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Spettacolo

Biennale Cinema 2020 – tra digitale e virtuale

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Alessia Zannoni

La 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica ha aperto le sue porte lo scorso due settembre. La Biennale Cinema 2020 ha saputo rispondere alle sfide che questo particolare momento storico ha posto, intensificando tra le altre cose l’impegno sul virtuale che da qualche anno ha caratterizzato l’attività. Dalla fine degli anni Sessanta la Biennale si occupa della ricerca dei nuovi media. Questo filo rosso conduce direttamente alle esperienze di realtà virtuale della Biennale Cinema. Ma qual è il futuro della VR nel campo cinematografico? Sono possibili risvolti anche in altri campi? Si apre su questi quesiti un programma che combina reale e virtuale.

Dall’arte digitale al cinema virtuale

La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nasce nel 1932, inserendosi nella più ampia cornice dell’Esposizione Internazionale d’arte di Venezia. Il tema del digitale costituisce parte centrale del dibattito che imperversa nella Biennale dopo gli anni Sessanta, anni in cui le nuove correnti hanno scosso le fondamenta di un sistema che non le rispecchiava più. Così, fanno il loro ingresso nelle Esposizioni Internazionali d’arte opere create in video o con l’ausilio di schermi. Fu proprio nel 1972 che il Padiglione Centrale ospitò una mostra incentrata sul tema “Opera o Comportamento”. Con questa dicitura si voleva mettere in contrapposizione le opere pittoriche – l’opera appunto – e tutto quello che di nuovo era nato in quegli anni e si discostava dai media classici.

Iniziano così a fare il loro ingresso alla Esposizione Internazionale d’arte di Venezia artisti come Gerry Schum, il quale girò il documentario Land Art, o Nam June Paik, che utilizzò attivamente i video all’interno delle sue performance. Una contaminazione questa che poi invertirà le sue polarità, portando l’arte a contaminare il cinema.

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Il cartellone all’ingresso dei Giardini della Biennale, sul quale vengono indicate tutte le arti in mostra.

Sono gli stessi anni che portano la Biennale ad abbandonare un sistema espositivo troppo simile a un festival concentrato a favore di un ambiente sinergico che invada la città tutti gli anni in diversi periodi. Così le varie discipline iniziano a toccarsi e fondersi, contaminandosi a vicenda. Si arriva così al 2017, quando per la prima volta i film in realtà virtuale entrano in competizione in un festival cinematografico internazionale. Quest’anno invece la Biennale fa ancora un passo avanti: porta la realtà virtuale nelle case del pubblico.

La realtà virtuale al tempo del Covid-19

Rimettere in moto un festival della portata della Biennale Cinema in questo momento storico non rappresenta una sfida semplice. Si tratta di gestire un afflusso notevole di pubblico in una serie di sale chiuse e spazi aperti critici, come può essere un red carpet. In questo senso, il festival ha rilasciato un documento dettagliato sulle misure anti-Covid messe in atto, che comprendono la divisione degli ingressi e delle uscite in più varchi e controlli su chi transita all’interno della mostra. Si sono addirittura previste misure per quella che è stata denominata “area pubblica”, in cui transita anche il pubblico non accreditato.

La sezione dedicata alla realtà virtuale presenta invece tutta una serie di problematiche diverse. Per la totale immersività che la caratterizza – e che la distingue invece dalla realtà aumentata – richiede che il fruitore indossi un visore apposito. Tuttavia, il contatto con il volto risulta rischioso a causa dei possibili contagi, dato che si presuppone che più persone utilizzino le stesse periferiche. Per questo motivo, la Biennale Cinema ha deciso di adottare due soluzioni per questa particolare sezione del festival.

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Una Biennale Virtuale: la Venice VR Expanded

La prima soluzione è rappresentata dalla Venice VR Expanded, che sposta interamente online la sezione dedicata alla realtà virtuale. Per questa edizione, il concorso Venice VR lascia la sede presso l’isola del Lazzeretto Vecchio per approdare su un terreno interamente virtuale, accessibile solo con degli accrediti speciali. Tramite l’accredito speciale è possibile accedere a questa sezione e visionare da casa i film selezionati con il proprio visore personale.

La seconda soluzione è l’istituzione di un Venice VR Expanded Lounge. Si tratta di una rete satellite di enti in cui sarà possibile visionare le opere in concorso nello stesso periodo di svolgimento della mostra. Tramite questo decentramento, la Biennale Cinema raggiunge diversi obiettivi. Il primo tra tutti è una ramificazione in grado sia di raggiungere territori lontani – come Hangzhou in Cina – sia di rafforzare la rete sul territorio, collaborando con enti come il Museo M9 di Mestre, il primo museo interamente digitale d’Italia. Il decentramento è da circa cinquanta anni uno dei punti cardine della Biennale; il fatto che in un periodo di crisi sia stato raggiunto con un progetto VR è emblematico e apre anche ad una serie di questioni riguardanti il futuro di questa arte.
Inoltre, in questo modo la tecnologia VR risulta accessibile anche per coloro che non possono permettersi un visore di proprietà e diviene più facile gestire l’igienizzazione delle periferiche.


Sicuramente, questa scelta rappresenta ben più di una risposta alla pandemia. Si tratta di dare credito a un’arte che sempre più si è intersecata alle nostre vite e che ormai sta prendendo piede anche nel cinema. Non a caso, il curatore della sezione VR scelto da Alberto Barbera è Michel Reilhac, attualmente uno dei più grandi esperti di realtà virtuale.

Cinema virtuale: realtà vicina o lontana?

Secondo una recente intervista rilasciata da Michel Reilhac, la pandemia da Coronavirus che ha colpito il globo ha in qualche modo accelerato un processo di ricerca già in atto. Ci siamo rifugiati nel digitale per sentirci meno soli, ma comunque non sempre è bastato. Viene da chiedersi dunque se sarebbe stato più semplice combattere la solitudine se fosse stato possibile immergersi totalmente in una realtà virtuale. Questa domanda se la sono posta anche molti sviluppatori, motivo per il quale secondo Reilhac potremmo essere in grado di utilizzare il linguaggio del corpo nella realtà virtuale tra appena due anni, tale è stata la spinta provocata dalla pandemia.

Questa immersione è la chiave di lettura del cinema virtuale. La VR e il cinema sono due arti distinte, ma proprio per questo la loro contaminazione risulta così interessante da meritare una sezione dedicata alla Biennale Cinema da quattro anni a questa parte. La realtà virtuale non soppianterà il cinema, sarà piuttosto la rappresentazione di un lato diverso dello stesso mondo. Il pubblico potrà godersi la storia raccontata da un film, ma potrà anche viverla in prima persona, cogliendo aspetti che prima non potevano essere narrati. Si tratta di un’arte che può essere complementare al cinema, ma rimane sostanzialmente diversa. Ecco perché i film in realtà virtuale in concorso vengono raccolti nella sezione Venice VR.

Molti prevedono la morte del cinema in pochi anni, altri lo danno praticamente per spacciato. Altri ancora ritengono che possa rivivere soltanto con un ritorno ai drive-in. Mentre fuori infuria la polemica, la Biennale decide come sempre di dare una scossa e scommettere sul futuro. Quello che ci presenta quest’anno la Biennale Cinema 2020 è un accesso digitale ad un mondo virtuale. Si tratta di una nuova modalità non solo di fare cinema, ma anche di esplorarlo e viverlo. Sicuramente la realtà virtuale ha ancora un lungo cammino davanti a sé e ancora non possiamo nemmeno immaginarne le possibilità, ma certo è che la Biennale è riuscita a dimostrare al mondo che il cinema non solo è ancora in grado di parlare, ma si sta evolvendo.

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Alessia Zannoni

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