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Conflitto in Libia: Haftar sull’orlo del baratro

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Lorenzo Ricchitelli

Il conflitto in Libia, in seguito alla famosa Conferenza di Berlino, sembrava aver trovato un punto di svolta, ma le ultime settimane hanno mostrato che la pace è più che mai lontana da Tripoli. Le parole a inizio marzo di Ghassan Salamè, in quel momento a capo della missione Unsmil, ne sono la precisa descrizione. Il professore libanese si è dimesso dal suo incarico sottolineando le continue violazioni al “cessate-il-fuoco”.  Lo scenario libico è inoltre minacciato dall’ombra del nuovo nemico globale, il COVID-19, come evidenziato dall’appello, all’inizio di aprile, di António Gutierrez. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha ribadito la necessità di porre fine ai conflitti globali, data la minaccia del virus. Il leader dell’esercito nazionale Haftar purtroppo non ha minimamente ascoltato le preoccupazioni di Gutierrez. Il 10 aprile, a seguito dei suoi continui bombardamenti su Tripoli, ha in aggiunta interrotto l’arrivo dell’acqua potabile nella capitale. Queste azioni hanno portato alla contro-offensiva del Governo di alleanza nazionale (GNA). Quali sono le motivazioni dietro a questa nuova escalation del conflitto in Libia? 

Il fronte interno: la contro- offensiva di Sarraj e la auto-proclamazione del 27 Aprile

Dopo l’ennesima ritorsione sui civili da parte di Haftar, tra cui anche su un ospedale dedito al COVID-19, il GNA non ha potuto non reagire. Purtroppo per il leader della Cirenaica, lo scontro non ha preso la piega voluta. Dopo mesi di piccole conquiste e perdite in una guerra di logoramento, il generale dell’LNA ha subito in poco tempo ingenti perdite. Durante gli scontri, nella metà dello scorso mese, il GNA ha riconquistato tutto il fronte costiero ad Ovest di Tripoli. Tra le tanti basi strategiche riconquistate dalla fazione di Serraj, fondamentale sarebbe quella della città di Tarhouna. Questa roccaforte rappresenta l’ultimo punto di snodo per i rifornimenti alle truppe di Haftar, ma la conseguente perdita complicherebbe quasi fatalmente la campagna dell’LNA. Nonostante la complicata situazione delle sue truppe, Haftar si è reso protagonista di una dichiarazione spiazzante: il 27 aprile si è autoproclamato nuovo leader dell’intera Libia. L’azione del leader militare è una chiara risposta alle pressioni dell’UE e dell’ONU, le quali stanno chiedendo l’interruzione del conflitto in questo periodo di crisi sanitaria mondiale. Sfortunatamente, Haftar ha mostrato come le pressioni non lo abbiano toccato minimamente.

Il fronte regionale: le interferenze di Turchia e Russia

La nuova posizione presa da Haftar non è totalmente una mossa sconsiderata, come invece può sembrare all’apparenza. Quello che si cela dietro questa dichiarazione è un chiaro appello ai sostenitori esterni delle milizie dell’LNA, come Egitto, UAE ma soprattutto Russia. Proprio Mosca si è detta stupita da questa mossa del generale e ha pubblicamente preso le distanze, ma le azioni russe contraddicono tale posizione.

È noto l’appoggio di Mosca al generale Haftar, soprattutto con i circa 2.500 mercenari appartenenti alla compagnia Wagner. Negli scorsi giorni è però emerso un aspetto più controverso riguardo la politica russa nel conflitto: Washington ha infatto fatto trapelare l’accusa nei confronti della Russia di utilizzare miliziani della Siria in appoggio ad Haftar. La Siria ha un legame fortissimo con lo scenario libico, avendo gli stessi attori geopolitici coinvolti. Se l’LNA ha Mosca come sostenitrice, il GNA di Serraj ha Ankara come appoggio. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), nelle scorse settimane, ha difatti segnalato il sospetto transito di ribelli siriani alla frontiera con il territorio turco. Nei giorni scorsi la notizia è confermata dall’arrivo sul territorio libico di militari siriani, tramite un volo partito proprio dal suolo turco. Dunque le costanti e varie violazioni della tregua di febbraio denunciate da Salamè sono veritiere e comprovate.

Il fronte internazionale: l’UE e l’ONU

Sede del Parlamento Europeo, Strasburgo, Francia. Fonte: pexels.com

 

Oltre al fronte regionale rappresentato dagli attori direttamente coinvolti in campo, il conflitto in Libia vede anche un fronte internazionale. Chi sta concretamente cercando di sedare questa guerra civile, visto che i Paesi che firmano le tregue continuano ad alimentare le ostilità per interessi strategici? Le Nazioni Unite sono presenti con la già citata missione Unsmil, ma il suo ruolo è sostanzialmente di mediazione e monitoraggio. Proprio dai bilanci dell’ONU emergono dei numeri tragici: dall’inizio del conflitto al 31 marzo 2020, oltre 300 sono egualmente i morti e i feriti, senza contare i quasi 150 mila civili che hanno dovuto lasciare le proprie case.

Come provare ad impedire l’incremento di questi numeri? Un passo importante sarebbe quello di interrompere il flusso di armi verso il territorio libico. In questo senso si sta adoperando l’altro organo internazionale che sta mediando il conflitto, l’Unione Europea. Nelle scorse settimane è stata lanciata la missione Irini, attraverso cui gli stati europei si impegnano concretamente a pattugliare le acque libiche, così da impedire l’arrivo dell’arsenale per i due fronti in conflitto. Ad ora è noto il contributo di Italia, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Malta e Polonia. La sensazione è che lo sforzo non sia sufficiente, dato che già in precedenza il compito è stato ampiamente fallito. La scorsa settima è arrivata una dura critica dal presidente del GNA, il quale ha dichiarato un trattamento impari verso i due fronti. A detta di Serraj, la missione Irini sta svolgendo il suo compito solo parzialmente, effettuando controlli solo verso il flusso proveniente dalla Turchia in favore del governo nazionale. Vi è stata quasi contemporaneamente la dichiarazione del portavoce della Commissione Europea per gli Affari Esteri, Peter Stano, che ha invece annunciato l’ufficiale inizio dell’operazione.

Haftar: a un passo dal perdere la sua missione

Dunque lo scenario libico vede gli sforzi di tutti gli attori in campo ancora lontani dal proprio raggiungimento. L’UE ha tutto da dimostrare nel suo ruolo di deterrente del conflitto, mentre l’ONU continua a valutare eventuali provvedimenti più stringenti. Molto difficili sono le posizioni di Russia e Turchia, le quali sono pubblicamente contrarie a questa nuova ripresa delle ostilità, tuttavia le accuse mosse nei loro confronti le potrebbero portare a fare un passo indietro. Per quanto concerne le due milizie nazionali, Serraj è in una posizione di netto vantaggio, forte delle vittorie territoriali recenti. Il vero nodo gira attorno alle intenzioni di Khalifa Haftar, un uomo che si è pubblicamente dichiarato a capo di un paese, ma non riconosciuto internazionalmente da nessuno, e con palesi difficoltà di strategia militare, potrebbe nuovamente tentare una manovra spiazzante. Chiaramente il destino della Libia è in mano a diversi fattori in gioco, ma le intenzioni di un generale quasi sconfitto potrebbero sovrastarli tutti.

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Lorenzo Ricchitelli

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