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Curiosità

Il tiki-taka è morto? Lo abbiamo chiesto ad alcuni giornalisti sportivi

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Claudio Agave

La strana stagione appena terminata – e ironicamente già cominciata in tempi record – ha rappresentato una frenata importante per l’idea di gioco del tiki-taka, almeno per i due tecnici che in questi anni sono stati individuati maggiormente come i tenori di questa particolare opera musicale. Pep Guardiola e Maurizio Sarri, per motivi diversi, sono usciti dalla stagione precedente con le ossa rotte. Il loro calcio è sembrato a tratti molto fragile e decisamente poco spettacolare rispetto alle esperienze passate. L’impressione principale resta quella di due tecnici che, paradossalmente, paiono aver già dato il meglio sulle panchine (Barcellona e Napoli, of course) in termini di gioco.

In generale, il tiki-taka e il calcio di possesso stanno lasciando sempre più spazio a dinamiche diverse, a volte riciclate dal passato e altre adattate a un presente che può diventare futuro. E che forse non vede più di buon occhio il possesso insistito le trame di gioco continuate. Abbiamo dunque posto a talentuosi esponenti del giornalismo sportivo italiano ed europeo una domanda semplice quanto irruenta: il tiki-taka è morto?

Il tiki-taka è morto? Lo abbiamo chiesto ad alcuni giornalisti sportivi

Francesco Fontana (La Gazzetta dello Sport)

«Credo che questo tipo di gioco lo possano fare una o due squadre sul pianeta Terra. Penso al Barcellona di Guardiola o anche al suo Manchester City. Il discorso è semplice: per cosa lo fai? Per lo spettacolo o per le coppe? Se dobbiamo parlare di Guardiola nello specifico, poi, dopo l’addio al Barcellona in Europa ha preso solo ed esclusivamente schiaffi. In un campionato su 38 gare vince chi è più forte, ma nella gara secca le cose cambiano.

L’Inter del Triplete era un meraviglioso esempio di calcio, non era spettacolare ma aveva una fase difensiva meravigliosa e un gioco offensivo strepitoso. Per quanto mi riguarda quella squadra è stata ciò che si avvicina maggiormente all’idea di calcio vincente. Anche Simeone in questi anni è stato etichettato come catenacciaro ma è sbagliato oltre che assurdo. L’Atletico non solo si difende benissimo ma attacca pure con qualità. Il catenaccio non si vede da anni, in Italia e in Europa.

Credo che il guardiolismo (se così lo si può chiamare) funzioni solo con alcuni giocatori e ritengo che oggi sia un credo superato. Basta guardare come giocano il Bayern Monaco e l’Atalanta. Credo che quello degli orobici sia, in questo momento, l’esempio del miglior calcio possibile».

Alessandro Iori (DAZN)

«Il tiki-taka come siamo abituati a intenderlo non va associato a Guardiola ma al suo Barcellona. Quel tiki-taka finisce quando lui va via. Era un tipo di controllo del ritmo della partita che veniva permesso da giocatori del calibro di Iniesta, Xavi o Sergio Busquets, palleggiatori che gestivano la sfera in orizzontale e in maniera ravvicinata per poi accelerare e sorprendere le difese avversarie. Già il Guardiola del Bayern Monaco è diverso nei concetti, non aveva quel tipo di giocatori a disposizione. La squadra era più verticale e alla ricerca di velocità nell’area avversaria e aveva una proposta offensiva più ampia sulle fasce con Robben e Ribery. Al Barcellona invece l’unico che partiva esterno era Messi, per poi accentrarsi.

È vero che con il Manchester City Guardiola ha speso molto ma secondo me non ha mai avuto la squadra più forte o comunque quella giusta per arrivare in finale. Ha avuto sempre una grande squadra, ma non sono mai state colmate le vere lacune del City. A livello difensivo è sempre mancato qualcosa, perché Stones e Laporte non si sono affermati del tutto dal punto di vista europeo. Peraltro è mancata anche la leadership di Kompany, molto importante a livello caratteriale. Davanti ha grandi giocatori come Aguero, Sterling e Gabriel Jesus, ma non c’è il giocatore alla Messi o alla Ronaldo che garantisca di esserci sempre nel momento decisivo.

Al netto di questo, non credo che Guardiola sia in declino, così come non lo è il suo tipo di gioco. Però in questi anni sono aumentati i tecnici che hanno capito come rispondere. Inizialmente lo si affrontava come ha fatto Mourinho, abbassandosi un po’ e chiudendo gli spazi. Ora gli allenatori non solo si difendono ma gli ripartono addosso. In questo senso Klopp è la nemesi di Guardiola: con il suo controgioco ha fatto proseliti, ciò che ha prodotto con Borussia Dortmund e Liverpool contro il Bayern e il City del catalano sta trovando altri imitatori. Detto questo, nel nuovo millennio Guardiola ha fissato lo standard di gioco: o si fa calcio alla sua maniera o al contrario. Guardiola è sicuramente l’allenatore più incisivo nella storia del calcio dal 2000 in avanti».

Leggi anche: Allenatori anziani che ce l’hanno fatta.

Claudio Pellecchia (Rivista Undici; Esquire)

«Se riferito a Guardiola, il tiki-taka non è mai esistito. Il tiki-taka è narrazione semplicistica di chi non conosce il juego de posición catalano-olandese. In realtà a essere morta è proprio questa narrazione artefatta e stereotipata, non il sistema degli allenatori cui è erroneamente riferita. Al di là di questo, è un parere che si sente ormai dal 2013: basterebbe questo a trarre delle conclusioni».

Cédric Canale (Sud Ouest Bordeaux)

«Io non credo che il tiki-taka sia morto ma che abbia bisogno di modernizzazione, come quella che Guardiola stesso mise in atto con il suo Barcellona e che aveva conquistato tutto e tutti, trofei e critica. Il Barcellona sembra un po’ perso da alcuni anni, soprattutto senza Xavi e Iniesta. Gli allenatori passano ma le difficoltà ad altissimo livello restano. Sembrano in un limbo tra passato e presente. Contro il Bayern la tattica del 4-4-2 voleva adattarsi all’alta intensità ma non sono riusciti a seguire il ritmo degli avversari. Il 2-8 maturato è spettacolare, resterà un simbolo. C’è il dubbio di cosa succederà con Koeman.

Diciamo che si è verificato un po’ lo stesso problema per il gioco più difensivo di Mourinho e Simeone. Sono riusciti a lottare contro il tiki-taka ma, dopo tanti anni, gli altri hanno trovato il modo per contrastare questo gioco. Ora c’è il Bayern che nel 2020 è un esempio incredibile per la sua capacità di cambiare ritmo e di soffocare gli avversari.

Leggi anche: Atletico Madrid, il manifesto del Cholismo.

Veniamo da alcuni anni in cui il pressing e la verticalità sono più efficienti, ora è la nuova moda. Insomma, il famoso gegenpressing della scuola tedesca, che attualmente vede a capo Klopp e Nagelsmann. Ora tutti difendono, anche i centravanti. Con Guardiola quasi tutti pressano quando perdono il pallone per riprenderlo il più in alto possibile, ma lo si fa per costruire. I gol con tutti gli undici giocatori che toccano il pallone nella stessa azione sono bellissimi, è vero. Ma adesso il pressing a tutto campo è la strada per trovare spazi nella transizione.

Il possesso palla, di fatto, non conta più. La Francia campione del mondo è stata un po’ così. Fredda, equilibrata, solida e poi volta a cercare velocemente il talento in avanti di Griezmann e Mbappé. Il che sembra un peccato, con giocatori così. Però i risultati arrivano, al contrario di Spagna e Germania che invece non vincono più.

Abbiamo visto anche allenatori che hanno cambiato per una via di mezzo tra obbligo e volontà. Sarri non è riuscito a portare il suo sarrismo alla Juventus (ed è stato difficile anche al Chelsea), Tuchel non fa né tiki-taka né gegenpressing, cerca di cambiare spesso modulo per mettere i suoi gioielli nelle condizioni migliori di gioco. Guardiola stesso ha scelto di adattarsi al Lione giocando 60′ con tre centrali e senza Bernardo Silva, Mahrez, David Silva. E i suoi giocatori sono parsi smarriti. C’è da dire che quello che sta avvenendo in questo post-lockdown è relativo. Il livello fisico tra le squadre sembra diverso, le difficoltà di possesso a tutto i costi però non arrivano da questa stagione.

Non esiste una ricetta unica per vincere. Per esempio, anche Conte non fa né tiki-taka né gegenpressing, ha un gioco tutto suo. Cerca di costruire dal basso ma anche di fare un pressing importante e di trovare subito spazi sugli esterni e in avanti. Spesso ci chiediamo quando nascerà un nuovo tiki-taka e chi sarà il suo fautore. Ma è una domanda alla quale adesso non possiamo rispondere, bisognerà vedere poi».

FOTO – Twitter Mancheste City

Jvan Sica (Quattro Tre Tre; Letteratura Sportiva)

«Diciamo la verità, il tiki-taka non è morto perché non è mai esistito. Prima di tutto perché si chiama juego de posición e poi perché è solo un modello possibile di approccio a questo sviluppo tattico. Guardiola con il Barcellona ormai più di dieci anni fa ne ha proposto un modello in cui il possesso palla a basso ritmo era possibile grazie ai centrocampisti che aveva a disposizione e serviva soprattutto in ottica difensiva. Tanti altri allenatori e lo stesso Guardiola hanno poi riproposto il modello con varianti molto diverse, in cui si è evidenziata la verticalità, oppure il tentativo di essere sempre ordinati per una riconquista rapida del pallone, o anche quello in cui tutto si decideva nei mezzi spazi di rifinitura. Il tiki-taka è come quando chiamarono la Coca-Cola “New Coke”. Dicevano che era diversa ma dentro c’era la stessa cosa».

 

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