Lost girls: il film Netflix ispirato a un caso giudiziario mai risolto

Lost Girls è un film drammatico e giallo diretto da Liz Garbus e rilasciato su Netflix il 12 marzo, dopo la sua presentazione al Sundance Film Festival nello Utah. La pellicola – prodotta negli USA e della durata di 95 minuti – si concentra sulle vicende di Mari Gilbert, una donna di mezza età che ingaggia una lotta personale per scoprire le sorti della figlia ventiquattrenne, Shannan Gilbert, scomparsa nel nulla. Il film è stato tratto dall’omonimo libro di Robert Kolker, divenuto un bestseller del New York Times, che riporta un fatto di cronaca nera avvenuto negli Stati Uniti nel 2010. Tuttora queste vicende costituiscono un caso giudiziario irrisolto.lost girls

Il mistero della scomparsa di Shannan Gilbert

Shannan Gilbert è attesa all’ora di cena a casa di sua madre Mari Gilbert (Amy Ryan) e delle sorelle Sherre e Sarra, ma non si presenterà mai. La ragazza, che da tempo non vive più con la sua famiglia d’origine, è scomparsa a Long Island (Stato di New York) nel cuore delle notte, dopo aver fatto una telefonata disperata al 911 in cui diceva: «Aiuto, stanno cercando di uccidermi». Prima di sparire, Shannan è stata vista un’ultima volta a Oak Beach, una comunità privata di Long Island, dove si è recata a casa di un cliente che l’ha ingaggiata su Craiglist. La ragazza, infatti, lavora come escort all’insaputa dei suoi parenti.

Tutto è ammantato dal mistero. L’autista di Shannan dichiara che la giovane era in uno stato alterato quando ha lasciato la casa del cliente. Una persona residente in zona sostiene che abbia bussato alla sua porta per chiedere aiuto. Poi c’è una strana telefonata fatta da un certo dottor Hackett alla madre di Shannan, in cui l’uomo chiede informazioni sulla ragazza il giorno successivo alla sua scomparsa. Mari Gilbert denuncia immediatamente il fatto alla polizia. Le autorità si mostrano però quasi indifferenti alla vicenda di Shannan, una prostituta che, in quanto tale, non sarebbe meritevole di indagini approfondite.

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Decisa a scoprire che cosa sia accaduto alla figlia, Mari compie personalmente le sue investigazioni, conducendo la polizia a scoperte agghiaccianti. Si rinvengono i cadaveri di una decina di ragazze coinvolte nella prostituzione, tutte scomparse in anni precedenti. Sarebbero tutte vittime dello stesso assassino, il serial killer di Long Island. Sebbene la polizia sia ancora restia a collegare la vicenda di Shannan a quella delle altre ragazze di cui hanno scoperto i corpi, Mari Gilbert non è affatto convinta e, dopo mesi di proteste, otterrà finalmente la sua verità.

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Lost Girls e le altre ragazze scomparse

Lost Girls si inserisce nel filone dei film sulle ragazze scomparse. Lo con lo fa con personaggi inconsueti e realistici, perché reali. In questa storia, infatti, le ragazze scomparse perdono l’aura angelica che le contraddistingue nei film della categoria. Sono delle lavoratrici del sesso, rigettate dalla morale comune, condannate per la fine che hanno incontrato, e, di conseguenza, ignorate. Coloro che le cercano, nell’indifferenza delle autorità e della popolazione, sono ugualmente imperfetti.

Mari Gilbert ha perso la custodia di sua figlia Shannan alcuni anni prima e tace alcune verità alle due figlie che vivono con lei. A dispetto di ciò, persegue con forza e tenacia la ricerca della sua ragazza. Mari Gilbert è il perno attorno a cui ruotano il film e la vicenda reale, che non si sarebbero mai definiti senza di lei. È un’eroina diversa che ottiene le simpatie dello spettatore perché vera. Altre donne affiancano Mari nella ricerca della verità. Sono le madri e le sorelle delle vittime del serial killer di Long Island che, grazie alla rete, si incontrano, invadono Oak Beach e organizzano fiaccolate.

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Un femminismo menefreghista e spiazzante

Le donne, numerose rispetto ai personaggi maschili, arricchiscono il film di un sentimento femminista. È un femminismo solidale che si nutre di riunioni, schietto, menefreghista e spiazzante che si esprime attraverso le azioni di Mari Gilbert. La donna affigge un manifesto nella centrale di polizia per ogni giorno che passa dalla scomparsa di Shannan e non accetta che la ragazza sia etichettata come una prostituta, prima che una figlia o una sorella. È un femminismo che concede alle donne la libertà di essere chi desiderano, evitando che una scelta di vita si ritorca contro di loro.

Questo tipo di femminismo diventa giocoforza una critica alla società benpensante ma falsa, che nel privato richiama a sé le donne più deboli e nel pubblico le giudica. Una società che suddivide la popolazione in cittadini buoni e cittadini cattivi. I primi sono meritevoli di essere salvati, i secondi no. Così facendo, questa società mantiene sé stessa e annulla chi è già ai suoi margini. I difetti della comunità si riflettono inevitabilmente nei mass media che la raccontano e nelle autorità che la controllano, attraverso pratiche discorsive giornalistiche che lasciano basite le madri e le sorelle delle ragazze uccise e poliziotti secondo i quali le prostitute meritano la fine che a volte incontrano. Lost Girls è un film di denuncia e un grande gesto d’accusa verso queste istituzioni.

Contro l’ipocrisia della società

Le ristrettezze della società sono rappresentate dalle atmosfere chiuse e soffocanti degli appartamenti e della centrale di polizia in cui si svolge la maggior parte della narrazione. Qui solo la chioma bionda di Mari Gilbert spicca su uno sfondo grigio. La scena più significativa all’aria aperta è inserita solo negli ultimi minuti del film, nel momento in cui Mari trova finalmente una risposta alle sue domande, diventando libera.

In merito alla vicenda reale da cui è stato tratto Lost Girls, il serial killer di Long Island, ritenuto responsabile della morte di circa sedici ragazze prevalentemente dedite alla prostituzione, non è mai stato arrestato. La polizia non ha mai collegato la morte di Shannan Gilbert a questo assassino, ritenendola accidentale. Tuttavia, un’autopsia indipendente richiesta da Mari Gilbert ha fatto emergere che la ragazza potrebbe essere stata uccisa. La donna (in realtà madre di quattro figlie, non tre) è morta nel 2016, assassinata dalla figlia Serra. La ragazza è affetta da disturbi psichici e nel 2017 è stata condannata a venticinque anni di carcere per l’omicidio.

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