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Spezia, matricola già scudettata

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Riccardo Angori

La Serie A riparte con la nuova stagione questo fine settimana. E tra le sue venti squadre ai nastri di partenza c’è una società che può considerarsi neopromossa in tutto e per tutto. Nella sua storia centenaria infatti non era mai stata in grado di arrivare nella massima serie. Fino alla vittoriosa finale play off contro il Frosinone, che ha premiato la società ligure dello Spezia, che ha regalato agli aquilotti la prima volta in Serie A.  Record anche per la regione Liguria, che per la prima volta può schierare ben tre squadre nel massimo campionato. I bianconeri dello Spezia si aggiungono alle veterane Sampdoria e Genoa, e tutte e tre le compagini si sfideranno in questo campionato nel derby del Mar Ligure, la Lanterna di Genova contro le Cinque Terre.

Ma sebbene sia la prima volta dello Spezia in Serie A, gli aquilotti possono annoverare uno “scudetto” nel proprio palmares, rivendicato con orgoglio.

 

La tifoseria dello Spezia durante una coreografia

 

La Spezia, dove il calcio nacque due volte

Come di consueto a inizio novecento, i primi gruppi che si riunivano per giocare al giuoco del calcio spesso si ritrovavano sulla locale Piazza d’Armi, e a La Spezia accadde ben due volte. Una prima volta nel 1906, dove nella Piazza d’Armi lo Spezia Sport Club giocò qualche amichevole contro diversi equipaggi di marinai di passaggio. Ma la voglia di calcio era tanta, e nel 1911 nacque lo Spezia Football Club, tra cui spiccò Alberto Picco. Picco, primo capitano della compagine spezzina e primo marcatore della storia della società, purtroppo non riuscì a vedere la propria squadra esordire nei campionati professionistici. Chiamato sul fronte negli alpini, morì in combattimento sul Monte Nero durante la Prima Guerra Mondiale.

Con il ritorno della pace in Europa e la ripartenza dei campionati sportivi, lo Spezia esordì nel girone ligure del Campionato di Promozione 1919-1920. Che fu vinto al primo colpo ottenendo la promozione in Prima Categoria. Che fu giocata con i nuovi colori sociali, con le maglie bianche al posto del celeste che ha caratterizzato i primi anni della compagine, per omaggiare la squadra più forte dell’epoca, la Pro Vercelli. Gli aquilotti negli anni venti diedero vita a campionati turbolenti, caratterizzati da molti spareggi salvezza e da una squalifica del campo molto lunga.

Quella occorsa nella stagione 1922 – 1923, in seguito al derby ligure contro il Genoa. Una vera e propria rissa tra le due tifoserie, che culminò con diversi sostenitori a fare un bagno fuori programma nel Lagora, da cui scampò l’arbitro della partita, Crivelli. Il quale fu accompagnato in tutta fretta a Sarzana a prendere il primo treno in partenza. Ma i fatti incresciosi diedero luogo a una squalifica record per l’epoca. Lo Spezia di fatto non potè più giocare una partita casalinga al Comunale per un anno intero. Però tutto ciò non è stato di certo la cosa più turbolenta che sia capitata agli aquilotti.

La guerra e il campionato

Un salto temporale ci porta alla stagione 1943-1944. Un periodo denso di preoccupazioni e pericoli, come l’Italia divisa in due dallo sbarco degli alleati a sud e dalla neo costituita RSI nel nord della penisola. Ma i funzionari federali della FIGC rimasti nella Repubblica Sociale Italiana riuscirono ad organizzare un Campionato di divisione nazionale misto valevole per la stagione 1943-44.

Le tre squadre vincitrici delle tre fasi regionali si sarebbero sfidate tra di loro nelle finali per l’assegnazione del titolo di Campione d’Italia. Durante i mesi di preparazione del campionato lo Spezia era stato costretto a sospendere l’attività, a causa della cattura e invio nei campi di concentramento in Germania del presidente Perioli. Un’intuizione dell’unico dirigente rimasto, Semorile, cambiò le carte in tavola e permise alla squadra di poter giocare quella stagione surreale. Un accordo tra Semorile e il comandante dei Vigili del Fuoco di La Spezia, l’ingegner Gandino, permise ai giocatori spezzini di poter giocare nella Divisione Nazionale sotto le insegne del Gruppo Sportivo 42º Corpo dei Vigili del Fuoco, che ingaggiò l’allenatore Barbieri e tutti i giocatori dello Spezia Calcio con l’impegno di restituirli alla società “vera” al termine del conflitto.

I VV.FF dello Spezia vincitori del torneo del 1944

Stratagemmi e pronostici ribaltati

Uno stratagemma replicato da altre società di calcio, come la Juventus e il Torino, che divennero rispettivamente Cisitalia e Torino Fiat. Questo perché permise alle società di sottrarre i calciatori agli obblighi del servizio militare, facendoli diventare operai indispensabili come nel caso di Juventus o Torino, o Vigili del Fuoco come per i giocatori dello Spezia. Che sovvertirono i pronostici.

Le partite giocate durante il campionato furono caratterizzate dalla paura. La paura dei rastrellamenti dei tedeschi e quella dei bombardamenti degli alleati, eppure il Campionato di Alta Italia continuò a svolgersi fino alle fasi finali del luglio 1944, in cui si sarebbero affrontate per il titolo Torino, Venezia e Spezia. E nel torneo finale giocato a Milano, gli aquilotti ebbero la meglio sui veneziani e sui granata, che potevano già annoverare nella rosa buona parte dell’ossatura del Grande Torino reso immortale da Superga nel 1949.

Lo scudetto vinto in tempo di guerra non fu riconosciuto in un primo momento dalla FIGC. Partendo dall’illegittimazione del mandato degli organizzatori del torneo,  proseguendo attraverso numerosi dibattiti che ebbero luogo nel dopoguerra in merito alla legittimità del campionato 1943-1944. I detrattori sostenevano che il campionato fosse da considerare irregolare per l’assenza delle squadre dell’Italia del centro sud, oltre al fatto che il torneo fu organizzato dalla RSI a fini di propaganda. Per contro, gli spezzini replicarono a più riprese che il disconoscimento del campionato potesse essere stato causato dalle pressioni dei dirigenti del Torino, e che l’assenza delle squadre del centro sud non fosse un elemento rilevante per invalidare il torneo vinto dalla compagine spezzina.

Scudetto sì, scudetto no, titolo onorifico!

Il tira e molla tra FIGC e Spezia è durato per più di cinquant’anni, fino al gennaio del 2002. Il 22 gennaio fu reso noto il risultato dei lavori della commissione ad hoc creata ad aprile del 2000 che avrebbe dovuto mettere fine alla questione una volta per tutte. La Federazione pur non riconoscendo il torneo 1943-1944 come un’edizione del campionato italiano di calcio ha comunque deciso di assegnare un titolo sportivo onorifico allo Spezia. Il titolo è ufficiale, ma non equiparabile allo scudetto, e può essere apposto permantemente sulle divise sociali a ricordo dell’impresa sportiva compiuta nell’Italia lacerata dalla guerra civile. Il distintivo speciale, che si compone di un ovale tricolore con il trofeo e l’anno 1944, è di fatto paragonabile alla stella valida per i dieci scudetti vinti o al multiple-winner badge posto sulle maniche delle squadre europee vincitrici di più di cinque Champions League complessive.

Spezia, ora la Serie A

Lo Spezia alza il trofeo dei playoff dopo il ritorno contro il Frosinone.

Dopo decenni passati nelle serie inferiori, è arrivato il momento della Serie A. Una promozione arrivata sotto la guida dell’allenatore Vincenzo Italiano, riconfermato sulla panchina a discapito della chiamata da Genova sponda grifone. Per Italiano si tratta della seconda promozione consecutiva, dopo quella della stagione 2018-2019 con il Trapani dalla Serie C alla B. La carriera di Italiano come allenatore è solo agli inizi, dopo la carriera da centrocampista passata a Verona. Ma alla guida della squadra spezzina ci sono i presupposti per togliersi altre soddisfazioni, confidando nei giovanissimi ma titolari inamovibili della passata stagione di Serie B chiusa al terzo posto con 61 punti. Nella rosa agli ordini di Italiano spiccano tutt’ora Giulio Maggiore, che diede scalpore per il rifiuto della convocazione al mondiale di categoria per sostenere la maturità e Emmanuel Gyasi, autore della rete promozione e desideroso di far bene anche nel salto di categoria. Forse allo Spezia mancherà l’esperienza data la media età molto bassa (23 anni), z.

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Riccardo Angori

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