti imbattersi negli stessi contenuti, nonostante passino sempre dall’approvazione degli amministratori prima di essere pubblicati. Il mantra è uno solo: bisogna crescere. Non importa se per farlo serviranno centinaia di migliaia di profili falsi. L’unico obiettivo è quello di dimostrare che un numero elevato di italiani vuole uscire dall’Unione Europea. Perché tanto è solo un numero ed è quello che conta.

Ecco, quindi, tutta una serie di post che si possono trovare su StopEuropa:

Quello che può sembrare un innocuo post “buongiornista”, altro non è che un’enorme trappola per diffondere dati personali. In questo caso, la propria residenza o domicilio.
E a quanto pare, la gente tende a fidarsi.
Qui la pagina ufficiale di Stop Europa chiede a tutti gli utenti iscritti di lasciare la propria mail nel caso in cui dovesse essere applicata censura da parte di Facebook. Insomma, l’anticamera di una mailing list.
Un metodo subdolo e ripetitivo, ma che funziona perché crea una falsa dicotomia. Parecchi hanno lasciato la loro mail direttamente nei commenti.
NON SI SCHERZA PIU’!!!!
L’ennesimo utente che chiede agli iscritti il luogo da cui scrivono. Vi risparmiamo le risposte stavolta.
E anche stavolta.
Un utente suggerisce un trucchetto per aumentare più velocemente il numero di membri. Qualcuno deve averlo ascoltato.

StopEuropa afferma di essere nata come una manifestazione spontanea di malcontento. In realtà, molti, troppi indizi lasciano pensare ad altro. Sarebbe banale derubricare tutto all’ennesimo gruppo di adulti che si scambiano fotografie in bassa qualità con fiori e scritte in wordart. Questo gruppo ha una mission precisa: affondare l’Unione Europea con tutti i mezzi possibili. Il fondatore di StopEuropa ha dichiarato di voler dare vita a un nuovo movimento politico. Non sorprendono quindi post come questo:

Con discussioni di questo tipo si cerca di profilare l’orientamento politico di chi risponde, altre informazioni preziose.

Perché è pericoloso

Il gruppo StopEuropa potrebbe essere un’operazione di raccolta dati, non dissimile da una ricerca di mercato, utile alle aziende per conoscere i gusti dei consumatori. Quando però le persone vengono profilate per comprendere meglio le loro preferenze politiche, comincia a suonare qualche campanello d’allarme. A chi servono questi dati? Per quale motivo? Non è sospetta una crescita così rapida senza una minima copertura mediatica? Perché i fondatori sono poco conosciuti? Che mezzi hanno utilizzato per far crescere la community? Erano leciti?

Ecco il ritmo con cui cresce StopEuropa. Inspiegabile.

Si possono formulare varie ipotesi riguardo questo nuovo fenomeno del web. La prima è che si tratta di un moto spontaneo di indignazione che è riuscito a riunire quasi un milione di persone in una settimana. Non dimentichiamoci che la comunità euroscettica italiana è molto rumorosa sui social network, sebbene i sondaggi dicano che soltanto il 17% degli italiani ha un’opinione negativa dell’Unione Europea. Questa tesi è fallace: creare un movimento pervasivo in così poco tempo è praticamente impossibile. Le Sardine, per esempio, hanno dovuto aspettare qualche settimana prima di diventare un movimento nazionale, sfruttando inoltre un’ampia esposizione sulla stampa. Per non parlare del distacco da altre comunità note nell’ambiente euroscettico, come Italexit, che aveva lanciato una raccolta firme completamente oscurata da quella di StopEuropa.

Una seconda ipotesi vorrebbe il gruppo come una gigantesca operazione politico-commerciale a opera di qualcuno convinto di poter trarre vantaggio da una massiccia propaganda euroscettica in Italia. Questo discorso andrebbe allargato non solo ai soggetti privati, come partiti politici o agenzie al servizio di essi, ma anche agli Stati. Sì, perché una propaganda manovrata da una nazione straniera non sarebbe affatto una novità in Europa.

Lo stesso post scritto tre volte (in realtà anche di più, se si scorre nella barra ricerca) in due giorni da tre persone diverse. L’argomento? La Cina sarebbe stata attaccata ingiustamente dall’Europa.
Grazie supremo leader Xi.
Un elogio alla Cina.
Un altro elogio alla Cina.
E un altro ancora, ché non bastano mai.
Anche la Russia, insieme alla Cina, è considerata una papabile alleata dell’Italia, in caso di Italexit.
Non è specificato che tipo di rapporti, ma si suppone politico-economici.

La strategia russa e quella cinese

Negli ultimi anni abbiamo sentito tutti parlare di bot, troll e profili fake. Questi termini sono entrati nel linguaggio comune a causa degli innumerevoli tentativi da parte di russi, cinesi e sauditi di influenzare le democrazie occidentali. Twitter è stato il social più colpito da questa ventata di account fake, insieme a Facebook. Dei due colossi, soltanto Twitter ha preso provvedimenti seri, cancellando milioni di profili sospetti (se vi steste chiedendo perché Matteo Salvini o Matteo Renzi hanno perso così tanti follower nel 2019, adesso sapete perché). Il Russiagate, l’inchiesta sull’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti d’America, si è concluso con decine di condanne, anche se dal rapporto finale del procuratore speciale Robert Mueller non sono emerse prove che Donald Trump e la sua campagna elettorale abbiano volutamente coinvolto la Russia nelle elezioni del 2016.

La Russia porta avanti quella che è stata definita la dottrina Gerasimov, una teoria che mette in secondo piano gli aspetti della guerra convenzionale e si basa sul «dominio delle informazioni, l’uso spregiudicato della tecnologia, l’inganno e l’impiego di forze paramilitari e reparti speciali» (Cristadoro). Dunque creare scompiglio manipolando l’informazione, influenzando processi politici, scatenando rabbia e frustrazione, allontanando i cittadini dalle istituzioni europee, offrendo un’immagine completamente idealizzata ed eccezionale della Russia.

Discorso a parte per la Cina, che invece riesce ad agire sotto traccia, pur utilizzando i canali istituzionali, vantando gli importanti rapporti diplomatici con le democrazie europee. Un fake relativo al coronavirus è circolato per giorni sui social italiani. Il portavoce del Ministero degli Esteri della Cina, Hua Chunying ha pubblicato sul suo profilo Twitter un video fake creato ad arte utilizzando altro materiale online. Nel video si sentirebbe l’inno cinese in sottofondo e qualcuno gridare dai balconi «Grazie Cina!». QUI il video originale.

La resa dei conti?

Nessuno sa con certezza chi si celi dietro questa presunta, bieca attività di raccolta dati che fa leva sull’insoddisfazione popolare. Le supposizioni di cui vi abbiamo parlato sono entrambe verosimili. Tuttavia, la mancanza di un controllo da parte di Facebook, che lascia agire in totale tranquillità chi si serve di profili falsi, è una delle ragioni per cui movimenti come StopEuropa continuano a proliferare.

Ancora una volta l’assenza di un responsabile rimanda la questione a quando il danno ormai sarà fatto. La qualità delle informazioni e la trasparenza dovrebbero essere le indiscutibili priorità di chi gestisce un flusso di interazioni così vasto. Non tutti i media hanno rigettato la diffusione delle fake news: i principali produttori sono loro, che siano al soldo di un governo o di personalità con interessi illeciti da tutelare, poco importa. Finché regnerà questa colpevole noncuranza nei riguardi dei propri compiti o dei propri impegni, di StopEuropa ce ne saranno a migliaia. E qualcuno continuerà impunemente a giocare con la nostra democrazia.

Premere nel momento di maggiore debolezza è il comportamento adottato spesso dagli Stati per portarsi in vantaggio nello scenario internazionale. In una parola, propaganda. In questo caso si tratta di propaganda contro qualcuno, che però non è un’esclusiva russa o cinese. Quando il Presidente americano Donald Trump chiama il virus «Kung-flu» o «Chinese virus», fa la stessa cosa. Il gioco è sporco, è vero, ma le regole vanno cambiate e soprattutto ne va della nostra sicurezza digitale, oggi diventata una chimera e che vale assolutamente molto di più di un’operazione di raccolta dati.

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Gianluca Lo Nostro

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