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Curiosità

Come siamo Mes? TheWise incontra Stefano Fassina e Luigi Marattin

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Lorenzo Tecleme

Il dibattito sulla misure economiche da usare per fronteggiare la pandemia che stiamo vivendo sta monopolizzando il mondo dei media, facendo passare per qualche giorno in secondo piano persino i continui aggiornamenti sulla curva dei contagi o sulla possibile data di fine del lockdown. A questo tema è stata dedicata la riunione fiume dell’Eurogruppo (cioè dei Ministri delle Finanze dei paesi che adottano l’euro), riaggiornatosi per ben tre volte prima di trovare un compromesso. E sempre a questo argomento il Presidente del Consiglio Conte ha dedicato buona parte della sua ultima conferenza stampa di venerdì 10 aprile.  Al centro della discussione si trovano due strumenti finanziari: gli ormai celebri Eurobond e l’altrettanto famoso Mes.

I primi dovrebbero essere – nelle intenzioni dei proponenti – obbligazioni emesse dall’Unione Europea che, grazie al sostegno della Banca Centrale Europea e a bassissimi tassi d’interesse, finanzierebbero la ripresa di tutto il continente. È l’opzione caldeggiata dal governo italiano e da diversi paesi alleati, ma non piace alla Germania e agli stati a lei più vicini, storicamente contrari a qualsiasi forma di debito comune.

Il Meccanismo Europeo di Stabilità – o Mes – è un fondo già esistente, finanziato da 17 paesi UE, che potrebbe fornire immediata liquidità alle nazioni più colpite dal virus. È lo strumento proposto dal blocco del nord (Germania, Olanda, Austria, Finlandia) e non osteggiato da parte della nostra politica – purché a certe condizioni. Trova però l’aperta contrarietà dei paesi del sud Europa e di buona parte della nostra maggioranza parlamentare, spaventata dalle rigidissime condizioni che il ricorso al Mes prevederebbe.

Leggi anche: Il coronavirus e la debolezza del progetto europeo.

Attorno a queste due direttrici, poi, si sviluppano innumerevoli varianti, dalla proposta francese di un nuovo fondo comunitario alla possibilità già applicata dal Regno Unito di finanziare gli investimenti con l’emissione di nuova moneta senza passare dai mercati. Ad ora l’Eurogruppo ha trovato un compromesso su un’insieme di strumenti – il fondo anti-disoccupazione Sure, nuove linee di credito della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), ancora imprecisati “strumenti finanziari innovativi” – ma la carta più importante rimane quella del Mes. L’Italia, ha garantito Conte, non vi farà comunque ricorso e continuerà a trattare per ottenere gli agognati Eurobond. Per capire meglio cosa stia succedendo in Europa e cosa debba aspettarsi chi si vede minacciato dalla crisi abbiamo intervistato due protagonisti della politica italiana: Luigi Marattin e Stefano Fassina.

«È ora di smetterla con le cialtronate»: parla Luigi Marattin

Economista, deputato ed esponente del partito di Matteo Renzi, Italia Viva, Marattin non condivide le dure critiche della Lega e di Fratelli d’italia all’operato del governo, ma nemmeno le posizioni di Conte sul Mes. A theWise ha spiegato per email il suo punto di vista e le soluzioni proposte dal suo gruppo parlamentare.

Onorevole, qual è il suo giudizio sulle conclusioni dell’Eurogruppo?

«Ci sono due piani molto diversi, che in questa vicenda sono stati molto confusi. Il primo include ciò che sarebbe necessario fare per assicurare un nuovo step nel processo di integrazione europea, e ha necessariamente un orizzonte di medio-lungo periodo. Il secondo è quello che serve nelle prossime settimane per assicurare a ogni stato membro le risorse necessarie per combattere l’emergenza. Le decisioni dell’Eurogruppo si collocano su quest’ultimo piano, dovendo fornire una risposta immediata – più volte sollecitata – a quanto sta avvenendo nelle nostre economie. E per farlo non poteva che usare gli unici due strumenti esistenti al momento per emettere titoli di debito comune: il Mes – opportunamente adeguato alla nuova fase in atto – e la Bei.

In più, si è creato (sperando di poterlo mettere in atto in tempi brevi) anche un terzo fondo comune – chiamato Sure – dedicato a prestiti per finanziare la “cassa integrazione”. Complessivamente, questi tre strumenti mettono in circolo 540 miliardi, nei fatti reperiti con “Eurobond”, quali sono le emissioni di Mes, Bei e Sure. Non si può quindi dire che la risposta sia scarsa, anche se probabilmente il compromesso, essendo stato sporcato da atteggiamenti negoziali forse sbagliati da più parti, non è stato forse il migliore possibile».

Lei si è detto a favore di un MES a condizionalità ridotte: quello immaginato dall’Eurogruppo assomiglia a quanto lei auspicava? E Italia Viva voterebbe favorevolmente in Parlamento a un eventuale ricorso a questo strumento?

«Io ho sempre sostenuto che sarebbe stato folle non utilizzare uno strumento che (assieme alla Bei) già emette “Eurobond” da otto anni. Poiché finora lo ha fatto per altri scopi (fornire assistenza finanziaria agli Stati che avessero perso la capacità di finanziarsi autonomamente sul mercato), era necessario adeguarlo alla situazione attuale, che è caratterizzata da uno shock esogeno simmetrico e non da comportamenti sbagliati di uno o più Stati. In particolare, andava rimossa ogni condizionalità in termini di aggiustamento macroeconomico o strutturale, per essere sostituita da una inerente l’impegno a usare le risorse unicamente per combattere l’emergenza Covid-19. Ed è più o meno quello che è successo, anche se confesso di non capire bene il perché si sia voluto mettere quel tetto al 2% del Pil nazionale per quanto concerne la possibilità di ricorso al Mes.

Ad oggi l’Italia non ha bisogno di ricorrervi perché riesce ancora a finanziarsi a tassi contenuti, benché in rialzo. Quindi non posso rispondere alla domanda su se voteremo mai a favore, perché non posso sapere le condizioni in cui ci troveremo nei prossimi mesi. Quello che trovo inaccettabile è l’opposto, cioè dichiarare che – qualsiasi cosa succeda – non lo useremo mai. Soprattutto se tale opinione è basata solo su una campagna di disinformazione condotta per anni dai partiti populisti su questo tema».

Il deputato Luigi Marattin (Italia Viva). Foto da Facebook.

Cosa risponde a chi, dalla destra ai Cinque Stelle passando per Leu, sostiene che il Mes rischia di farci seguire il destino della Grecia?

«Che è ora di smetterla con le cialtronate. Prima di tutto, i programmi di salvataggio della Grecia (alcuni dei quali basati sul Mes) hanno finanziato quel paese quando nessun altro era più disposto a farlo. L’alternativa all’intervento era lasciarla senza soldi in cassa per pagare stipendi e pensioni. Poi sono state imposte delle condizionalità, per evitare che gli errori commessi in passato, se reiterati, potessero rendere vano lo sforzo di salvataggio. Esattamente la stessa cosa che fa da trent’anni lo Stato italiano quando in comune va in dissesto finanziario, senza che nessuno gridi allo scandalo (anzi, spesso si fa l’opposto, al grido di “siamo stanchi di pagare per…”).

In ogni caso, la falsità più grande di chi fa paragoni tra la situazione attuale e la Grecia è un’altra. La linea di credito del Mes proposta giovedì scorso dall’Eurogruppo non ha nessuna delle condizionalità imposte alla Grecia e agli altri paesi negli anni scorsi, ma solo una: quella di utilizzare i soldi per la crisi in atto. Una condizione del tutto innocua e scontata: per cosa altro mai potremmo spenderli?»

Durante l’ultima conferenza stampa il Presidente Conte ha ribadito la volontà di puntare sui cosiddetti Eurobond. Ritiene sia una strada percorribile, magari congiuntamente ad altri strumenti come quelli già annunciati (Sure, fondi Bei eccetera?)

«Bisogna capire cosa si intende per Eurobond. Se si vuole puntare a vere e proprie emissioni sovrane europee, ne sono entusiasta. Ma per farlo, occorre dotare la Ue di una capacità fiscale, perché è così che gli emittenti sovrani garantiscono le restituzioni dei prestiti erogati da chi conta titoli del debito. E per farlo, gli Stati nazionali devono cedere dosi di sovranità fiscale, devolvendo strumenti fiscali e pezzi di spesa pubblica da Roma (Berlino, Lisbona, Madrid ecc) a Bruxelles, nel contempo riformando l’architettura istituzionale della Ue per renderla più simile ad uno stato federale. Si tratta di un processo di medio-lungo periodo che io sarei entusiasta di affrontare. Mi chiedo se lo siano anche tutti coloro che parlano di Eurobond senza forse comprenderne fino in fondo le implicazioni.

Se invece per Eurobond si intende, più nel breve periodo, emissioni comuni garantite da capitale/garanzie versate dagli Stati membri, l’accordo di giovedì prevede già l’utilizzo non di uno, bensì di due strumenti del genere (Mes e Sure). Non mi è chiaro perché ne servirebbe un terzo, identico. Se fosse un problema di capacità di fuoco, perché non potenziare quelli, invece di continuare a replicarli creandone altri con nomi più “cool”?»

Leggi anche: Giornalismo, dove sei? Cronaca di una crisi senza fine.

Qual è, in sintesi, la ricetta di Italia Viva per la ripresa post-coronavirus?

«Prima di tutto, assicurarsi di poter reperire – in sicurezza – le risorse che ci servono per evitare che un pezzo di capacità produttiva del Paese scompaia. Per questo è meglio evitare di annunciare a favore di social e telecamere che “non si userà mai” questo o quello strumento, perché questo atteggiamento potrebbe costare molto caro.

In secondo luogo, usare bene queste risorse: noi vogliamo allargare il sostegno alla liquidità rafforzando le garanzie pubbliche e riducendo ulteriormente la burocrazia, ristorare le piccole e medie imprese, i commercianti, gli artigiani, i professionisti di parte del fatturato perso a causa della crisi, far partire non appena sarà possibile un piano straordinario di lavori pubblici eliminando per sei mesi tutte le procedure burocratiche. E soprattutto, vogliamo che si faccia subito un piano per la riapertura, senza errori e ambiguità che hanno contraddistinto alcune fasi dell’emergenza. Perché non possiamo rimanere in lockdown per sempre. E dobbiamo essere pronti a ripartire in sicurezza».

«Stiamo cadendo in trappola»: parla Stefano Fassina

Economista, deputato per Leu, consigliere comunale a Roma e fondatore di Patria e Costituzione, Fassina condivide le preoccupazioni del governo sul Mes, ma critica i risultati raggiunti all’Eurogruppo e caldeggia un’intervento diretto della BCE. In una precedente intervista ci aveva raccontato le sue proposte per il futuro dell’Italia, e al telefono commenta per noi gli avvenimenti delle ultime giornate.

Com’è andato l’Eurogruppo? È una sconfitta per l’Italia come si dice?

«È un risultato che considero una trappola, la trappola del Mes. Non mi sorprende, perché ritengo fin dall’inizio si sia seguita una strada sbagliata: non avremmo dovuto legittimare la discussione sul Mes ma, al contrario, avremmo dovuto usare il nostro capitale politico per insistere sull’intervento diretto della BCE. Si tratta di chiedere semplicemente quanto stanno facendo tutte le banche centrali nelle democrazia liberali: acquistare titoli di stato per finanziare la spesa sanitaria e le politiche di aiuto alle imprese e al lavoro. In un contesto in cui nel Regno Unito la Banca d’Inghilterra monetizza il deficit del paese, noi ci siamo fatti incastrare in una discussione che non poteva che essere perdente. Il resto sono solo operazioni cosmetiche – è il caso del cosiddetto Sure – oppure provvedimenti già in atto come i finanziamenti della Bei.

C’è un punto non esplicitato e che invece il governo farebbe bene a dire apertamente: ci è stato imposto il Mes come condizione politica per arrivare agli OMT, gli interventi della Banca Centrale volti a tenere sotto controllo lo spread. Quelli del celebre whatever it takes di Draghi, per intenderci. È questo il punto, e sarebbe utile dire al paese la verità, invece di raccontare ipocritamente di “ottimi accordi” o di “Mes che non utilizzeremo mai”».

Il deputato Stefano Fassina (Liberi e Uguali). Foto: Facebook.

Cosa dirà secondo lei Conte in conferenza stampa?*

«Conte è in una posizione difficile. Da un lato non può contraddire Gualtieri – che ha condiviso il documento dell’Eurogruppo, chiarissimo per chi lo sa leggere – dall’altro un pezzo importante della sua maggioranza è apertamente contrario al Mes.

Per me dovrebbe innanzitutto coinvolgere il parlamento, e poi dire pubblicamente che non sottoscriverà al vertice europeo niente che abbia i contenuti del documento dell’Eurogruppo».

A questo punto della discussione pensa che la strada sia tracciata o ancora le cose possono andare in modo diverso?

«Le cose possono andare in modo diverso, ma è evidente che va cambiata linea politica. Non si può puntare solo a minimizzare i danni all’Eurogruppo nella situazione in cui ci troviamo».

*L’intervista all’On. Fassina è stata realizzata subito prima dell’ultima conferenza stampa di Conte, mentre abbiamo sentito l’On. Marattin poche ore dopo la conferenza stessa.

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Lorenzo Tecleme

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