Lo scorso 8 maggio Netflix ha rilasciato la seconda stagione di Dead to me, la serie drammatica-comica ideata da Liz Feldman (2 broke girls) e interpretata da Christina Applegate (Bad moms), Linda Cardellini (Bloodline) e James Marsden (Westworld). La seconda stagione segue le due inseparabili amiche Jen e Judy mentre sono occupate a tener nascosto il cadavere di Steve Wood, l’ex fidanzato di Judy, assassinato da Jen nel finale della prima stagione. Nei nuovi episodi, Dead to me conferma il suo stile in bilico tra commedia e tragedia, la straordinaria amicizia che lega due donne che dovrebbero odiarsi e il suo sentimento femminista.
Chi la fa l’aspetti. Vale anche per Jen Harding (Christina Applegate) e Judy Hale (Linda Cardellini), le “amiche per la morte”. La morte, infatti, le ha unite fin dal principio di Dead to me, quando le due si incontrano in un gruppo di sostegno a cui Jen si reca dopo la scomparsa del marito e dove fa subito amicizia con Judy. La donna nasconde un terribile segreto: è lei ad aver ucciso il marito di Jen, investendolo e scappando senza chiamare i soccorsi, e, diventando amica di Jen, vuole in qualche modo porre rimedio al dolore che ha causato. Alla fine della prima stagione i ruoli si invertono: Jen uccide l’ex fidanzato di Judy, apparentemente per legittima difesa, e, nella seconda stagione della serie, le due donne devono nascondere il cadavere dell’uomo. Jen non può finire in carcere: ha due figli adolescenti a cui badare, due ragazzi nel fiore degli anni che hanno bisogno della loro madre in assenza del padre. Dopo aver trovato una temporanea sistemazione al corpo di Steve, le amiche per la morte hanno i primi inconvenienti: in città arriva il fratello gemello di Steve, Ben Wood, che vuole indagare sulla sparizione dell’uomo; le marachelle adolescenziali di Charlie, il figlio di Jen, espongono le donne al rischio di essere scoperte; e, come se non bastasse, c’è una detective della polizia che gli tiene il fiato sul collo. Intrecciando relazioni improbabili, viaggiando per occultare un cadavere e mentendo continuamente alle persone che amano, Jen e Judy faranno di tutto per custodire il loro segreto, un segreto che cela una verità diversa da quella raccontata da Jen.
Fiore all’occhiello di Dead to me sono le sue protagoniste: Jen, risoluta, schietta, nervosa, litigiosa, e Judy, dolce, gentile, sensibile e fragile. Due donne diversissime che, incontrandosi, si sono incastrate perfettamente tra loro. Tuttavia, ciò che distingueva le due donne nella prima stagione della serie – la colpevolezza di Judy e l’innocenza di Jen – le accomuna nella seconda: anche Jen ha commesso un delitto e, come Judy, ha taciuto al riguardo. Sotto la superficie di due caratteri diversi, Judy e Jen sono entrambe personaggi a tutto tondo, sfaccettati, mai completamente buoni e mai completamente cattivi. La presenza femminile in primo piano diventa l’occasione perfetta per manifestare sentimenti femministi e sfatare i luoghi comuni che si addensano sulla femminilità: Jen, ad esempio, non accetta di essere definita “eccessiva” quando si comporta in modo più aggressivo del consueto, rifiutando l’idea che una donna debba sempre essere gentile e sorridente, come le è spesso richiesto dal cosiddetto “sesso forte”. Distruggendo credenze diffuse secondo cui tutte le donne di mezza età sono già invecchiate e poco appetibili, le protagoniste di Dead to me sono molto attraenti, hanno una normale vita amorosa e sessuale, frequentano uomini più giovani di loro e scoprono anche lati nuovi della loro sessualità. Dead to me rifiuta i semplicismi radicati nella società e rivendica l’unicità di ogni donna.
La seconda stagione della serie targata Netflix mantiene l’alternanza tra registro comico e drammatico – le imprecazioni e le parolacce di Jen ogni volta che qualcosa va storto, il dolore di Judy per la perdita di un uomo che l’aveva già lasciata – creando un prodotto ibrido che ha sempre avuto fortuna in televisione (Desperate Housewives), e aggiunge a quest’alternanza un tocco macabro che non era presente nella prima stagione. C’è del macabro nell’apparizione improvvisa di Ben Wood, il fratello gemello di Steve, che si presenta a casa di Jen e sembra il vero Steve sgusciato fuori dalla tomba per vendicarsi di chi lo ha fatto fuori. Macabro è il primo nascondiglio del cadavere, sul quale la cinepresa, i movimenti dei personaggi e gli avvenimenti insistono continuamente, a suggerire irrazionalmente che Steve non sia morto davvero. Non tutto il macabro di Dead to me è visibile, c’è infatti una serie di fuori campo in cui si svolgono eventi rilevanti che lo spettatore non vede mai – l’estrazione, il trasporto e il seppellimento del cadavere – fatta eccezione per qualche brevissimo e insoddisfacente flashback. Siamo di fronte ad una scelta stilistica degli autori che simboleggia la coscienza delle protagoniste, il loro tentativo di dimenticare i fatti orrendi che hanno compiuto per poter andare avanti con le loro vite. La rimozione del crimine dalla coscienza favorisce relazioni incerte e pericolose, come quella che si instaura lentamente tra Jen e Ben, la copia vivente dell’uomo che lei ha assassinato. La serie crea nuovamente un gioco dell’assurdo, inscena sentimenti che si fondano sulle bugie che i personaggi si dicono continuamente, simboleggiando in modo estremo l’imperfezione dell’essere umano, la sua inclinazione alla falsità e al tradimento.
L’ultimo episodio della seconda stagione conferma un altro tratto stilistico dello show: il finale catastrofico, in cui le protagoniste sono coinvolte in un fatto violento o come agenti o come vittime. Anche stavolta la catastrofe porta con sé la rimozione, la fuga, il nascondimento e pone le basi per una nuova stagione anch’essa ricca di bugie, inganni e depistaggi. Dead to me è questo: un intreccio tragicomico di amore e morte e il racconto della doppiezza umana.
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