La gara casalinga contro la Lazio è stata l’ultima con la maglia del Napoli in campionato per José María Callejón. L’esterno spagnolo, salvo clamorosi cambiamenti dell’ultimo secondo, il 31 agosto terminerà il suo contratto con il Napoli. Il tutto dopo sette anni di una storia forse non vincente quanto si sperava ma comunque interessante, densa di colpi di scena e folli atti d’amore. Il silenzio del San Paolo non ha dato il giusto lustro alla carriera italiana dell’ex-Real Madrid. Al tempo stesso, però, di certo non toglie importanza a quanto fatto sul campo dall’ala azzurra, in un crescendo clamoroso che ha portato Callejón da una base di giocatore potenziale all’essere uno dei più forti esterni d’attacco degli anni 2000, nonché un giocatore oltremodo sottovalutato.
Arrivato a Napoli nel 2013 come riserva del Real Madrid, Callejón portava dietro di sé la nomea di giocatore tutto da mettere in pratica. Stimato dal tecnico Mourinho e dal collega Ronaldo per la sua capacità di comprendere in allenamento e di interpretare in partita, Callejón approdo in azzurro per cercare una strada alternativa a quella dei blancos, chiusissima e sempre in discussione. Nel pre-campionato i tifosi sembrano molto scettici, credono di avere davanti l’ennesimo flop. Callejón infatti non si fa vedere poi molto e quando lo fa, generalmente non è per motivi positivi (in un’amichevole a Cesena persa 1-0, per esempio, sbaglierà pure un rigore). Gli stessi tifosi del Napoli, però, cambieranno idea prestissimo, sin dalla prima partita di campionato contro il Bologna.
Passano gli anni e gli allenatori ma Callejón diventa sempre più importante. Anzi, fondamentale. Con Benitez si comporta meravigliosamente da trequartista esterno nel 4-2-3-1 dello spagnolo. Per Sarri e Ancelotti è praticamente insostituibile nel 4-3-3 come ala destra. Parlavamo di un giocatore tatticamente completo, che a Napoli diventa sotto questo punto di vista incredibilmente ineccepibile. Callejón ara la sua fascia, in pochi secondi è capace di passare dalla fase difensiva a quella offensiva, peraltro con una facilità disarmante.
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Trincerato dietro alle sue maniche lunghe, che fanno capolino persino d’estate (la causa è un’allergia al prato verde) e caratterizzato da una capigliatura esteticamente bizzarra se non discutibile, Callejón si rivela un po’ a sorpresa un giocatore completo. Corre, fa assist, segna. Il suo mestiere consiste nell’attaccare ma fa pure il centrocampista e il terzino. Nei suoi anni a Napoli ha giocato anche da seconda punta e da falso nueve, venendo provato persino da regista difensivo. Piedi buoni, atletismo da vendere, un pizzico di garra che non guasta mai.
Ora che, di fatto, Callejón ha quasi terminato la sua carriera in azzurro, ci si rende conto che un giocatore come lui è praticamente impossibile da trovare nel calcio moderno, soprattutto in Italia. Per brevi momenti alcuni colleghi si sono avvicinati al suo rendimento e alle sue caratteristiche. L’intraprendente e lanciatissimo Candreva dei tempi della Lazio, il giovanissimo Florenzi alla Roma o il dribblomane Cuadrado negli anni in maglia viola della Fiorentina. Nessuno di loro, però, ha mai mantenuto la costanza e la qualità di Callejón, un vero e proprio stacanovista che sa fare tutto e lo ha sempre fatto bene.
La grande capacità di Callejón è stata soprattutto quella di eccellere in una giocata che nel calcio sembra quasi un dettaglio e che, invece, assume contorni sempre più spesso decisivi. Lo spagnolo è infatti il maestro del taglio offensivo. Nessuno come Callejón è stato in grado, in questi anni, di scegliere sempre il tempo giusto di inserimento, di comprendere lo sviluppo di un’azione, di controllare il suo posizionamento e di girare alle spalle del marcatore per sbucare fuori al momento opportuno.
Nonostante gli anni passassero e il gioco del Napoli andasse inevitabilmente incontro a modifiche, il taglio “alla Callejón” è diventato non solo un marchio di fabbrica ma pure una giocata comunque quasi impossibile da fermare, quando eseguita perfettamente (cioè la maggior parte delle volte). La clamorosa connection con Lorenzo Insigne, in tal senso, ha regalato al Napoli gol spuntati fuori praticamente dal nulla, oltre che una soluzione di gioco che negli anni precedenti difficilmente era stata messa in atto (e che, inevitabilmente, sarà difficile riproporre anche in futuro, almeno con gli stessi risultati). Incredibile come un giocatore così votato alla normalità sia riuscito a rendere straordinario un elemento del calcio che di base rappresenta una banalità.
Come si diceva prima, tantissimi dei gol di Callejón e del Napoli in questi anni sono arrivati proprio attraverso questa giocata. Si è portati a pensare che tutti siano piuttosto uguali quando, in realtà, c’è una vasta gamma di diverse difficoltà e scelte da prendere in ognuno di essi.
Nel primo caso, durante la prima stagione con il Napoli, Callejón segna un gol all’apparenza semplicissimo contro l’Inter. Il gesto atletico che porta alla rete è un banale tap in. La costruzione della stessa, invece, è solidissima: Callejón si infila tra Nagatomo e Rolando indisturbato. Certo, perché i due fanno l’errore di guardare solo la palla. Ma anche ottimamente piazzato perché perfettamente in gioco pur ballando sul filo (altra sua grandiosa caratteristica). Lo spagnolo letteralmente passa davanti a tutti pur non facendosi vedere.
Sempre durante la prima stagione azzurra, c’è una meravigliosa variante di quella che sarà poi l’asse con Insigne. Nella gara di Coppa Italia contro l’Atalanta l’ex Real legge con il movimento a entrare un lancio altrettanto bello di Inler. Il difensore è completamente in controllo del pallone ma non immagina minimamente che Callejón possa sbucargli alle spalle. Si rende conto del fattaccio solo mentre il numero 7 sta spingendo in porta il pallone del vantaggio azzurro (precedentemente, peraltro, aveva segnato un meraviglioso gol al volo su assist di Reveillere).
Contro la Juventus in particolare Callejón ha mostrato due differenti modi di interpretare il taglio dentro, in due diverse stagioni. In questo esempio immediato – nel quale, va detto, la posizione di partenza è irregolare, come d’altronde evidenziato dal replay – Callejón ha la marcatura stretta di Asamoah ma, nonostante tutto, riesce a divincolarsi compiendo un movimento aggirante a rientrare verso l’area, battendo Buffon.
In questa occasione, invece, Callejón sembra sornione, quasi passeggia, prima di dare all’improvviso uno strappo plateale in direzione del campo e poi della palla. Lichtsteiner e Alex Sandro, dal canto loro, gli lasciano spazio enorme di manovra, palleggiandosi la responsabilità della marcatura successivamente. E il gol è solo la logica conclusione di tutti questi fattori.
Il lupo ovviamente perde il pelo ma non il vizio. Persino nell’ultima stagione, quella nella quale obiettivamente Callejón ha mostrato più falle nel suo modo di giocare, arriva un taglio dei suoi nella gara contro il Lecce. Con tanto di finalizzazione in sforbiciata al volo.
Il taglio migliore di questa stagione – che peraltro chiude un ideale cerchio con il primo presentato nell’articolo – è quello contro la Roma. Mario Rui mette in mezzo un pallone invitante che però sembra preda dei difensori, tutti in anticipo. L’ex Nazionale spagnolo però sbuca dal nulla dettando il passaggio. Difensori improvvisamente in ritardo, scatto fulmineo, esultanza. Una scena meravigliosa, vista e rivista. Ma non banale.
Incredibile a dirsi, visti i numeri delle stagioni azzurre ma, paradossalmente, il più grande problema di Callejón (quello che a tutti gli effetti gli ha impedito di imporsi come un top mondiale) è da individuare nella poca freddezza sottoporta. Un controsenso enorme, visto che per 5 stagioni su 7 l’ex Real è andato in doppia cifra tenendo conto di tutte le competizioni (per la precisione 20, 12, 13, 17 e 12 gol tra Benitez e Sarri). Eppure forse è stato proprio questo il suo limite più grande. Nel corso degli anni, infatti, Callejón ha sbagliato reti anche facilissime, che avrebbero potuto portare il suo bottino personale su vette inesplorate.
Rispetto a esterni più prolifici (Salah, lo stesso Cristiano Ronaldo degli inizi di carriera, Robben o Ribery), Callejón ha offerto una migliore copertura per tutto il campo ma, ineviabilmente, spesso è arrivato consumato sottoporta. Per un attaccante è certamente un punto a sfavore. Che però di certo non rovina lo status dello spagnolo, in doppia cifra in metà delle stagioni da professionista finora disputate (7 su 14).
Come Bonaventura a San Siro, anche Callejón ha salutato i suoi tifosi soltanto a distanza, senza poter usufruire di una meritata standing ovation. Un epilogo mediaticamente triste ma necessario, vista la situazione. Impossibile pensare che il Napoli, al termine ufficiale della stagione, non renda in qualche modo omaggio a un giocatore che ha scritto la storia del club per gare giocate, gol segnati, assist forniti e trofei vinti.
Callejón, rispetto a molti altri e persino più di Mertens, è stato probabilmente il protagonista più inatteso dei recenti anni partenopei. Un giocatore che, come da copione, arriva spesso alle spalle senza essere visto. Ma che non per questo merita di essere sottovalutato o ignorato.
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