Distratta dall’andamento dei contagi e dalle prossime elezioni regionali, l’Italia sembra assistere senza entusiasmo all’avvicinarsi del 20 e 21 settembre, i giorni in cui le urne riapriranno (anche) per permettere agli elettori di confermare o respingere le recenti modifiche al dettato costituzionale. Come vi abbiamo raccontato già a dicembre, il referendum è stato reso necessario dalla richiesta di consultazione avanzata da 65 senatori, e riguarda il numero di seggi che verranno assegnati a partire dalla prossima legislatura. Se la riforma verrà approvata, infatti, alla camera i deputati passeranno da 630 a 400, mentre al Senato i senatori passeranno da 315 a 200. Una riduzione di circa un terzo degli scranni. La riforma riduce inoltre il numero di deputati eletti nelle circoscrizioni estere (da dodici a otto), ridefinisce il numero minimo di senatori per regione (da sette a tre, fatte salve le eccezioni già previste) e fissa un tetto massimo di cinque senatori a vita.
A guidare il fronte del Sì è il Movimento 5 Stelle, che ha fatto del taglio degli scranni un simbolo della lotta “anti-casta”. Per capirne le ragioni theWise ha incontrato Ettore Licheri, avvocato, senatore ed esponente del Movimento.
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Onorevole, perché votare sì al referendum confermativo del 20 settembre?
«Innanzitutto su un tema così importante mi permetta di fare un appello al voto di tutti, favorevoli o contrari che siano, perché è un tema che riguarda tutti.
Noi votiamo convintamente Sì perché occorrono cambiamenti che, senza stravolgere la Costituzione, diano un esempio di autoriforma delle istituzioni che possa almeno rallentare la sfiducia dei cittadini sulle istituzioni democratiche stesse. Quale modo migliore in tempi in cui a tutti sono chiesti sacrifici enormi che vedere un parlamento che si autoriduce le poltrone?
Noi siamo stati votati anche per questo e la miglior forma di democrazia è quella di mantenere il mandato popolare ricevuto. Promettere e non mantenere è abitudine di altri, non nostra. Sempre nei limiti del possibile, visto che siamo solo forza di maggioranza relativa che deve ancora fare i conti con le forze del vecchio sistema dei partiti e dei poteri forti del paese».
Il fronte del No sostiene che il risparmio dovuto al taglio sia irrisorio e che si rischi di togliere spazio ai territori e alle forze minori. Cosa risponde?
«Il risparmio non è irrisorio, e di questi tempi qualunque risparmio della politica è un balsamo per i cittadini. A chi dice che bastava tagliare gli stipendi dei parlamentari rispondo: meglio ancora, anzi noi lo facciamo da sempre su base volontaria. Semmai è il fronte del No che si vuole tenere stretti i soldi dei loro stipendi.
Mi permetta due considerazione sul taglio della rappresentanza. Secondo questa logica allora sarebbe un bene aumentare la rappresentanza a 2, 3 o 5000 parlarmentari? Invito tutti a rileggersi il dibattito dei padri costituenti del 1948 che discusse in modo pacato la questione dei parlamentari senza demonizzazioni, anche su proposte di un numero di parlamentari inferiore a quello proposto in questo referendum.
Non è in ballo né democrazia né rappresentanza: anzi una più ampia estensione dei collegi riduce il male endemico delle clientele territoriali».
Il direttore di Repubblica Molinari ha scritto che, in mancanza di una riforma strutturale del Parlamento, voterà no al referendum. Si poteva fare di più in aula per accompagnare il taglio dei parlamentari?
«Certo che si poteva fare di più. Le ricordo però che la Lega accettò questa riforma solo obtorto collo, non certo per convinzione, e che ora parti minoritarie ma non secondarie del centro-sinistra sono schierate per il No, contraddicendo lo stesso accordo scritto firmato appena un anno fa. Sono loro che non hanno mai voluto un dibattito parlamentare serio sul taglio dei parlamentari, non certo il Movimento».
Molti nel centrosinistra legano l’assenso al taglio dei parlamentari ad una riforma elettorale di tipo proporzionale che garantisca il principio di rappresentatività. Anche secondo lei si tratta di temi legati?
«Ad essere onesti la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari non prevede in automatico alcun tipo di legge elettorale, che è legge ordinaria. Tuttavia sarebbe politicamente scellerato non accompagnare questa riforma con una legge elettorale prevalentemente proporzionale. Questo si che rafforza la rappresentanza, non certo i vari porcellum e “renzellum” che attribuivano la maggioranza dei seggi in parlamento ad una minoranza di elettori.
Su questo speriamo di poter coinvolgere un arco ampio di forze politiche che invece finora hanno dimostrato di voler usare la legge elettorale solo come clava della maggioranza contro gli avversari di turno e non come garanzia condivisa».
Voterebbe a favore della bozza di legge elettorale di cui si discute in queste ore, un proporzionale con sbarramento al 5%?
«Qualunque legge elettorale con impianto proporzionale a noi va bene, a due condizioni: che il vero titolare della discussione e delle decisioni sia il parlamento e che sui dettagli si raggiunga il più ampio consenso parlamentare».
Quella del taglio dei posti in Parlamento è una storica battaglia del Movimento. Il risultato del referendum, quale che sia, pensa che avrà effetti sul governo nazionale?
«Lo escludo, perché il governo su questo tema non si è mai esposto direttamente, anzi ha sempre dichiarato che è tema di competenza parlamentare.
Certo, se ci saranno forze che dopo aver votato sì in parlamento e aver addirittura sottoscritto impegni di governo per la riduzione dei parlamentari si impegneranno più o meno esplicitamente per il no, il Movimento è pronto a trarne tutte le conseguenze».
Gli ultimi sondaggi* a disposizione pronosticano una schiacciante vittoria del Sì. E’ anche la sua sensazione, o pensa che la partita non sia ancora chiusa?
«Sono un uomo di sport e ricordo la famosa battuta di Trapattoni: “mai dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Ho presente inoltre che l’unica forza politica ad aver coerentemente voluto il taglio dei parlamentari è il Movimento, quindi in ogni caso è un nostro dovere civico condurre una forte e ampia campagna tra i cittadini per il sì. Siamo l’unica forza politica che può e deve farlo con orgoglio»