C’è un uomo che da anni recita il ruolo di regista nel mercato del Milan. Non si tratta ovviamente di Paul Singer, che ha rilevato solo nel 2018 (con il fondo Elliott) la società rossonera. Nemmeno di Paolo Maldini, premio Oscar del calcio italiano e ultimo baluardo del Milan e del milanismo. Si tratta invece di un cineasta esterno ai confini di Milanello, ma che da anni piazza i suoi attori nel famoso centro sportivo e li muove determinando le fortune, o sfortune, della società. Si chiama Mino Raiola e di professione (ma non ve n’è necessità di ricordarlo) fa il procuratore.
Mino Raiola: il grande regista di mercato
La seconda decade degli anni Duemila ha visto Mino Raiola intrecciare spesso le sue procure con gli spogliatoi rossoneri. Sempre con attori ingombranti e contratti pesanti. Il buon Mino, Carmine all’anagrafe come ricorda Wikipedia, nonostante la sua infanzia vissuta a Harleem (Paesi Bassi) ha sempre scelto l’Italia come Paese prediletto per i suoi affari. Fin dagli esordi, quando nella veste di rappresentante dei giocatori olandesi all’estero riuscì a far sbarcare Bryan Roy a Foggia e Marciano Vink a Genova. Da quel momento in poi la sua parabola si è arricchita di grandi giocatori, società di intermediazione su scala mondiale e premi dalla Globe Soccer Awards (2016: Miglior agente dell’anno). Senza dubbio un procuratore superstar.
Oggi nella squadra di Mino Raiola si trova parte della crème del calcio mondiale. Per fare alcuni nomi possiamo menzionare Paul Pogba (Manchester Utd), Erling Haaland (Borussia Dortmund), Matthijs de Ligt (Juventus), Marco Verratti (Paris Saint-Germain) e Hirving Lozano (Napoli). Insomma, una schiera di campioni dai contratti faraonici e valutazioni stellari, segno che il procuratore appare molto apprezzato nell’ambiente. Ammirazione che è arrivata ben presto anche a Milanello, la Cinecittà rossonera, dove campioni come Bonaventura, Romagnoli e Donnarumma hanno pensato di affidarsi ai suoi servizi.
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Mino Raiola e Zlatan Ibrahimović
A onor del vero il primo grande intreccio di Mino Raiola con il mondo Milan risale all’estate del 2010. Per la gioia di Massimiliano Allegri il procuratore riuscì a consegnare all’allora allenatore rossonero nientemeno che Zlatan Ibrahimović. Dal 2004 al 2009 l’attaccante svedese, grazie all’intermediazione di Mino Raiola, era riuscito a passare dall’Ajax alla Juventus prima e all’Inter e al Barcellona poi. Il tutto in un crescendo di valutazione del cartellino e di commissioni all’agente. Fino all’approdo a Milano accompagnato da Raiola, un evento che, volenti o nolenti, ha marchiato a fuoco i successivi dieci anni di mercato estivo della società rossonera.
Oggi Zlatan Ibrahimović veste nuovamente la maglia rossonera. L’ha indossata per metà della stagione appena passata e, con ogni probabilità, la vestirà anche il prossimo anno. Con un ingaggio faraonico per un giocatore di 38 anni, visto che si parla di cifre attorno ai sette milioni di euro netti a stagione. La questione rinnovo è stata gestita da Mino Raiola con la solita maestria da self made man, ovvero scatenando un tachicardico tam tam mediatico che ha stordito non poco l’ambiente rossonero. Partendo da due presupposti incontrovertibili: Zlatan è il prim’attore imprescindibile al Milan di oggi e il Milan di oggi non ha possibilità né economiche né di appeal per rincorrere un piano B all’altezza. Dal canto suo Ibrahimović ben sa di essere dinanzi all’ultimo grande contratto della carriera. Alla sua età è un lusso che pochi eletti possono permettersi, quindi per contrattare come si deve ha scelto senz’altro l’uomo perfetto.
La questione Bonaventura
Ma la storia di Mino Raiola con i colori rossoneri non si ferma qui. Tra le questioni che hanno inciso su questo infinito tiramolla estivo vi è la posizione dell’attore non protagonista Giacomo Bonaventura. L’ormai ex trequartista del Milan è passato cinque anni fa dai servizi del procuratore storico Martorelli (che lo seguiva dalle giovanili dell’Atalanta) a quelli di Raiola. Al tempo la necessità era uno stipendio ben più corposo. Oggi, dopo anni a recitare al meglio copioni sbiaditi, Bonaventura è stato scaricato con poco stile dal Milan, in quanto ritenuto non più idoneo al progetto. Una situazione tesa che Zlatan e Mino non hanno apprezzato. Facile che tutto questo non abbia giovato alla trattativa del rinnovo di Ibrahimović, spingendo il procuratore a tirare la corda fin dove possibile.
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Ogni volta un thriller ad alta tensione
La questione dell’attaccante svedese ha mostrato ancora una volta come le richieste di Raiola tendano sempre a sfidare la proprietà di turno. Impossibile dimenticare a tal proposito il cinepanettone Donnarumma. Il talento di Castellammare di Stabia nel 2017 rifiutò il rinnovo, ben imbeccato dal suo procuratore. Successivamente si assistette al finimondo tra hacker su Instagram, visite a Pompei di Montella e striscioni contro il portiere. A vincere il primo round furono gli allora dirigenti Fassone e Mirabelli che riuscirono a rinnovare fino al 2021, salvo poi venire attaccati a dicembre inoltrato dallo stesso Raiola. A suo dire Donnarumma aveva firmato «sotto evidenti pressioni psicologiche», illazioni che scemarono poi in un nonnulla. Per la felicità della tifoseria rossonera il prossimo step del braccio di ferro tra Raiola e il Milan sarà proprio legato al nuovo rinnovo del fuoriclasse napoletano.
Dopo l’addio di Bonaventura ora restano tre gli uomini della scuderia Raiola nelle fila rossonere: Donnarumma, Romagnoli e Ibrahimović. Praticamente la colonna vertebrale della squadra. Se per Ibrahimović siamo probabilmente all’ultima recita, per Donnarumma e Romagnoli la questione rinnovi sarà ancora un lungo film da girare. E con Raiola, si sa, è sempre un thriller in cui non si intravede il lieto fine fino all’ultimo ciak.