Gli studenti prima di Pillars of Eternity II: Deadfire:
The Guild 3 – Crusader Kings – Vermintide 2 – Tomb Raider – Frostpunk – Ancestors Legacy – Kingdom Come: Deliverance – Monster Hunter: World – World of Warcraft: Battle for Azeroth – Pathfinder: Kingmaker – Darksiders 3 – For The King – Metro: Exodus – Warhammer 40,000: Inquisitor Martyr – My Time at Portia – Mutant Year Zero: Road to Heaven – The Council – Warhammer 40,000 Mechanicus – World of Warcraft: Classic – The Outer Worlds – Graveyard Keeper – Stoneshard – Yes, Your Grace – Mount & Blade II: Bannerlord
Pillars of Eternity II: Deadfire non è un titolo recentissimo. Vede infatti la luce nell’ormai remoto 8 maggio 2018, ma come concezione è sicuramente ben più ancorato al passato. Obsidian Entertainment rappresenta il lento incedere dei giochi di ruolo attraverso l’industria videoludica odierna e del passato, portando con sé concezioni, metodi e appeal ormai superati, per riproporli al giocatore moderno. Pillars of Eternity si presenta quindi fin dal suo primo capitolo come una saga dedicata allo specifico pubblico interessato a toccare con mano un gioco di ruolo che riesca a riprendere correttamente i fasti che furono, portando però con sé tutta la giusta pletora di migliorie che il futuro ci propone, in maniera da rendere il tuffo nel passato un’esperienza piacevole, o almeno leggermente meno frustrante. Pillars of Eternity II: Deadfire possiede sicuramente molto da dire per quanto concerne ciò che fu, ma si può davvero riuscire a unire venti anni di videogiochi in maniera perfetta?
Pillars of Eternity II: Deadfire è senza dubbio un seguito atipico. Rimane infatti luogo comune pensare che sia decisamente più complicato costruire qualcosa degno del nome dei primi capitoli, senza nemmeno considerare la possibilità di riuscire effettivamente a migliorare. Pillars of Eternity ci offre invece esattamente uno scorcio dell’esatto contrario: il secondogenito sa migliorare gli evidenti e spesso invadenti difetti del primo, riuscendo a elevare la saga ben più in alto di quanto il suo predecessore potesse sognare di fare. Purtroppo, in questo caso non parliamo di un’altitudine particolarmente importante, quanto più della differenza concettuale tra librarsi e volare per davvero. Pillars of Eternity di per sé non era infatti riuscito nel suo intento, e potrebbe facilmente essere considerato un titolo decisamente inadeguato nel suo complesso. Il suo successore ha invece fatto tesoro degli errori del primo capitolo, e riesce a essere un’esperienza di tutto rispetto nell’ambito degli RPG odierni, con i giusti richiami all’epoca d’oro dell’isometrico.
Cosa ha davvero quindi cambiato, rispetto al suo predecessore? Entrando all’interno di Pillars of Eternity II: Deadfire potrebbe inizialmente sembrare ben poco: le statistiche appaiono inizialmente identiche, l’inventario praticamente invariato. La creazione personaggio risulta praticamente la copia aggiornata del primo capitolo, le razze sono le stesse, le regioni di provenienza e il ceto sociale precedente all’avventura praticamente invariati. Dove ha davvero innovato il secondo titolo? Già all’interno dell’editor dei personaggi potremo tuttavia trovare una risposta a questa domanda, apparentemente superflua o inutile, riassumibile in una sigla inglese molto semplice, QoL. Quando ci si riferisce a questo termine, Quality of Life, ovvero letteralmente qualità della vita, ci si riferisce nello specifico a miglioramenti che non sono magari importantissimi dal punto di vista strutturale, ma che migliorano la vita del giocatore in maniera non indifferente. Pillars of Eternity II: Deadfire fa esattamente questo: portare la saga a una giocabilità degna degli anni in cui è uscito.
Può sembrare veramente un dettaglio da poco, ma la possibilità di accedere a un’anticipazione delle abilità che si avranno a disposizione in maniera ordinata e consultabile in ogni momento fa davvero la differenza. Pillars of Eternity II: Deadfire non ci offre solo questo, ma va anche oltre: utilizzando una classificazione che si avvicina molto a quella di vecchie versioni di D&D, ovvero nove livelli di potere per magie e abilità, spalmate su venti diversi livelli personaggio, si mantiene anche una perfetta sensazione di familiarità con un sistema già conosciuto e ben sfruttato in altre saghe videoludiche di successo. Molti potrebbero accusare questo genere di modifiche di avvicinarsi più al plagio di quanto sia necessario, ma in realtà l’effetto che si ottiene è chiaramente l’opposto. Si riesce infatti a portare un rinnovamento continuo all’interno delle meccaniche di gioco, inserendo nuove abilità o nuovi punti di vista per quanto riguarda le diverse sfumature del fantasy più classico, installandole però all’interno di una struttura già familiare al giocatore.
Anche questa decisione rimane fondamentale nell’ambito della qualità della vita di chi dovesse cimentarsi con Pillars of Eternity II: Deadfire, poiché doversi adattare a sistemi nuovi può essere fonte di confusione per il giocatore. L’idea invece di sfruttare uno standard già stabilito, prendendone in prestito alcuni pilastri, ma modificandone tutto il contorno in maniera che l’opera finale risulti assolutamente differente da ciò a cui ci siamo ispirati è assolutamente vincente. Pillars of Eternity risultava eccessivamente convoluto, lento e complicato. Pillars of Eternity II: Deadfire si presta invece in maniera ottimale a essere un titolo in grado di approcciarsi a un’eredità di un certo spessore. Si fanno però particolarmente sentire diverse piccole differenze qua e là che spesso avrebbero potuto essere meno pesanti: una delle più eclatanti è, per esempio, la mancanza di rilevanza delle statistiche principali all’interno dello sviluppo delle abilità. Un personaggio con percezione molto alta non sarà più bravo di uno con percezione bassa a nascondersi o a sopravvivere nei boschi, ma sarà solamente più capace nei tiri che riguardano quella singola statistica.
Se da una parte abbiamo molti miglioramenti, dall’altra abbiamo purtroppo diversi peggioramenti: dal punto di vista della personalizzazione, Pillars of Eternity II: Deadfire cerca infatti di evolversi, lavorando sul tema piratesco e portando la propria nave, o flotta di navi, a essere il centro della vita del nostro personaggio. Potremo quindi decidere la bandiera, le tipologie di cannoni o modificare integralmente la composizione del nostro equipaggio scegliendo tra tantissimi marinai precostruiti, che potremo reclutare in giro per il mondo. Tutte queste statistiche diverse mostreranno la loro rilevanza all’interno delle battaglie navali, che potremo affrontare ogniqualvolta alcuni dei nostri nemici ci penseranno una facile preda. Tuttavia, questo piccolo intermezzo, che presenta meccaniche proprie realizzate ad hoc, diventerà presto irrilevante, poiché dal punto di vista dell’efficienza sarà facile arrivare a poter abbordare il nemico senza troppi problemi. Questo rende la battaglia navale vera e propria un rischio inutile, nonché uno spreco di risorse assolutamente rilevante: ogni marinaio ferito, ogni falla dello scafo e ogni palla di cannone sparata dovranno infatti essere riacquistati una volta tornati al porto.
Anche il passaggio dal castello di Pillars of Eternity alla nave di Pillars of Eternity II: Deadfire rappresenta un gigantesco passo indietro dal punto di vista della gestione dei propri possedimenti. Certo, coniugare il lungo viaggio dell’Osservatore tra le isole tropicali delle Deadfire con un avamposto in pianta stabile risulterebbe complicato e un poco inappropriato nel complesso. Bisogna però riconoscere che passare dall’essere il signore di un castello al mero capitano di una nave sconfigge assolutamente la sensazione di avanzamento che dovrebbe essere cardine di ogni RPG. Persino durante la nostra risalita durante gli eventi di Pillars of Eternity II: Deadfire non rimarremo praticamente altro che capitani di un singolo vascello. A questa serie di piccoli problemi si aggiunge il finale della nostra avventura, che coniuga un approccio decisamente atipico a una svolta assolutamente inaspettata. La parola che rimane tuttavia cardine di quest’esperienza è senza alcun dubbio “delusione”, poiché la sorpresa lascerà presto spazio all’amarezza della mancanza di un crescendo così largamente tipico dei finali degli RPG.
Se l’obbiettivo di Obsidian fosse dimostrare che gli RPG nel loro ambito assolutamente più classico non siano assolutamente un genere da ricordare alla lontana, o un morto che cammina, possiamo dire che ci siano assolutamente riusciti. Pillars of Eternity II: Deadfire manca ancora di moltissimi piccoli dettagli per essere considerato un capolavoro, ma si tratta senza ombra di dubbio di una montagna russa di emozioni su cui vale la pena salire: l’inizio sarà inizialmente un poco complicato per tutti i neofiti e coloro che non prendono in mano RPG in isometrico da molto tempo. Le decine di ore di contenuto ci terranno attaccati a un videogioco la cui influenza è sicuramente stabilita e il cui senso di progressione sarà assolutamente reale e ben costruito. Il finale ci riporterà infine però alla realtà: non tutto è perfetto, e questo tentativo “innovativo” di allontanarsi dai canoni di genere non farà altro che lasciare l’amaro in bocca, soprattutto rispetto alle aspettative che molti giocatori potrebbero essersi costruiti. Pillars of Eternity II: Deadfire è un’esperienza che si applica moltissimo, e che vorremmo non finisse mai, se non altro per non doverne affrontare il finale decisamente deludente.
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