È comune che d’estate il genere preferito dai lettori sia il giallo, in ogni sua sfumatura. La festa di matrimonio di Adriano Di Gregorio (qui potete trovare la nostra intervista) conferma questa usanza ed è decisamente un romanzo perfetto per le vacanze. Ma poiché supera alcuni stereotipi del genere, va anche oltre il classico giallo all’italiana. Cosa meglio di un bel giallo ambientato in Sicilia?
La festa di matrimonio (Algra Editore, 2019) è il terzo romanzo con protagonista il commissario Damiano Battaglia, vicequestore di Acireale. Come il famoso Ricciardi, fa parte della nuova generazione di commissari riflessivi e un po’ malinconici. Da diversi anni ormai, infatti, il protagonista del giallo è umano e vive crisi e problemi di tutti e sempre più attuali.
Di Gregorio e il suo commissario Battaglia infatti affrontano problemi molto attuali. Nel primo romanzo, Il peso della verità, si trattava il tema dell’immigrazione. Il secondo, La maga e il talismano, era dedicato invece agli abusi sui bambini. Il terzo contiene più spunti di riflessione: l’omosessualità, la mafia, il rimorso e i tentativi di farsi o rifarsi una vita oltre il passato.
Lo scenario siciliano e la trascrittura di una parlata tanto particolare come quella sicula sono gli elementi più interessanti del romanzo. Di per sé, si tratta di un giallo esemplare, con pochi colpi di scena e molte piste da seguire che, lentamente, si diradano. Il ritmo è ben orchestrato e l’attenzione del lettore sugli eventi non cala mai. Questo anche grazie al tono dei diversi capitoli che si alternano tra il faceto, il drammatico, il serio e il famigliare.
Erroneamente molti hanno considerato la scelta dell’ambientazione siciliana e l’uso del siciliano come veicolo comunicativo un motivo per paragonare Di Gregorio al compianto Andrea Camilleri, che della “sicilianità” ha fatto la propria bandiera. E grazie a lui è nata una serie di gialli legati a diverse zone d’Italia, come appunto in Sicilia. Nella realtà, Di Gregorio italianizza la parlata siciliana se non quando un personaggio commenta in dialetto stretto, per cui è perfettamente comprensibile a tutti i potenziali lettori. Inoltre, nonostante questo bel giallo sia ambientato in una Sicilia chiusa al contemporaneo, la storia si sposta anche nella Berlino del Muro e nell’Italia degli anni di piombo, fra Milano e America.
Per quanto riguarda il tono generale, spesso la figura dell’ispettore Concetto Spanò è un po’ troppo invadente e con le sue battute rischia di interrompere i dialoghi deputati alle indagini. Risulta per questo forzato e inutile se non al fine di alleggerire (anche troppo) il tono del discorso, ma è comunque un personaggio riuscito e gradevole nel complesso.
I personaggi sono tutti ben costruiti, anche se con qualche ingenuità e semplificazione. Oltre a Spanò, un po’ spalla un po’ caricatura, a un attenta lettura può sembrare curioso che tutti i personaggi originari del Nord Italia siano biondi o rossi e che l’unico personaggio dichiaratamente omosessuale, Luciano Seminara, sia il proprietario di una boutique d’alta moda. Sono forzature che nella letteratura di oggi dovrebbero essere superate, se non quando il punto di vista è interno.
Per fortuna, si tratta di pochi casi isolati che non incidono sulla piacevolezza della lettura e sulla qualità del romanzo.