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Spettacolo

Un’altra succulenta Top 5 di film trash italiani

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Claudio Agave

Qualche tempo fa, con la promessa di aggiornarci in futuro, avevamo plasmato una Top 5 di film trash italiani che, a loro modo, avevano scritto la storia del cinema nel nostro Paese (se in positivo o in negativo non è dato sapere, giudicate voi). La magnifica vastità dei prodotti della cinematografia nostrana in tal senso ha però generato ovviamente tanti altri capolavori so bad it’s so good impossibili da ignorare. Dunque, è arrivato il momento di mantenere quella promessa che per un paio di anni ha gridato vendetta.

Leggi anche: Una succulenta Top 5 di film trash italiani.

Un’altra succulenta Top 5 di film trash italiani

Troll 2

Inauguriamo un mini ciclo di film con una numerazione particolarmente incoerente. Non esiste infatti alcun Troll 1 e questo film non è il seguito di una pellicola simile. Anche se, a onor del vero, le cose non stanno esattamente così. Un film horror dal nome Troll era effettivamente uscito nelle sale americane nel 1986. La casa di produzione italiana Filmirage – fondata nel 1980 da Joe D’Amato – però decide di “sfruttare” la moda dei sequel fittizi. La decisione fu quella di girare un secondo film che nulla avesse a che fare direttamente con il primo. Non a caso, nella pellicola, nessun troll appare. Fu la MGM, che deteneva i diritti di distribuzione del film in America (sì, il film è uscito anche lì), a imporre questo titolo. Il tutto per una questione di vendite.

Il film, diretto da Claudio Fragasso, si rivela un pastrocchio inverosimilmente comico. Bisogna anche però scagionare parzialmente lui e Rossella Drudi, la sceneggiatrice del film. In quegli anni, infatti, negli Stati Uniti gli horror erano sotto l’occhio del ciclone per l’eccessiva presenza di sangue e morti e le associazioni per famiglie erano sul piede di guerra. Con l’intento di dover scrivere un fantasy horror per famiglie, Drudi plasmò l’idea di questi piccoli goblin vegani che, attraverso il cibo, rendono gli umani piante da cui sgorga verde clorofilla al posto del sangue, per poi mangiarli. Anche a causa di questa svolta “vegana” il film subì critiche feroci. La sceneggiatura, pur impostando alcuni momenti potenzialmente maturi, li butta però in vacca attraverso una comicità che assume toni addirittura demenziali, oltre a un comparto tecnico di certo non scarsissimo ma nemmeno impeccabile.

La pellicola resta immortale per alcune prove attoriali davvero sopra le righe (e non in positivo). In particolare, la famigerata scena Oh my Goooood è destinata a restare per sempre nelle pieghe del cinema trash. Troll 2 è stato poi rivalutato come discreto B movie negli anni seguenti. Tutt’ora, negli Stati Uniti, è proiettato a cadenza annuale. La fanbase del film si mostrò così determinata da far uscire il prodotto dalla classifica Bottom 100 dell’Internet Movie Database, nella quale per lungo tempo Troll 2 aveva occupato proprio il centesimo posto. Addirittura è stato poi girato un documentario che narra la vita dei protagonisti del film dopo la loro partecipazione attiva a questo piccolo caso cinematografico.

Il bosco 1

Anche in questo caso siamo di fronte a un numero a cui non segue altro. Non ci sarà mai Il bosco 2, per intenderci (nonostante un finale aperto che speriamo nessuno decida di sfruttare). La principale capacità del film, più che di terrorizzare, risulta essere quella di addormentare. Le scene non solo sono inspiegabilmente lunghe ma anche lentissime (vengono ripresi minuti e minuti di passeggiate, con e senza dialoghi, che ammazzano il ritmo). La trama è afflitta da una banalità cronica (tra zombie, streghe e mostri generici). Certamente il film non è aiutato da mezzi tecnici eccelsi, nonostante nel 1988 anche in Italia le possibilità di far bene fossero possibili.

Il bosco 1 – che da molti è addirittura (e incomprensibilmente) ritenuto una sorta di risposta italiana a La casa di Sam Raimi è definito da Spaghetti Nightmares «il peggior film horror italiano mai realizzato». Ma anche questo, come tanti altri, rientra nella lista di chi vive una seconda vita come cult. Ed è divenuto, nel bene e nel male, fonte di ispirazione per chi ha scelto di cimentarsi nel cinema di genere. Però il film è talmente brutto che ha rappresentato per il suo regista Andrea Marfori sia l’opera di esordio che quella di addio alle scene.

La tomba

Uno degli ultimi “capolavori” di Bruno Mattei (in questo film con lo pseudonimo di David Hunt), uno dei registi più controversi nella storia del cinema italiano trash. Anche in questo film, come in tante altre pellicole, Mattei “prende in prestito” scene di altri prodotti per completare il suo girato (addirittura qui ci sono alcuni frammenti de L’armata delle tenebre, sempre di Sam Raimi. Ma sono presenti anche svariate citazioni ad altri film, come Predator e Dal tramonto all’alba). La trama è di palese ispirazione al blockbuster americano La mummia. Rispetto ad altri prodotti di Mattei, però, ci fu anche un budget superiore per poter girare.

Nonostante questo, il film ebbe svariati problemi. Sia con i luoghi delle riprese (a Manila, nelle Filippine, con quaranta gradi e un’umidità pazzesca, non il massimo) che con le performance attoriali. Come avrebbe detto qualcuno, infatti, «non sono attori professionisti, sono presi dalla strada». Ciò creò non pochi problemi a Mattei, molto spesso costretto a incazzarsi durante le scene perché tali attori non professionisti non riuscivano a eseguire le sue direttive, come rivelato da lui stesso in un’intervista rilasciata a Horror.it nel 2007. A dispetto di tutto questo, La tomba risulta incredibilmente uno dei film più gradevoli del regista, ovviamente sempre in chiave estremamente trash. Nota di colore: uno dei personaggi è doppiato da Mino Caprio, il doppiatore che tutti identificano come la voce di Peter Griffin.

Vendetta dal futuro

Un film trash di cui in realtà si parla anche troppo poco. Una sorta di pellicola a metà tra un intrigo socio-politico e un Terminator (non a caso uno dei titoli americani con cui è conosciuto è Return of the Terminator), ovviamente riusciti entrambi malissimo. La pellicola trasuda un machismo assolutamente non necessario in quasi tutte le scene. Fa invece fatica a manifestare quel sapore cyberpunk al quale avrebbe potuto e voluto puntare. Il protagonista Daniel Greene, volendo citare citare René Ferretti, è «un cane senz’appello» mentre il resto del cast è composto da attori che non a caso è possibile ritrovare anche in altre produzioni simili.

Purtroppo questo film è ricordato anche e soprattutto per il decesso durante la lavorazione di Claudio Cassinelli. L’attore sfortunatamente morì (insieme al pilota) durante una sequenza girata in elicottero a Page, in Arizona, il 13 luglio del 1985. Cassinelli – che poteva essere considerato una sorta di attore feticcio di Sergio Martino, regista di questo action – si era ritagliato una carriera di tutto rispetto, lavorando anche con star del calibro di Marcello Mastroianni e Ursula Andress e venendo diretto da registi importanti come Marco Bellocchio e i fratelli Taviani. Aveva inoltre lavorato anche in teatro con Gabriele Lavia.

Alex l’ariete

Questo è probabilmente il film di “nuova generazione” più brutto che sia mai stato plasmato in Italia. Girato male, montato peggio, recitato in maniera drammatica. Doveva lanciare la carriera da attori di Alberto Tomba e Michelle Hunziker ma finì soltanto per palesarsi come uno dei film trash italiani più incomprensibili e meno amati nella storia del Paese.

Il film – che inizialmente doveva essere una fiction poliziesca in due puntate dal nome Turbo nasce con grandi ambizioni. Addirittura Vittorio Cecchi Gori e la sua casa di produzione si occupano della distribuzione. Ma Alex l’ariete, diretto da un Damiano Damiani irriconoscibile, risulta letteralmente devastato dal giudizio della critica. E ovviamente il pubblico ne stette alla larga nelle sale cinematografiche. Basti pensare che nel primo weekend il film – come riportato dal Corriere della Sera – viene visto a stento da 285 spettatori, di cui un terzo faceva parte della città di Tomba, Bologna. La pellicola è un compendio di scene imbarazzanti e dialoghi al limite del ridicolo. Come detto, la critica lo distrusse. Per esempio, su L’Unità, Luca Bottura arrivò addirittura a definirlo, con una buona dose d’ironia e sarcasmo, «il film che ha fatto pentire i fratelli Lumière di aver inventato il cinema».

Anni dopo, lo stesso Alberto Tomba commentò l’insuccesso del film dando la colpa non solo alla collocazione dell’uscita (in pieno luglio) ma anche alla sua inesperienza come attore e al montaggio fatto male. Tomba, che stava emergendo come personaggio televisivo, per via di quel fallimento non riuscì a ritagliarsi una carriera d’attore dopo aver lasciato lo sci. A lui però va il merito di aver girato anche le scene più pericolose rifiutando la controfigura. Ancora oggi, comunque, Alex l’ariete resta una perla trash meritevole di una visione. Qualora voleste cimentarvi, su YouTube si trova integralmente.

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Claudio Agave

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