Oggi, per theWise incontra, andremo ad approfondire una realtà affascinante come quella del futsal. Più conosciuto in Italia come calcio a cinque, il futsal è uno sport più di nicchia rispetto al calcio, ma che a livello di spettacolo non ha niente da invidiare alla sua versione a undici, anzi. Abbiamo deciso di affrontare questo argomento con Aldo Spadoni, ex-giocatore proprio di calcio a cinque che ha militato in Serie A, vestendo anche la maglia degli Azzurri del futsal. L’intervistato ha fondato, assieme a un altro socio, una società di calcio a cinque a Reggio Emilia nell’estate del 2012, l’Athletic Futsal. Approfitteremo della presenza di Aldo Spadoni anche per fare il punto su quella che è la situazione del futsal in Italia, cercando anche di capire come funziona una programmazione, trovando anche delle similarità con le realtà di calcio a undici. Anche perché molti calciatori, italiani e non, sono partiti proprio dal calcio a cinque per poi arrivare a livelli altissimi nella variante a undici. Non è sempre però che un giocatore di futsal arrivi a grandi livelli, anzi, Anzi, il più delle volte, accade l’esatto contrario. Giocatori di potenziale inespresso che abbandonano l’attività. Molte volte si fermandosi all’età di sedici anni, quella considerata “del salto”, dove si può diventare ottimi giocatori di futsal o di calcio a undici, ma le probabilità sono comunque ridotte. Abbiamo parlato di questa problematica proprio con lui.
Beh la differenza principale, ovviamente, è che si gioca in cinque e non in undici. Questo comporta una dinamica di gioco completamente diversa rispetto a quella che è il calcio a undici. Nel futsal praticamente non hai un margine d’errore, perché uno sbaglio può costare un gol. Cosa che invece in una partita di calcio a undici, puoi rimediare, perché hai altri nove che corrono assieme a te, mentre logicamente nel calcio a cinque, le persone che possono correre e rimediare al tuo errore sono meno. Per quanto riguarda la programmazione della crescita di un calciatore, il futsal è fondamentale ed è una sorta di palestra per il gioco del calcio. Fin da piccoli, chi impara a giocare a calcio a cinque, lavora molto di più sull’aspetto tecnico e di affiatamento, rispetto a quanto si lavora nel calcio in determinate caratteristiche. Ed è proprio uno dei limiti del calcio, perché molte squadre invece di puntare a crescere dei giocatori dando loro dei fondamentali importanti a livello di tecnica, lavorano più sulla fisicità, a discapito di caratteristiche tecniche che a lungo andare possono risultare determinanti nella crescita e nell’esplosione di un talento giovane.
Assolutamente, proprio per quello che ho detto in principio sul margine d’errore. Inoltre, il futsal ti aiuta a migliorare le basi, e a lavorare sull’affiatamento tra i ragazzi in campo, molto più di quanto accade nel calcio a undici, dove si lavora più sul poter sostenere uno sforzo fisico più prolungato. Soprattutto il futsal ti porta a lavorare molto più sui fondamentali, cosa che per cui le scuole calcio sono abbastanza lacunose, perlomeno in Italia. Basti pensare che in Olanda, in Spagna, ma in generale nei paesi del nord, istruiscono i ragazzini prima di andare a giocare a calcio a undici, facendoli giocare a cinque. Poi una volta fatta una trafila, vengono inseriti in un sistema di calcio a undici, per cui gli vengono assegnati dei ruoli. C’è chi farà il terzino, chi il mediano, chi l’ala, e così via. Infatti non è una novità che molti ragazzi arrivano a essere molto tecnici, bravi a calciare sia di sinistro che di destro, ad appena sedici anni, età giovanissima e cruciale per determinare l’esplosione di un talento del pallone. Proprio questo è il limite del calcio ed è il limite del futsal stesso, perché molti calciatori, una volta raggiunta quell’età, se non fanno il salto di qualità, sono inclini ad abbandonare l’attività sportiva, e tutto questo è un peccato. Così facendo i giovani non trovano gli spazi necessari per dimostrare il proprio valore, perché i ragazzi sono volenterosi e hanno tanto da dare, bisogna solamente dargli delle chance.
È difficile, ma i numeri delle rose sono ridotti. Alla fine, rispetto al calcio a undici, per iscrivere una rosa di calcio a cinque ci vogliono meno persono delle venti, venticinque richieste per completare una rosa di calcio a undici. È capitato per caso che ho trovato un gruppo di ragazzi di sedici anni che giocavano tra di loro al campetto, a cui suggerii di formare una squadra. Così facendo abbiamo cementato un gruppo affiatato, che tra le mille difficoltà di gestione di una società, ha vinto numerosi titoli a livello CSI e UISP. Conta che da quando abbiamo fondato la squadra, abbiamo perso solo due partite, e per giunta ai calci di rigore in Supercoppa. Praticamente non abbiamo mai perso nei tempi regolamentari. Ma nonostante ciò, le società dilettantistiche come la nostra non hanno la ricchezza e i vantaggi di società più affermate, e quindi risulta più difficile creare un “bel giocattolino” come il nostro. Anzi, la vedo grigia per il futuro.
Sì, è uno scenario assolutamente concreto. Del resto, i protocolli che ci sono arrivati per poter disputare delle partite – per carità, giusti eh – ci danno comunque poche sicurezze per cui agire e praticare il nostro sport in sicurezza, sia per l’incolumità nostra che per quella degli altri. Di chi viene a giocare in trasferta, dei nostri giocatori, del nostro staff e di tutte le famiglie coinvolte. La realtà a livello amatoriale è ben diversa rispetto a quella a cui siamo abituati, rispetto ai giocatori controllati sistematicamente con tamponi e sierologici. Noi, come società dilettantistica non abbiamo i soldi per permetterci un medico sociale, né tantomeno un responsabile Covid. Non possiamo correre il rischio di giocare in una palestra – come quella di una scuola, ad esempio – dove la sanificazione non può essere garantita. Anche perché non ci sono eventuali assicurazioni che ci coprono per contagi legati al Covid. Ci sarà da aspettare, e anche tanto, prima di poter rivedere il campo. E mi dispiace tantissimo perché questa malattia comunque ha rovinato il lavoro di otto anni bellissimi. Ma allo stesso tempo, come detto prima, non possiamo mettere a rischio l’incolumità di chi gioca. In fin dei conti, io giocatore non conosco te avvesario, e di questi tempi, non essendoci una sicurezza completa, sono contrario a giocare.
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