Questo articolo è stato pubblicato nell’ambito di una collaborazione con l’ufficio stampa Il Taccuino. In data successiva alla sua pubblicazione, questa collaborazione è stata interrotta a causa della scarsa professionalità e della condotta di tale ufficio stampa, da cui ci dissociamo. Gli articoli già pubblicati, come il presente articolo, non sono stati rimossi per correttezza verso gli autori intervistati.
Enrico Casartelli (Brianza, 1955) è uno scrittore e docente in ambito marketing e comunicazione web. È inoltre autore di articoli in quotidiani online e blog e redattore di AgoraVox (rubrica costumi, società e tecnologie). Pubblica i romanzi La vita in una conchiglia (Sensoinverso Edizioni, 2013), Un nove corre in internet (Robin Edizioni, 2015), Il vecchio ciliegio di Manhattan (Robin Edizioni, 2016), Villa Sofia (Robin Edizioni, 2017), La ribelle primavera del 2030 (Robin Edizioni, 2018) e Condannato da Internet (Robin Edizioni, 2019).
«Il protagonista è Marco, uno youtuber italiano che abita e lavora ad Aarhus, cittadina portuale danese. Ogni giorno con il suo staff registra e pubblica su YouTube filmati che spiegano come superare i livelli dei videogiochi in rete. A soli ventitré anni è già molto famoso nel mondo dello spettacolo e di internet. La sua vita cambia drasticamente quando subisce un’intrusione in rete che pubblica immagini pedopornografiche alla fine di un suo filmato. Subito diventa oggetto di pesanti insulti in internet. Questi non cessano neppure dopo la dichiarazione della polizia danese che attesta la sua innocenza e che è stato vittima di un abile hacker. Inoltre Marco è tormentato da una problematica personale e dolorosa: il distacco fisico e soprattutto affettivo del padre che non ha mai accettato la sua interruzione degli studi per dedicarsi a un genere di lavoro da lui disprezzato. I genitori lavorano come medici pediatri in un ospedale in Sudan a cui Marco devolve tutti i suoi guadagni.
Il giovane decide quindi di lasciare la Danimarca per affrontare un nuovo stile di vita in una frazione di un paese sopra il lago di Como, dove i genitori avevano ristrutturato una casa. Qui trova una piccola comunità pronta ad accoglierlo e a difendere la sua privacy dai media sempre più desiderosi di scoprire dove si sia nascosto il famoso youtuber».
«Certo! Si parla spesso di cyberbullismo, quasi sempre nei riguardi di minorenni in quanto categoria debole e particolarmente esposta in rete. Dobbiamo considerare questa forma di violenza in rete anche in ambito “adulti”. È devastante, rovina la vita di una persona e spesso inizia da uno stupido scherzo di amici. Preferisco citare alcuni episodi. Una fake news riportava che un’infermiera da poco tornata in Italia dall’India era stata contratta da un virus potente e contagioso: questa poverina, nonostante diverse smentite dell’Asl e del comune di residenza, era evitata da tutti, isolata e oggetto di insulti sui social finché costretta a cambiare domicilio. Un uomo è stato additato come terrorista solo per il fatto che era da poco rientrato dalla Libia per lavoro. Il suo profilo è comparso in rete come responsabile di un attentato avvenuto non più di un’ora prima: ha dovuto lasciare il lavoro e anche la sua famiglia è stata trascinata nel fango ed emarginata. Qualcuno ha postato su Facebook una foto di un titolare di un bar indicandolo come pedofilo: i clienti sono spariti e scritte di insulti sono comparse sulle vetrine del suo esercizio. Nonostante più smentite, anche delle autorità, solo dopo qualche mese ha potuto riavviare la propria attività. Per non parlare dei frequenti casi di revenge porn, in italiano vendetta porno, cioè immagini o video intimi propagati in internet a completa insaputa del, o più spesso, della protagonista con lo scopo di umiliarla. Una forma di “vendetta” vigliacca e molto deplorevole che sconvolge la vita della vittima».
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«Tutti i miei personaggi, anche se nascono dalla mia fantasia, sono caratterizzati da un forte realismo. In questo caso per la figura di Marco mi sono inspirato a PewDiePie, youtuber svedese che abita e lavora a Brighton, in Inghilterra. Si occupa, come Marco, di games, o meglio di videogiochi in rete. Anche la sua compagna italiana Marzia, alias CutiePieMarzia, è una famosa youtuber nell’ambito del beauty e del lifestyle. La coppia è molto famosa e da otto anni riscuote un successo strepitoso. Ho visto in prima persona dei casi di cyberbullismo, ma non li ho citati nel libro».
«Penso di sì perché si sono accentuati due linguaggi molto diversi. Faccio un esempio semplice e concreto. L’adulto, in gergo baby boomer, ama i social come Facebook e li utilizza per metterci ricordi, sensazioni e, purtroppo, anche emerite stupidate (famosa la frase di Umberto Eco: “I social danno diritto di parola a legioni di imbecilli”). I giovani, cosiddetti centennials, da tempo hanno abbandonato Facebook per spostarsi su Instagram, WhatsApp o Snapchat perché prevale la voglia di condividere foto, informazioni, messaggi in maniera veloce e all’interno di singoli gruppi. Non hanno voglia né tempo di sfogliare pagine e pagine di inutili informazioni per arrivare a quella che interessa loro, sanno già dove e come arrivarci velocemente. Quest’argomento viene affrontato, con il supporto di dati, in un mio articolo dello scorso novembre: Che futuro hanno i social?
Aggiungo con ironia che spesso alcuni miei colleghi coetanei, “guru della comunicazione”, criticano il linguaggio dei giovani senza aver fatto il minimo sforzo per capirne il significato. Io non tollero, e lo ribadisco anche pubblicamente, la loro ignoranza, o meglio, arroganza».
«Secondo lei come si potrebbe arginare il fenomeno del cyberbullismo?».
«Ci sono parecchi volontari, avvocati e psicologi, che hanno creato delle associazioni ad hoc. Sono persone molto preparate e anche giovani, quindi capaci di ascoltare i loro coetanei.
Da un punto di vista giuridico la legge n. 71 del 29 maggio 2017 ha chiarito nei suoi sette articoli il fenomeno del cyberbullismo e soprattutto ha definito le linee d’azione per contrastarlo. C’è ancora parecchio da fare, anche perché si tratta di un argomento molto delicato e personalmente non sono portato ad atti superficiali né a facili buonismi».
«Non esiste un filo di contenuti o messaggi che unisce i vari romanzi: trattano persone, situazioni e mondi diversi. Ciò che lega i miei romanzi è un forte realismo. Non mi piace la pura fantasia, le figure che descrivo sono realistiche, come i fatti. In altre parole, anche se il tutto nasce dalla mia fantasia, la narrativa dei miei romanzi si basa sull’esperienza e su ciò che vedo e leggo. Per esempio, il precedente libro La ribelle primavera del 2030 tratta di una società futura, proiettata fra una decina di anni, ma è basato su un’evoluzione tecnologica attuale, i suoi probabili sviluppi e risvolti in ambito sociale e comportamentale.
Per rispondere alla seconda domanda, sono stato dirigente per parecchi anni di una multinazionale americana e ho avuto la fortuna di lavorare all’estero in più Paesi. Mi piace raccontare i luoghi che ho visto e soprattutto descrivere le culture che ho incontrato. Mi diverto ad accentuare le loro diversità sia in ambito europeo che americano e asiatico.
Il messaggio è sempre positivo: risalta l’amore, l’amicizia, lo spirito di gruppo, e soprattutto si rivolge ai giovani con cui mi diverto lavorare».
«Prima di tutto detesto l’approccio e la prossemica di tipo accademico. Anche in ambito universitario giro tra i ragazzi, ne sento il “clima”, cerco di coinvolgerli.
Mi hanno simpaticamente definito “un animale di aula” perché mi piace stare in mezzo alla sala. Voglio sentirne i continui umori e anche malumori o obiezioni per chiederne il motivo, ma non in maniera prepotente, anzi. Hanno anche detto che ho una forte capacità di adattamento, cioè che riesco a dialogare con degli amministratori delegati come con dei giovani appena assunti. Amo un colloquio a due vie e, come accennavo prima, mi piace essere concreto. Spesso, per facilitare la comunicazione, intervallo le mie spiegazioni con dei filmati ovviamente inerenti all’argomento trattato. Poi seguono i feedback e la discussione.
In generale le tematiche che più interessano sono le attuali forme di comunicazioni e, ai baby boomers come me, anche la rapida evoluzione di internet. Ai più giovani, i cosiddetti nativi digitali, non interessa ovviamente il passato, ma il presente e il futuro. Di conseguenza gli argomenti che preferiscono sono tre: le attuali forme di comunicazione, il marketing in rete e l’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Soprattutto quest’ultima tematica è particolarmente attraente, anche perché siamo ancora ai primi passi, ma già vediamo deglisviluppi concreti e inimmaginabili fino a pochi anni fa».
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