Persino in tempi di guerra – perché sì, qualora non si fosse capito, ora siamo in guerra, seppur contro un nemico fisicamente intangibile – in Italia non si perde l’occasione di fare qualche polemica. E l’ultima in ordine di tempo e importanza sembra riguardare il Tocilizumab, ovvero il farmaco che starebbe dando risultati importanti nella cura delle polmoniti causate dal Covid-19.
Mai come in questo momento, in cui ci sarebbe bisogno di grande unità e di viaggiare sulla stessa strada, una nota positiva rischia di diventare stonata a causa di atteggiamenti censurabili o quantomeno evitabili. Il tutto per una presunta supremazia che sottolinea, ancora una volta, i problemi del nostro Paese nel rapporto tra Nord e Sud.
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L’assurda polemica sul Tocilizumab riassume perfettamente le divisioni del nostro Paese
Un breve riassunto. Il Tocilizumab – un anticorpo monoclonale reso farmaco da Hoffman-La Roche, utilizzato prevalentemente per contrastare l’artrite reumatoide – è stato sperimentato come medicinale anche sui malati di Covid-19. Questo è avvenuto, parlando del nostro Paese, attraverso l’intuizione del dottor Paolo Ascierto, medico oncologo e ricercatore dell’Istituto Pascale di Napoli (una delle più grandi e significative realtà del Sud per quanto riguarda la lotta alle neoplasie, riconosciuto anche in Europa per la sua importanza). All’Ospedale Cotugno, il principale nosocomio di malattie infettive del capoluogo campano, tanti pazienti hanno ricevuto benefici dalla sperimentazione, evidenziando miglioramenti nel corso delle prime 24-48 ore dal suo utilizzo.
Certamente un raggio di speranza in un periodo molto buio, anche se – ovviamente – il Tocilizumab non può rappresentare una cura contro il Coronavirus e non è da considerare tale. Questo farmaco è balzato agli onori della cronaca non solo per le riuscite sperimentazioni e per la richiesta avvenuta da parte dei numerosi ospedali del Paese impegnati nella lotta contro Covid-19 ma anche (purtroppo) per una polemica televisiva andata in scena durante il programma televisivo #Cartabianca del 17 marzo.
Il professor Massimo Galli, infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, ha infatti contestato – in una maniera che a molti è parsa decisamente fuoriluogo, con tante persone che ne hanno sottolineato l’arroganza nelle argomentazioni e una presunta invidia – la “paternità” della scoperta di questa sperimentazione da parte di Ascierto. Galli ha infatti spiegato come, già nei mesi precedenti, non solo il farmaco fosse stato sperimentato in questa maniera già in Cina ma che pure in Italia – precisamente a Bergamo – il Tocilizumab fosse stato utilizzato per alleviare alcuni sintomi del Coronavirus.
L’ennesima occasione sprecata
Al di là della ragione e del torto – due concetti che, in una situazione simile, appaiono estremamente aleatori – la polemica ha finito per creare ancora una volta degli schieramenti. E per inasprire, per l’ennesima volta, il conflitto tra il Nord e il Sud dell’Italia. Da sempre divisi a livello idelogico, distanziati sotto quasi tutti i punti di vista per economia, qualità della vita, approccio esistenziale. Ma anche semplicemente per rivendicazioni di livello culturale, strutturale, paesaggistico e sportivo.
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Così, dunque, la gran parte del Sud Italia ha finito per schierarsi con Ascierto (apparso, peraltro, piuttosto tranquillo e sereno durante il “confronto” televisivo), mentre nel Nord Italia continuano interviste e analisi per Galli. Il quale, molto coraggiosamente, come tanti suoi colleghi sta mettendo volto e voce al servizio dei cittadini durante quest’emergenza. Ma che il 10 febbraio, attraverso le stesse telecamere davanti alle quali è spesso presente, specificò chiaramente che il Coronavirus «da noi difficilmente potrà diffondersi». Proprio a pochi giorni dall’inizio del caos. Sfortunato, certo. Ma forse persino troppo ottimista.
Ancora una volta, quindi, l’Italia si divide in un momento critico. Qualcuno cerca gloria mentre le persone continuano a morire. Invece di viaggiare tutti sulla stessa auto, si sceglie di andare avanti separati, alla ricerca di primati che a poco servono. E questa non sarà di certo l’ultima volta che ci si metterà i bastoni tra le ruote. In un Paese che non riesce mai davvero a restare unito, nemmeno nella tragedia, Nord e Sud si prendono a pugni in faccia ogni secondo. In televisione, sui social, nelle parole di giovani e anziani. La divisione resta netta, lo spazio di manovra per tornare insieme ridotto.
Dubbi e incertezze di un Paese che non si ama
Molte persone del meridione continuano a chiedersi: «E se fosse successo qui? Come avrebbero reagito loro?», denotando la paura di un razzismo discriminatorio. Qualche idiota gode delle disgrazie che capitano nel Settentrione. Al tempo stesso, emergono sempre tante dichiarazioni, la maggior parte delle quali lasciano il tempo che trovano. Come quella – fraintesa ma evitabile – di Gasperini sull’organizzazione degli ospedali di Roma e Napoli, quando purtroppo la stessa Bergamo piange ogni secondo i figli suoi e dell’Italia intera.
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Un’occasione come questa poteva sembrare lucidamente adatta per mostrare silenzio, rispetto e amore in ogni nostra regione. Senza stare a puntualizzare sul chi, il cosa o il dove. Sfortunatamente, anche l’epidemia di Covid-19 non è riuscita (e non riuscirà, almeno non nella sua interezza) a mettere d’accordo un Paese estremamente fragile nel confronto con sé stesso. Che ogni giorno si guarda allo specchio e si vede sempre più stanco, ammaccato, diviso. Senza trovare un rimedio per rimettersi insieme.