Se c’è un posto dove Giuseppe Conte finirà dopo quest’emergenza sanitaria, quel posto sono i libri di storia. Volenti o nolenti, il Presidente del Consiglio italiano è diventato un’icona pop. La pandemia di COVID-19 ha fatto aumentare il gradimento di Conte, balzato al 71% di popolarità. L’ultima volta che un Presidente del Consiglio italiano era così amato dai suoi cittadini, l’Italia aveva appena vinto i Mondiali di calcio nel 2006 sotto il governo di Romano Prodi. Nonostante il tripudio dei cittadini, Conte sta incontrando parecchi ostacoli nel suo percorso. Se in un primo momento le opposizioni erano sembrate collaborative, dopo l’accordo raggiunto dall’Eurogruppo Lega e Fratelli d’Italia sono tornati sul piede di guerra e sono finite nel mirino del Presidente nella sua ultima, sferzante conferenza stampa.
«Io devo andare al Consiglio europeo per lottare strenuamente, l’unica scorciatoia è andare lì e lottare con dignità affinché questo strumento sia adottato subito. E state tranquilli, ci saranno determinazione e coraggio.» Un aspetto prima sconosciuto e che adesso è venuto fuori in tutta la sua eccezionalità è senza dubbio l’eccesso di eroismi a cui fa spesso ricorso Conte. Una battaglia, una lotta, una guerra contro un nemico «invisibile» che ci sta piegando. La retorica del nostro Presidente del Consiglio, a tratti anche stucchevole, si sta rivelando efficace. Sorprende la scioltezza con cui si è calato nel ruolo dell’uomo forte, trattandosi di un premier «terzo», scelto per vie traverse dai partiti, che scompare quando il governo litiga ed emerge se la distanza ideologica e lo scontro politico sono minimi.
Il premier-dittatore – questo l’appellativo scelto molto affettuosamente da Giorgia Meloni – ha vissuto le 72 ore più difficili da quando è a capo del governo. La trattativa con gli Stati membri dell’Unione Europea sulla riforma del MES e sull’introduzione Eurobond, lo strumento che Conte brama ardentemente, è in una fase di stallo. Tempo al tempo. Non è per niente un caso che cantino vittoria sia il ministro Gualtieri sia il suo omologo olandese Hoekstra, fautori di due approcci diametralmente opposti. La volontà politica dell’Europa non è affatto condivisa. È in atto uno scontro diplomatico che sta rallentando i negoziati all’interno dell’UE e questo Conte lo sa benissimo. Per il nord dei falchi e il Mediterraneo degli «irresponsabili» è arrivato il tempo delle mele.
Forse si tende a sopravvalutare il ruolo dei partiti politici. Ciò che conta in questo momento sono i rapporti tra gli Stati e solo la diplomazia può risolvere le questioni più spinose in ballo. Apparire divisi non è un buon punto di partenza, Conte ha ragione, ma non saranno Matteo Salvini o Giorgia Meloni a far saltare il tavolo delle trattative con i governi europei. «Spiegherò con forza al prossimo Consiglio europeo che la risposta comune o è ambiziosa o non è. Non firmerò finché non avremo un ventaglio di strumenti adeguati.» Ecco la tanto discussa discontinuità tra il Conte 1 e il Conte bis. L’uomo vittima dei partiti che diventa protagonista suo malgrado e comincia a sentirsi adeguato nel ruolo di condottiero. La strana storia di chi è passato dalla coalizione con la Lega a quella quasi naturale col Partito Democratico. Il camaleonte Giuseppe Conte.
Fino a dove è pronto a spingersi il Presidente del Consiglio? Quanto potrà tornare utile l’insolito asse con i francesi? Lo scopriremo molto presto. Le prossime settimane saranno cruciali per il futuro di questo Paese e per l’Europa unita, sempre più nella morsa dei sovranismi. Il rischio dell’ennesima figuraccia italiana è dietro l’angolo. Giuseppe Conte sta scommettendo la sua carriera politica sul coronavirus ed è disposto a tutto per portare a casa la chimera Eurobond. L’attacco prima della difesa. Un metodo inconsueto per la nazione del catenaccio, ma siamo nei minuti di recupero della finale più importante.