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Spettacolo

Tenet: il blockbuster nolaniano è il film della ripartenza post-lockdown

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Anastasia Piperno

Come sappiamo, il cinema ha subito una battuta d’arresto durante l’emergenza pandemica internazionale, con un tracollo economico non indifferente. L’ultimo film di Christopher Nolan, Tenet (2020), girato durante il 2019, ha subito vari rinvii nella distribuzione nel corso di quest’anno. Ciò ha creato inevitabilmente un’attesa ancora più nutrita per l’ultima fatica nolaniana. Quest’ultima non solo è l’undicesimo tassello aggiunto all’opera di uno dei registi più amati dal largo pubblico, ma è anche un segno importante della ripartenza per le sale cinematografiche internazionali.

È il primo film di grande produzione e grande richiamo a tentare di riportare il pubblico al cinema. Si tratta di una ripartenza voluta fortemente dallo stesso regista, che in un articolo del Washington Post ricorda l’importanza dell’esperienza collettiva in sala, la quale è cruciale non solo per godere della visione del film per come è stato pensato, ma è significativa per ricordare a tutti l’importanza di essere insieme, sentirsi una comunità in un tempo difficile, che ne ha bisogno come non mai.

Tenet: l’attesa è ripagata?

Tenet dunque si è caricato di numerose aspettative da parte del pubblico, e così lo stesso Nolan ha agito in grande. «It’s colossal», diceva Nolan del suo Tenet a Entertainment Weekly nel giugno scorso. Si tratta del film di sceneggiatura originale più costoso di sempre per Nolan, con 205 milioni di dollari come budget. Le premesse teoriche, per un amante del gioco cerebrale come Nolan, questa volta si superano per complessità. Non sono trascurabili nemmeno le estensioni cercate dalla realizzazione di tale gioco: «We shot in seven countries, all over the place, with a massive cast and huge set pieces. There’s no question, it’s the most ambitious film we’ve made» dice la produttrice Emma Thomas a IndieWire. Non manca, quindi, lo spettacolare, per quel che è forse il film d’azione in verità più scopertamente tale di Nolan. Il rischio in cui è incorso il film si è realizzato per una fascia importante degli spettatori, tra pubblico e critici: non riuscire a mantenere il grandioso alone costruito attorno a sé, sia volontariamente per la campagna di marketing enigmatica e misteriosa, sia per cause di forza maggiore, come sopra accennato.

Foto: rivistastudio.com

La sensazione comune a molti spettatori, infatti, è che il film non possa incidere la memoria collettiva, creando un rumore roboante al suo apparire (e questo è ben ricercato anche dal prepotente sound mixing…), per dissolversi abbastanza in fretta nella post-visione. Tenet infatti riesce ad essere al contempo complesso e tutto sommato lineare. Potrebbe essere accostato a Inception per le ambizioni di spy-movie, di grande scatola cinese d’azione, senza averne la stessa efficacia nemmeno sul piano di più palese interesse per Nolan: il fascino dell’idea architettata, sempre spiegata a profusione dai suoi personaggi per consentire al maggior numero possibile di spettatori di seguirla e partecipare ai suoi sviluppi. E bisognerebbe ricordare che Inception non convinse nemmeno tutti nella sua coerenza interna.

Abbiamo infatti parlato ai tempi dell’uscita di Dunkirk di quali siano le caratteristiche più ricorrenti ed essenziali del cinema di Nolan, che generano sia amore che odio nella vastità del suo pubblico. Tenet le ha ancora tutte, comprese le verbosità. La differenza infatti è che se Dunkirk nelle sue caratteristiche radicali riusciva a superare molti comuni difetti del regista, questo Tenet non riesce a fare la stessa cosa, rischiando al contrario di scivolarvi con tutto sé stesso.

Leggi anche: Nolan torna al cinema con Dunkirk: conferme e novità.

Tenet assomiglia a un film della serie di James Bond: un agente segreto, una missione da compiere, viaggi intercontinentali, sequenze di pura azione. D’altronde Nolan non ha mai nascosto l’ammirazione per i film dell’agente segreto 007, e tanti si son chiesti se prima o poi non sarebbe toccato a lui girarne uno. In un certo senso Tenet è proprio il risultato atteso dell’ipotesi di un Bond movie col marchio nolaniano. Su questo argomento si rimanda a delle note di approfondimento già affrontate da Movieplayer sui richiami di Tenet al filone di 007, come anche ad Alfred Hitchcock.

Foto: cinema.everyeye.it

Si scorge anche un altro elemento che viaggia di pari passo con Bond in Tenet, e al contempo ha già molti precedenti nella carriera registica di Nolan: il genere supereroistico. L’agente segreto protagonista (John David Washington, figlio di Denzel Washington) si ritrova catapultato in una missione dai contorni enigmatici. Ha con sé come indicazione una sola parola: «tenet». Toccherà a lui, di sezione in sezione, individuare il perché e il percome di ciò di cui si deve occupare, arrivando a comprendere la portata della sua operazione, in cui è a rischio l’intera umanità.

Personaggi come pedine

Può ricordare la trilogia de Il cavaliere oscuro nel percorso del regista: anche in Tenet infatti il protagonista deve opporsi a un antagonista nichilista e di intenti distruttivi in grande scala, di nome Sator (Kenneth Branagh), ben lontano tuttavia dal carisma di un Joker. Non è errato vedere una possibile ispirazione anche a Thanos degli Avengers.
L’agente non agisce semplicemente sotto mentite spoglie, ma non ha affatto alcun nome proprio, un’importante differenza rispetto a Bond. Anche Bruce Wayne rimaneva nell’anonimato, nonostante la presenza del “nomignolo” che identificava la sua maschera. Restavano tuttavia dettagli della sua vita privata e personale, del suo passato traumatico, dei suoi conflitti. Con il personaggio di Washington in Tenet, invece, si è più dalle parti dell’ultima evoluzione apportata da Dunkirk. Infatti anche in Dunkirk i vari personaggi, puntini in mezzo alla confusione e all’orrorifico caos, oltre a non avere dei nomi, non avevano alcuna personalità definita e non avevano un passato da raccontare allo spettatore. Vigeva solo il puro presente, colmo di tensione, di puro istinto alla sopravvivenza.

Foto: collider.com

Qualcosa di ciò passa anche in Tenet. Non si sa alcunché del passato del protagonista, né alcun dettaglio significativo della sua vita al di fuori della missione che sta portando avanti. Si può rintracciare una sorta di struttura essenziale narrativa, risalente alla fiaba: un eroe, un cavaliere senza nome, uno scudiero, un antagonista, una figura femminile contesa, da salvare. Sono costruzioni fondamentali usate, d’altronde, per controbilanciare l’elemento più “cervellotico” del discorso di Tenet, dando degli elementi stilizzati per facilitare l’immersione da parte del grande pubblico nella storia.

I personaggi di Tenet sono pure pedine nello schema d’azione totale, che riveste molto più interesse per il regista che ne tiene le fila rispetto a qualsiasi individualità psicologica. Il taglio netto nella costruzione dei personaggi usato in Dunkirk, che tuttavia ne risultava beneficiato, qui si risolve nella preoccupazione di una pura funzionalità: chi, cosa, come, dove quando, con qualche perché. Il film è una sequenza pragmatica di tasselli, uno dopo l’altro, di rincorsa dell’obiettivo. Inizia senza perdere tempo e non smetterà di correre da quel momento, fino alla fine, con quella sonora già conosciuta in Dunkirk di continuo stimolo nervoso allo spettatore, con bassi molto potenti, se non strabordanti. Non a torto si è definito Tenet un film “muscolare”.

Inevitabilmente i detrattori di Nolan, che lo accusano di sempre di fare opere fredde, senza reale linfa vitale, troveranno in Tenet un film del tutto arido. Il mélo, inserito ad esempio in Inception o Interstellar, qui passa nella storia di prigionia e sfruttamento di Kat (Elizabeth Debicki), e del suo amore materno per il figlio – che non compare praticamente mai. Il risultato è abbastanza approssimativo e fiacco, e di nuovo pare inserito per essere utile come motivazione di Kat per determinazione azioni cruciali nella scacchiera del film.

Foto: cinemablend.com

Rimane però un punto ricorrente il valore familiare e comunitario di Nolan. Era presente in Interstellar, è il punto d’approdo di Cobbs in Inception, è la lotta del guardiano Batman per Gotham. Qui assume proporzioni da racconto epico, che attraversa confini non solo spaziali, non riguardando più una comunità circoscritta o il proprio nucleo familiare, ma anche confini temporali, tra presente e futuro. La stessa figura femminile, spesso depositaria di una sacralità di questi valori e messa puntualmente in pericolo da avidi disfattisti e corrotti, torna ancora in Kat, che diventa parte integrante della missione di salvataggio. Non può che richiamare la stessa preoccupazione di Nolan, riversata nell’affluenza nelle sale cinematografiche, di non disgregarsi in presenza di una minaccia agli equilibri internazionali, ma di mantenere saldo il senso dei legami collettivi.

Leggi anche: Batman al cinema, parte 2: Christopher Nolan e la trilogia perfetta.

I poteri del cinema

E, come Nolan voleva, il ritorno alle sale doveva essere l’occasione di una distensione, di un divertimento ricco di stimoli sensoriali. Lo si evidenzia già dalla rinnovata scelta di girare con pellicola da 70 mm e IMAX. Il cinema a fiato corto nolaniano qui è del tutto confermato, come già anticipato prima dalle corse di Tenet. Lo spettatore inevitabilmente sarà a sua volta sfiatato dallo stare dietro ai passaggi veloci delle sequenze narrative, caricate spesso di teorie di fisica teorica. Nolan si serve di un dialogo tra una scienziata e il protagonista, durante la scoperta di quest’ultimo di proiettili a entropia inversa. La prima suggerisce di non tentare di capire, ma di sentirlo istintivamente. Il suggerimento colto da molti è che tale consiglio sia rivolto anche allo spettatore, tant’è che il film richiede la sua costante attenzione, di novità in novità in ogni scena, e dunque lascia la possibilità di rivedere lo schema complessivo del tutto a eventuali seconde visioni. C’è anche la possibilità che il bombardamento sensoriale, adoperato dalla cosiddetta parte “muscolare” che anima il cuore del film, sia anche fatto per distogliere l’attenzione proprio da ciò che, in una seconda analisi, potrebbe non quadrare nei meccanismi interni della narrazione.

Foto: empireonline.com

L’idea di Tenet aveva tenuto impegnata la mente di Nolan già da cinque anni. Costituisce, in effetti, un possibile punto massimo del suo interesse verso il tempo. È curioso allora ricordare che già in Memento il cineasta aveva costruito una narrazione di cronologia inversa, facendo incontrare due punti estremi temporali della narrazione al centro. Ecco che dunque il regista lavora ancora più in grande pensando un’intera struttura cinematografica palindromica, che non coinvolge più soltanto una ricostruzione mnemonica di eventi, ma si insedia sia nella relazione temporale tra gli eventi, che nella stessa fisica delle cose, dei movimenti e degli scenari spettacolari di Tenet. La stessa parola tenet (traducibile come “guida”) è palindroma, e tutto il film fa riferimento al Quadrato di Sator, un’iscrizione latina, a sua volta uno schema complessivo palindromico di significato ancora discusso e oscuro. È utile pensare che il significato dell’espressione cambia, se letto da un lato all’altro, così come è importante il punto di vista in Tenet. Un’interpretazione della frase è: «Il seminatore decide i suoi lavori quotidiani, ma il tribunale supremo decide il suo destino», che potrebbe trovare terreno fertile per l’interpretazione della lotta intrapresa in Tenet, dei legami generazionali, come del ruolo stesso del libero arbitrio e del destino. Per chi ama trovare indizi per ricostruire una grande massa speculativa, come succede sempre spesso per i fan di Nolan, questo elemento da solo potrebbe motivare a ulteriori visioni.

Nolan dunque si serve, come sempre, dei poteri del cinema per inscenare dimensioni alternative, esperimenti sulla temporalità che sfidano l’ordinario, colorando sequenze di azione con movimenti fisici inversi. È proprio nella credenza del cinema come macchina sensazionalistica, atta a generare magie, stupori, per quanto scomposti cerebralmente dai personaggi, che poggia il cinema commerciale di Nolan. Questo pare davvero muovere la sua volontà e lo rende tanto attrattivo, come elemento distinto, nell’industria cinematografica attuale. Si serve di un’idea sfidante e ardita, e un marchingegno narrativo devoto all’intrattenimento come mezzo per dispiegare questa idea. Resta da stabilire se il fiato corto e l’esecuzione narrativa di Tenet si sposino davvero bene con le potenzialità delle sue teorie fisiche.

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Anastasia Piperno

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