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Crowdfunding: quando anche i grandi chiedono aiuto

Published by
Silvio Ghidini

Da ormai diversi anni il crowdfunding è uno dei principali punti di riferimento per inventori, artisti e imprenditori emergenti. Quando hai tante idee ma pochi soldi, affidarsi a piattaforme web come Kickstarter o Indiegogo non solo rende possibile la realizzazione del tuo progetto ma ne accelera i tempi. L’idea di base è semplice: perché andare a bussare alle porte di grandi imprenditori da convincere quando posso chiedere finanziamenti direttamente ai destinatari finali? Il crowdfunding permette agli utenti di proporre e acquistare il prodotto prima ancora che esso sia ultimato. È così che sono nati famosi visori VR, droni, oggetti antistress, giochi di carte e piattaforme blockchain.

Quando si parla di questo mondo, passa però in sordina che non sono solo menti emergenti a chiedere aiuto al web, ma anche volti e aziende note; più di quanto si possa immaginare. Molteplici attori, musicisti, artisti e grandi marchi utilizzano il crowdfunding per venire in contro alle proprie esigenze. Ma cosa spinge chi è già un nome affermato nel suo settore a utilizzare strumenti originariamente pensati per anonimi sognatori? I motivi sono principalmente tre: l’effettivo bisogno di finanziamenti, il desiderio di libertà artistica e nuovi modi per sviluppare un prodotto.

La prima categoria presenta il numero di casi più ristretto. Rimane però quella più vicina alla concezione comune di crowdfunding: ho un’idea per un progetto, non ho soldi per realizzarla, chiedo aiuto su internet. Il caso più noto è quello di Neil Young, leggendario musicista vincitore di due Grammy, e del suo PonoPlayer, un lettore digitale di musica in alta definizione. Per la gioia degli audiofili, l’obiettivo del cantautore canadese era quello di offrire una valida alternativa in grado di lasciarsi alle spalle lo scadente formato mp3. Nel 2014 decise di sviluppare il progetto affidandosi direttamente agli appassionati tramite la piattaforma Kickstarter, dove riuscì a raggiungere l’obiettivo di 800.000 dollari in un solo giorno e concludendo la campagna con più di 6,2 milioni raccolti. Accompagnato dal supporto – morale – di artisti internazionali, fu un lancio clamoroso e uno dei progetti di maggior successo nati tramite micro-finanziamenti virtuali. Ma non bastò. Qualche mese dopo Young aprì un’altra campagna, stavolta non per il prodotto in sé ma per la nascente azienda alle sue spalle, la PonoMusic. La compagnia puntava a racimolare 2,5 milioni di dollari nonostante auto-valutasse il proprio potenziale con 50 milioni. I 5.000 dollari minimi richiesti per l’investimento servivano a contribuire alla creazione dello store digitale dove i possessori del PonoPlayer avrebbero potuto acquistare musica in alta definizione e a rendere l’azienda “equa e trasparente”. Insomma, con alle spalle così tanto entusiasmo iniziale, cosa poteva mai andare storto? Un po’ tutto.

Il PonoPlayer in tutta la sua triangolarità. Foto: flickr.com

Le vendite del Pono furono scarse, principalmente a causa del lancio sul mercato in concomitanza con l’inizio della migrazione di massa verso la musica in streaming, ascoltata su smartphone e simili. Nel 2016 lo store di PonoMusic chiuse i battenti, levando da sotto i piedi il principale punto di riferimento per i possessori del device e decretando la fine del progetto l’anno successivo. Non è da escludere che il chitarrista avesse precedentemente proposto il progetto a grandi aziende che, fiutando l’imminente cambio di rotta del mercato musicale, hanno declinato l’offerta. Young ha affermato che la causa principale del fallimento è da ricercare nelle etichette discografiche, ma a prescindere dall’esito il suo esempio è il più esplicativo tra i casi di personaggi noti alle masse che per necessità hanno deciso di lanciare una loro idea partendo dal basso; come un fan.

Viene poi il gruppo più numeroso: quello degli artisti desiderosi di liberare il proprio estro creativo senza se e senza ma. I paletti che produttori impongono ad attori, registi, musicisti e affini possono tarpare le ali visionarie di autori che stanchi di scendere a compromessi decidono di mettersi in proprio. È il caso di film indipendenti con alle spalle cast già apparsi davanti (o dietro) la cinepresa come Wish I Was Here di Zach Braff, Reach Me con Sylvester Stallone, il film della serie tv Veronica Mars, il lungometraggio animato tratto dal fumetto The Goon prodotto dal regista David Fincher o pellicole e performance artistiche di James Franco. L’elenco potrebbe continuare ancora per molto, ma merita spendere qualche parola sul recente caso della PlatinumGames. Nota casa sviluppatrice di videogiochi con alle spalle titoli di successo come la serie Bayonetta e Nier: Automata, ha lanciato nel febbraio 2020 una campagna su Kickstarter per rimasterizzare e portare su console di ultima generazione The Wonderful 101, precedentemente pubblicato in esclusiva sulla sventurata Wii U. Lo studio nipponico, deluso dalle poche vendite generate dal primo lancio nel 2013 (legate principalmente alla scarsa diffusione del dispositivo Nintendo) è riuscito con successo a convincere gli appassionati a dare una seconda vita al gioco. La peculiarità della fattispecie è nella doppia motivazione che ha spinto la PlatinumGames ad affidarsi al crowdfunding. Il primo elemento è legato alla probabile difficoltà di trovare un publisher disposto a investire in un prodotto già uscito e che al tempo non ha riscosso molto successo (nonostante le motivazioni già dette), avvicinando il motivo dell’operazione a quella di Neil Young e il suo Pono: il bisogno di fondi. In un’intervista il direttore dello studio Atsushi Inabaha ha poi dichiarato come il loro ruolo di sviluppatore può essere talvolta limitante dal momento in cui sono poi altri, i publisher che distribuiscono il gioco, a supervisionare e gestire i diritti del lavoro. Questa combinazione tra necessità di fondi e di indipendenza creativo-gestionale apre le porte al possibile utilizzo del crowdfunding non solo come incubatore di progetti una tantum come i film sopracitati ma anche come trampolino di lancio per attività già avviate.

Cercando informazioni sulla PlatinumGames mi sono imbattuto nell’ultima categoria, la più interessante e della quale ignoravo l’esistenza: le aziende multimiliardarie. Navigando tra le pagine di Indiegogo, tra illuminazioni per sanitari e collari per la calma è possibile scorgere delle campagne di raccolta fondi di società come LEGO e Coca Cola. Due nomi che non hanno bisogno di presentazioni e i cui fatturati a nove zeri dubito impediscano il lancio di nuovi prodotti. Cosa spinge allora due brand storici ad affidare agli utenti il supporto per una nuova linea? L’azienda danese dei cubetti di plastica colorati ha scelto di realizzare la collezione LEGO FORMA tramite Indiegogo per ascoltare i suoi affezionati. FORMA è composta da modelli di pesci assemblabili e customizzabili il cui target di riferimento è la clientela più adulta. La scelta è legata alla volontà di ascoltare consigli e feedback degli utenti per migliorare il risultato finale. Non è chiaro perché una volta conclusa la campagna test la compagnia ha deciso di non lanciare i suoi soprammobili meccanici sul mercato. Oltre 6500 utenti hanno acquistato FORMA a fronte del traguardo di 500 richiesto, ma è plausibile che un’azienda famosa in tutto il mondo come LEGO sperasse in risultati più generosi.

 

La scatola del set LEGO 81000 Forma Koi. Foto: flickr.com

La Coca Cola Company ha optato per un approccio diverso. Durante il mese di campagna la sua acqua minerale Valser ha superato di qualche centinaio la somma prevista di 9mila dollari; un fallimento in confronto al 1334% raggiunto da FORMA. Nonostante ciò, Valser è stata poi oggetto di test in dieci ristoranti di Atlanta per capire se il fascino europeo per le bollicine è esportabile in negli Usa. La spiegazione sta nel fatto che LEGO ha utilizzato il crowdfunding per finanziare l’intera catena creativa del prototipo mentre Coca Cola ha compiuto una più semplice ricerca di mercato. Indiegogo ha successivamente aperto una sezione enterprise appositamente dedicata al supporto delle grandi aziende intenzionate a utilizzare la piattaforma per tastare terreno e gusti del pubblico; tra le altre, hanno aderito anche Sony, Bose, Whirpool e Motorola. Quello del crowdfunding è quindi un metodo appetibile anche per grandi compagnie, in quanto permette di finanziare sviluppo del prodotto e ricerche di mercato con liquidità immediata e zero rischi: i soldi sono dei donatori, e se l’obiettivo non viene raggiunto o il risultato finale non soddisfa la perdita per l’azienda è sensibilmente ridotta.

In conclusione, è presto poter dire se il crowdfunding si stabilizzerà come strumento di uso comune per compagnie e professionisti, ma è interessante seguirne l’evoluzione ancora in atto. La natura è rimasta la stessa: ad essere mutato è l’uso che gli utenti ne fanno. Nato per permettere di raggiungere vette apparentemente inarrivabili ai molti, adesso anche i pochi in cima scendono per usufruirne.

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