28 luglio 2002: Rivaldo Vítor Borba Ferreira, Rivaldo per il grande pubblico, firma con il Milan e inizia la sua carriera in Serie A. Prima dell’arrivo in Italia varie esperienze in Brasile e poi l’approdo in Europa: al Deportivo La Coruña un anno e poi cinque stagioni al Barcellona.
Proprio in blaugrana Rivaldo raggiungerà l’apice della sua carriera con ben 235 presenze e 130 reti segnate. Due campionati spagnoli, una Coppa di Spagna e una Supercoppa Europea i titoli vinti con i catalani. Infine, sempre con il Barça, arriva nel 1999 il massimo riconoscimento personale possibile: il Pallone d’Oro.
Quello che arriva a Milano è un giocatore ormai maturo (trent’anni appena compiuti), con un Mondiale di Calcio vinto proprio quell’estate con la Nazionale di calcio brasiliana in Giappone e Corea del Sud. Il classe ’72 firma a parametro zero, dopo aver scartato l’ipotesi del rinnovo col Barcellona e aver rifiutato la corte del Real Madrid. Così, a firma avvenuta, Rivaldo si pronunciò circa i contatti con i blancos, storici rivali del Barcellona: «Sarebbe stato un acquisto controverso se avessi firmato per il Real Madrid. Avrei potuto irritare i tifosi del Barcellona, ma, come professionista, non puoi rifiutare colloqui con i club interessati a te. Dopo tutto, ero libero di andare dove volevo».
In rossonero per lui un contratto da quattro milioni di Euro a stagione e il numero undici: il dieci, suo numero precedente, è occupato da un certo Manuel Rui Costa.
Proprio la convivenza (tattica) con il portoghese sarà tra i punti chiave della poca fortuna avuta da Rivaldo in rossonero, ma di certo non l’unica. Rui Costa non era sicuramente tra i più entusiasti per l’arrivo di un rivale di questa caratura, ma anche lo stesso Ancelotti, con cui, come vedremo, la scintilla non scoccò mai del tutto, ebbe problemi di abbondanza nel reparto offensivo quell’anno, tanto da spingersi verso il 4-3-1-2 (4-3-2-1 al bisogno) rispetto al 4-4-2 con cui aveva impostato inizialmente la squadra.
Rivaldo al Milan arriva con grandi speranze e un rinnovato entusiasmo: «Ho trent’anni, ho appena vinto il titolo mondiale, ma le mie motivazioni sono molto grandi. Cambiare squadra è come ricominciare tutto da zero, iniziare una vita nuova. Roque Junior, Dida, Serginho, adesso anche io in rossonero. Potremo chiamarlo “Milan-samba”. Il mio arrivo significa che nel Milan posso partecipare a un gioco più offensivo. Con tanti giocatori di qualità, si può provare»
Dopo l’esordio nel turno preliminare di Champions League contro lo Slovan Liberec, in Serie A Rivaldo si affaccia con i venti minuti casalinghi che Mister Ancelotti gli ritaglia nella partita contro il Modena, a risultato ormai acquisito. Sull’imbeccata del connazionale Serginho, Rivaldo, entrato al posto di Tomasson, si fa trovare pronto con un colpo di tacco che si insacca beffardo in rete. Il gol però non viene convalidato: l’arbitro annulla la prodezza per fuorigioco.
Presagio di ciò che poteva essere e non sarà?
Nella prima parte di stagione Rivaldo fa un discreto numero di presenze a fianco di Rui Costa, a sostegno dell’unica punta (Inzaghi) grazie anche all’infortunio di Shevchenko. Con il ritorno dell’ucraino le scelte del Mister vanno in direzione del portoghese a supporto delle due punte e Rivaldo, complice una mancanza di continuità nelle prestazioni e un ritmo a tratti compassato per delle difese arcigne come sono quelle della Serie A, da extraterreste ammirato a Barcellona diventa l’oggetto misterioso di Milano.
A febbraio segna l’ultimo gol in Campionato della sua avventura rossonera (otto le reti totali di cui cinque in Campionato), a marzo l’ultima rete europea. Nelle 38 presenze totali (22 in Campionato) non figura la finale di Champions League vinta dal Milan contro la Juventus. Coppa che finisce anche nella sua bacheca, ma non da protagonista assoluto come sicuramente Rivaldo stesso avrebbe voluto essere. Tra le (poche) reti segnate, ricordiamo anche quella nel ritorno della finale di ritorno di Coppa Italia contro la Roma, trofeo vinto dai rossoneri dopo il 4-1 di Roma e il 2-2 casalingo (di Rivaldo la prima rete del Milan).
Nonostante la prima Coppa dei Campioni vinta, l’estate di Rivaldo non è certo serena, complice l’acquisto di un altro brasiliano che entrerà, poi, nella storia del Milan: Kakà. Prima della rottura definitiva, il numero 11 fa in tempo a giocare qualche minuto della Supercoppa Europea vinta dal Milan a Monaco contro il Porto.
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Dovendo scovare la famosa goccia che fa traboccare il vaso, potremmo scovarla nella panchina di Perugia della terza giornata di Serie A della stagione 03/04 (finì 1-1). Dopo la partita il verdeoro si sfogherà in un’intervista al Jornal da Tarde, quotidiano di San Paolo: «Ancelotti mi sta umiliando e le ragioni non sono tecniche, né fisiche: al momento giusto le saprete. Ma se andrò via dal Milan, voglio continuare in Europa per almeno tre anni in un’altra grande squadra».
Rivaldo in quell’intervista fu un fiume in piena: «E non ho problemi psicologici: ho superato il trauma della separazione da mia moglie Rose [tornata in Brasile con le figlie, N.d.R.]. Ancelotti non mi parla e non mantiene la parola. La scorsa stagione mi garantì che avrei giocato la semifinale di Champions con l’Inter, la scorsa settimana mi ha fatto lo stesso scherzetto prima della partita con l’Ajax».
Parole di fuoco, che la società rossonera cerca di mitigare per ricucire lo strappo col Mister, ma si tratta solo di prolungare l’agonia: una settimana dopo l'”affronto” di Perugia, l’ennesima panchina con il Lecce convince Rivaldo a salutare tutti. L’ennesimo tentativo di Galliani di ricucire lo strappo servirà solo a dare un’altra presenza al numero undici (in Champions League contro il Celta Vigo da subentrato) prima che il brasiliano diserti la convocazione per la partita col Parma prima e la richiesta di accomodarsi in tribuna e guardare la squadra giocare contro l’Ajax poi.
Rivaldo chiede, e ottiene, la rescissione consensuale del contratto. Successivamente per lui un breve ritorno in patria (al Cruzeiro) e poi esperienze in Grecia, Uzbekistan, Angola e, ancora, Brasile. Attualmente Rivaldo è un dirigente sportivo in Marocco.
Sicuramente a Milano il talento che incantò la platea del Camp Nou si è visto solo a sprazzi. La concorrenza nel reparto avanzato, culminato sopratutto nel dualismo con Rui Costa, le prestazioni scandite da alti e bassi, il rapporto con Ancelotti che lo vedeva dietro nelle gerarchie rispetto ad altri giocatori: queste le principali cause che insieme ne inficiarono l’esperienza in rossonero.
Anche la società, che nelle persone di Berlusconi e Galliani in primis l’aveva cercato non solo per le qualità tecniche ma pure come uomo immagine visto il suo passato da pallone d’oro, dopo una sola stagione non eccelsa si è guardata intorno, non lasciandosi sfuggire Kakà, prospetto giovane che si è rivelato di assoluto livello. Un insieme di circostanze a sfavore, un giocatore arrivato al momento sbagliato. Al Milan abbiamo visto un extraterrestre solo part-time.
Fonte Statistiche: transfermarkt.it
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