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Piovono pillole: l’epidemia di oppioidi che stiamo sottovalutando

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Caterina Bertoni

Durante la pandemia da coronavirus gli Stati Uniti stanno affrontando uno dei drammi peggiori della loro storia. In data 24 maggio il conto dei morti toccava quasi centomila, e il New York Times ha commemorato questo momento con una prima pagina che ricorderemo per sempre. Questa catastrofe, già di per sé drammatica, incontra l’ostacolo di un sistema sanitario monetizzato, in cui non tutti possono accedere alle cure medico-sanitarie. Ma mentre per molti queste cure risultano inaccessibili, negli Stati Uniti da tempo è in corso un’epidemia causata da qualcosa che non è per niente inaccessibile. Anzi, lo è fin troppo. Si tratta dei farmaci a base di oppioidi, che dalla fine del secolo scorso stanno mietendo centinaia di migliaia di vittime.

Come si è arrivati a tutto questo? Come è possibile che gli oppioidi, destinati alla cura del dolore cronico o oncologico, stiano provocando più morti che guarigioni?

La relazione oppioidi-Stati Uniti d’America va avanti da parecchio tempo. La prima ondata partì nel 1990, quando si iniziò a prescrivere con maggiore leggerezza medicinali contenenti oppioidi. Le case farmaceutiche incoraggiavano particolarmente i medici statunitensi a prescriverli, e così si cominciò a utilizzarli per alleviare dolori “comuni” come quelli derivanti da infortuni sportivi o conseguenti all’asportazione dei denti del giudizio. È chiaro come fosse facile prescriverli e venirne in possesso. Un fiume in piena contenente milioni di pillole iniziò quindi a invadere il territorio statunitense. E la conseguenza più diretta fu instillare una dipendenza nei pazienti che, dopo un qualche evento traumatico avvenuto durante lo sport, non riuscivano più a fare a meno di questi farmaci. Oggi considereremmo tutto ciò inappropriatezza prescrittiva, cioè la prescrizione di un farmaco in maniera inappropriata rispetto alle reali esigenze del paziente.

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L’OxynContin: una vera e propria miniera d’oro

Nel 1996 Purdue Pharma, una delle più potenti case farmaceutiche negli States, introduce l’OxyContin, farmaco contenente ossicodone. Questa casa farmaceutica aveva grandi aspettative su questo farmaco, tanto da pubblicizzarlo come come “miracoloso”. Il “miracolo” dell’OxyContin risiede nella la sua particolare formulazione, che prevede un rilascio graduale del principio attivo. In tal modo permette ai pazienti più gravi di dormire o affrontare la loro giornata ed evita alcuni effetti collaterali di altri antidolorifici come la morfina. L’OxyContin era davvero in grado di migliorare la qualità di vita di chi soffriva di dolore cronico.

A questo rilassamento generale nei confronti degli oppioidi si aggiunge la dichiarazione della Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations che individua il dolore come quinto parametro vitale.

Foto: Wikipedia.

Non solo i pazienti ritenevano miracoloso questo farmaco. Il suo giro d’affari, infatti, contava quarantotto milioni di dollari alla fine degli anni Novanta, per poi esplodere nel 2000 quando gli introiti della Purdue legati all’OxyContin toccarono 1,1 miliardi di dollari. Ma chi acquistava tutte queste compresse erano esclusivamente i malati cronici? La risposta è no.

La genesi dell’epidemia

Ci sono due elementi che facilitarono l’abuso di questi farmaci. Il primo sta nel fatto che le assicurazioni sanitarie della fascia più bassa della popolazione coprono spese limitate, e una confezione di pillole è certamente in grado di ridurre i costi rispetto a un percorso di terapia.

Il secondo elemento chiave è riconducibile alle tecniche aggressive di marketing che hanno promosso questo farmaco nell’ambiente medico. Il New York Times nel 2001 riportava che la Purdue incoraggiasse i medici a prescrivere OxynContin per il dolore di breve durata attraverso incentivi vari, tra cui vacanze spesate. Il colosso farmaceutico organizzava inoltre eleganti meeting ai quali partecipavano migliaia di dottori, con lo scopo di formarli e informarli sulla gestione del dolore cronico. Il professor Steven Schondelmeyer, che insegna economia farmaceutica all’Università del Minnesota, sostiene che un marketing così pressante fosse finalizzato ad assicurarsi centinaia di migliaia di prescrizioni di OxyContin. E andò proprio così.

I dati della mattanza

L’uso e l’abuso di questi medicinali non si è più fermato e tocca profondamente anche i giorni nostri. Secondo le stime dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention), dal 1999 al 2016 in America le morti per overdose sono state 631.331, di cui 351.630 causate da abuso di oppioidi. L’US Department of Health and Human Services ha stimato che dall’inizio dell’epidemia siano morte 130 persone ogni giorno. Questo dato spiazzante mette in luce il peso che queste sostanze, legalmente prescrivibili ma illegalmente abusate, hanno nella mortalità degli Stati Uniti.

Quella degli oppioidi è una mattanza, e secondo alcune stime le overdose da oppioidi aumenteranno nella decade tra il 2015 e il 2025 del 259%, registrando 67.900 morti solamente nel 2025.

The Pharmacist e i cosiddetti pill-mill

Per esaminare più da vicino l’enorme e dannosa portata dell’epidemia di oppioidi negli USA è necessario conoscere la storia della famiglia Schneider.

La docuserie Netflix The Pharmacist racconta dettagliatamente le vicende di questa famiglia, risalenti ai primi anni Duemila. Dan Schneider è un farmacista di una piccola cittadina in Louisiana, non molto distante da New Orleans, e ha appena perso suo figlio sedicenne a causa di una sparatoria durante uno scambio di droga. Questo lutto genera in lui il desiderio di sensibilizzare maggiormente i giovani nei confronti delle droghe. Inizia però ad accorgersi che molti clienti vengono a richiedere l’OxyContin nella sua farmacia. Dan è conscio della potenza del farmaco, e sa che normalmente non lo si prescrive con così tanta leggerezza. Compie quindi qualche indagine e scopre una verità sconcertante. Nella sua cittadina c’è uno studio medico dal quale provengono praticamente tutte le prescrizioni di oppioidi che arrivano alla sua farmacia.

All’epoca Dan era ignaro di trovarsi di fronte a un pill-mill, termine che letteralmente significa “mulino di pillole” e che identifica un medico che abusa nel prescrivere potenti oppioidi. Nel caso di Dan, il medico in questione era la dottoressa J. Clegget, che gestiva una clinica del dolore più simile però a una piazza di spaccio.

I pill-mill, nella storia di quest’epidemia, sono davvero molti e la loro distribuzione è capillare sul territorio statunitense. Per questi medici sovraprescrivere potenti oppioidi è fonte di grande profitto economico, e come riporta un articolo della CNN, coloro che li prescrivevano maggiormente ricevevano laute ricompense. Basti pensare alla piccola cittadina di Kermit, dove nel giro di due anni sono state vendute nove milioni di pillole di oppioidi. Peccato però che Kermit contasse circa quattrocento abitanti. Il caso Clegget, quindi, è solo uno dei tanti.

Dai farmaci all’eroina

Ma l’abuso di  questi farmaci è solo la punta dell’iceberg: il vero problema sono le dinamiche che la dipendenza innesca. Se la prima esperienza con oppioidi prescritti è quella in seguito a un infortunio sportivo, l’abuso porta invece a sperimentare l’eroina. L’eroina è un derivato della morfina, un componente dell’oppio, e chi era dipendente da farmaci arriva a preferirla perché più economica e più facile da reperire. La si può infatti trovare in strada e non ci sono ostacoli all’acquisto, al contrario di quello che può accadere con un farmacista più attento.

Quando l’ex abusatore di oppioidi passa all’eroina entra in un tunnel di dipendenza ancora più oscuro. E tutto ciò non ha conseguenze devastanti solo sul piano umano, psicologico e sociale. Questo tunnel è circolo vizioso che porta chi ne è dipendente sempre più in basso, e la società con lui. Solamente nel 2015 è stato stimato che circa un milione di persone, negli Stati Uniti, siano uscite dal mercato del lavoro a causa di una dipendenza da oppioidi. Il danno sull’economia è enorme, e per il periodo che intercorre tra il 1999 e il 2015 si stima una perdita di 702,1 miliardi di dollari come conseguenza del ritiro dal lavoro di chi stava attraversando questa dipendenza.

Un circolo vizioso mortale

Il ritiro dal lavoro provoca irrimediabilmente mancanza di fondi per il sostentamento economico, e di conseguenza influisce anche sulla capacità di potersi permettere un’assicurazione sanitaria. Assicurazione che di certo servirà a chi sta affrontando una difficile e dolorosa dipendenza. Ecco chiuso il cerchio: si inizia con un infortunio e si continua con una dipendenza da oppioidi, si passa quindi all’eroina la cui dipendenza potentissima impedisce di svolgere altre attività. Con l’eroina si perde il lavoro, e senza lavoro viene a mancare un’assistenza sanitaria adeguata.

È questo il terribile quadro che l’epidemia di oppioidi ha dipinto e continua a dipingere.

Foto: Flickr

Dopo l’era dell’OxyContin, è venuto il momento del fentanyl. Si tratta di un oppioide sintetico il cui effetto si stima essere cinquanta volte maggiore rispetto all’eroina. Il suo utilizzo medico è indurre uno stato simile all’anestesia. Ma il fentanyl non si può trovare solamente negli scaffali degli ospedali: il dark web, ad oggi, costituisce un’enorme fonte d’approvvigionamento. L’epidemia sta proseguendo, e una sostanza potente come questa non farà altro che allungare la lista dei morti.

L’epidemia degli oppioidi negli USA non è solo un fatto di cronaca da conoscere, ma è un potente spunto di riflessione. Soprattutto in un momento nel quale gli Stati Uniti continuano a spendere ingenti risorse per la lotta alle sostanze stupefacenti illegali.

Curare prima di guadagnare

È preoccupante quanto questo tipo di prescrizioni non siano oggetto di controllo o restrizioni, a tal punto da far passare inosservati chissà quanti pill-mill. È anche preoccupante il fatto che sia necessario, arrivati a questo punto, investire la stessa quantità di risorse (se non una quantità maggiore) per la lotta a un tipo di droga che viene legalmente venduta e acquistata. Ma è anche preoccupante il fatto che l’industria farmaceutica abbia forse dimenticato il suo scopo precipuo, cioè salvare vite e migliorare la condizione patologica di chi è malato. Sembra essersi trasformata semplicemente in un’industria focalizzata solamente a ottenere il maggior profitto possibile. Gli USA, inoltre, sono di certo il continente più colpito a causa della presenza di vari elementi che hanno facilitato l’insorgere dell’epidemia.

Ma non è il solo. In Italia nel 2019 a Cinisello Balsamo un uomo veniva arrestato perché gli era stata recapitata, tramite un pacco postale, una grande quantità di pillole di fentanyl. Qualora queste sostanze iniziassero a circolare illegalmente anche in Europa, saremmo preparati a questo tipo di epidemia?

Leggi anche: La pandemia non ha cambiato la politica italiana.

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Caterina Bertoni

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