Carrie è il romanzo d’esordio di Stephen King pubblicato in America nel 1974 e in Italia nel 1977. Dal libro sono stati tratti due film principali: Carrie – Lo sguardo di Satana del 1976, diretto da Brian De Palma e interpretato da Sissy Spacek, e l’omonimo remake del 2013, diretto da Kimberly Peirce e interpretato da Chloë Grace Moretz. Il film originale ha avuto il sequel Carrie 2 – La Furia nel 1999 e un remake per la televisione nel 2002. Sia il romanzo che la pellicola hanno per protagonista Carrie White, un’adolescente vittima di bullismo che ha un potere straordinario: la telecinesi, cioè la capacità di muovere gli oggetti con la forza del pensiero.
La storia
Nella scuola di Chamberlain (Maine) è una giornata come tante altre, ma non per Carrie White. Dopo l’ora di ginnastica la ragazza si sta facendo la doccia insieme alle coetanee, quando le accade qualcosa di sconvolgente: ha il suo primo ciclo mestruale e, ignara di cosa esso sia, si dispera nella convinzione di star morendo dissanguata. Negli spogliatoi Carrie chiede disperatamente aiuto alle compagne di scuola, ma le ragazze la sbeffeggiano e le lanciano addosso assorbenti e tamponi, mentre lei non ha idea di cosa le stia succedendo fino all’arrivo di Miss Desjardin. L’insegnante, infatti, le spiegherà che cosa sono le mestruazioni, sostituendosi a una madre deviata che non si è preoccupata di metterne la figlia al corrente.
L’episodio delle docce è l’ultimo di una lunga serie di angherie che Carrie subisce da sempre: è lo zimbello di tutti, la vittima degli scherzi più crudeli, il bersaglio preferito dai bulli. Sia a scuola che in città. A casa la situazione non è migliore: Margaret White è una fanatica cattolica che rinnega il sesso, la femminilità e i piaceri terreni e che ha la folle abitudine di rinchiudere Carrie in un ripostiglio per farle espiare i suoi peccati.
Telecinesi e bullismo
Le persone che maltrattano Carrie non sanno che lei ha un potere eccezionale: la telecinesi, cioè la capacità di spostare cose e persone con l’energia della mente. Inizialmente la ragazza non ha il controllo di questa capacità, ma essa si manifesta autonomamente nei momenti di maggiore tensione: la pioggia di pietre che colpisce la sua casa quando è bambina, gli oggetti che si schiantano a terra da soli quando viene umiliata oppure il bambino che cade dalla bicicletta dopo averle lanciato un’offesa. Carrie non è neanche pienamente consapevole della grandezza del suo dono, ma sta per scoprirlo.
Un giorno succede l’inaspettato: Tommy Ross invita Carrie al ballo di primavera, spinto dalla fidanzata Sue Snell che vuole porre rimedio al torto nella sala docce. La ragazza è inizialmente sospettosa, ma alla fine accetta l’invito e si prepara per andare al suo primo e ultimo ballo scolastico. Qui, infatti, qualcuno ha organizzato un terribile scherzo per lei, che scatenerà la furia di Carrie contro la scuola e l’intera città di Chamberlain.
Filo conduttore di Carrie, nel libro e nei film, è il tema il bullismo: i suoi inneschi, le sue ripercussioni e le sue conseguenze. Questo bullismo si indirizza verso una protagonista di cui nessuno si preoccupa e a cui, sarcasticamente, Stephen King dà il nome Carrie, che assomiglia tanto al verbo inglese care (preoccuparsi di, avere a cuore). Il personaggio di King ha avuto diverse rappresentazioni: nel romanzo è una ragazza rotondetta, anonima, ma non brutta, nel film del 1976 ha un aspetto etereo e curioso (Sissy Spacek) e in quello del 2013 è un’adolescente bellissima e introversa (Chloë Grace Moretz). Viaggiando dalla letteratura al cinema, Carrie è cambiata, ma ha conservato qualcosa che l’ha fatta diventare il bersaglio da colpire; forse l’aspetto spaurito derivante dalla rigida educazione religiosa della madre.
A dispetto del suo essere uomo, un altro tema caro a Stephen King è il ciclo mestruale: Carrie inizia con il sangue e finisce con il sangue, in molti sensi diversi. Il sangue è l’incipit sconvolgente di tutta la produzione: nel film originario la scena iniziale, complice la colonna sonora, ha contemporaneamente il respiro di un film horror – il sangue che scorre, il terrore di Carrie – e drammatico – la spensieratezza delle ragazze nello spogliatoio contrapposta alla solitudine di Carrie nelle docce. Nel secondo film la sequenza in questione è angosciosa, disturbante, difficile da guardare.
Il simbolismo del sangue
Per Carrie il sangue è il simbolo di un’età adulta che le è negata, il simbolo di una femminilità che non può esprimere, simbolo del sesso e simbolo di una giovane vita spezzata troppo presto, trascinandone con sé altre. Il sangue è vita e morte, è il sangue di maiale che ricopre la bellissima Carrie eletta reginetta del ballo insieme a Tommy Ross, sangue colato da un secchio posizionato da qualcuno sopra al palcoscenico. Il sangue è forza, ribellione, furia: umiliata in pubblico, Carrie libera i suoi poteri telecinetici e distrugge la scuola in cui si sta svolgendo il ballo. Poco dopo, lo stesso destino tocca alla città di Chamberlain. Studenti, insegnanti e abitanti della comunità muoiono fulminati dalla corrente o ustionati dal fuoco, ma il lettore/spettatore resta dalla parte di Carrie, comprende la sua reazione e prova un piacere perverso alla consapevolezza che tutte le persone che le hanno fatto del male stanno morendo. La ribellione finale di Carrie potrebbe inserire i due film nel filone dei revenge movies, costruiti in modo che lo spettatore sia solidale con la persona che sta consumando la sua vendetta. Esempi di revenge movies sono Non violentate Jennifer (1978) e Il Corvo (1994).
Già nel suo esordio Stephen King descrive la distruzione di una piccola comunità del Maine, una prassi molto cara allo scrittore americano. Nel romanzo successivo, Le notti di Salem (1974), succede lo stesso: la città di Salem, invasa dai vampiri, diventa una città fantasma. King crea e distrugge, liberandosi, solo nella finzione, delle piccole e soffocanti cittadine di provincia in cui lui stesso è cresciuto, per mezzo di una ragazza telecinetica o di un’orda di vampiri. Nel primo libro di Stephen King la narrazione letteraria è interrotta da ritratti di giornale, estratti di libri, relazioni ufficiali, interrogatori che, restando nell’universo della finzione, spiegano meglio gli eventi accaduti a Chamberlain. Questo tipo di costruzione fa sì che il lettore sappia fin da subito che è successo qualcosa di grave e, solo leggendo, scoprirà che cosa, perché e come si arrivati al punto di non ritorno. In Carrie c’è anche un’alternanza di punti di vista che Stephen King sfrutta per muoversi liberamente tra piani temporali e raccontare dettagliatamente eventi che sono stati tralasciati in un primo momento.
Mettendo a confronto il libro e i due film saltano all’occhio alcune differenze: il romanzo appare come una cronaca giornalistica dei fatti di Chamberlain, con presunzione di realtà. Il film del 1976 ha un’atmosfera orrorifica – le musiche, la mimica facciale della protagonista, qualche jumpscare – mentre quello del 2013 ha un tono più drammatico. Altre differenze si riscontrano nel finale: nel libro Carrie fa fermare il cuore della madre con i suoi poteri telecinetici e poco dopo muore tra le strade di Chamberlain a causa di una grave ferita. Diversamente, in tutti e due i film la ragazza e la madre muoiono sotto le macerie della casa che Carrie fa crollare dopo gli eventi sconvolgenti della serata. Dopotutto letteratura e cinema hanno due linguaggi diversi e il grande schermo richiede sempre la spettacolarità.