Si è conclusa la 107esima edizione del Tour de France, che ha incoronato per la prima volta nella storia uno sloveno: Tadej Pogačar. Il nativo di Komenda ha vinto tutto: maglia gialla, maglia bianca e maglia a pois. Doveva essere una Grande Boucle strana e lo è stata. Dalla grande noia delle prime dieci tappe fino ai colpi di scena della terza settimana e in particolare della penultima tappa. Come spesso accade sulle strade francesi, i Pirenei hanno fatto capire chi non avrebbe vinto il Tour e le Alpi hanno decretato le gerarchie vere e proprie. Da un punto di vista “geografico” abbiamo osservato uno status quo oramai consolidato che vede gli sloveni e i sudamericani (oltre ai big britannici, che però non erano presenti) una spanna sopra gli altri nei grandi Giri.
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La prima settimana: il nulla cosmico
Una prima settimana così noiosa non si vedeva da un po’ di tempo alla Grande Boucle. Per questa edizione, gli organizzatori hanno adottato una strategia diversa dal solito, ossia quella di introdurre tappe di montagna già nelle fasi iniziali della corsa. Con l’arrivo a Orcières-Merlette, in una frazione nel ricordo di Luis Ocaña, si è messo in mostra il favorito numero uno della vigilia Primož Roglič. Per il resto, però, gli unici exploit degni di nota sono stati quelli del belga Wout van Aert, che ha dimostrato una condizione di forma da numero uno della classe. Per quanto riguarda la classifica generale, l’unica tappa interessante è stata la settima, da Millau a Lavaur, che ha messo in difficoltà alcuni big, tra cui lo sloveno Tadej Pogačar, a causa di un forte ventaglio ai meno 40 chilometri dal traguardo.
Da rivedere anche la scelta di inserire abbuoni su alcuni gpm posti lontani dall’arrivo che al posto di rendere la scalate cardiopalma hanno avuto l’effetto contrario, neutralizzando i movimenti dei big. Ciò che abbiamo visto è stato comunque un dominio del Team Jumbo-Visma con Tom Dumoulin, uscito presto di classifica, a fare da gregario d’eccellenza al capitano Roglič. Sul piano dello spettacolo va assolutamente fatto un plauso al vincitore della maglia gialla Tadej Pogačar che prima della giornata di pausa si è mosso in prima persona per recuperare i secondi persi a Lavaur ed è riuscito a vincere una bella tappa a Laruns, rimontando nel finale Marc Hirschi.
Accenni di spettacolo dopo la pausa a La Charente
Le frazioni poste dopo la prima giornata di pausa sono state, come spesso accade, teatro di grandi volate e di tentativi di fughe da lontano. Tra gli sprinter si sono messi in mostra il vincitore della maglia verde Sam Bennett, uno dei grandi promossi di questo Tour de France, e il “folletto” australiano Caleb Ewan, oramai diventato l’uomo da battere nelle volate a pieni ranghi. Notevole è stata anche la vittoria di Marc Hirschi a Sarran Corrèze dopo un’azione d’altri tempi. Lo svizzero è sicuramente uno dei ciclisti più interessanti nel panorama mondiale e sembra aver fatto quel salto di qualità dopo una carriera stellare tra gli Under 23, conclusa con un titolo europeo e uno iridato in linea.
La prima frazione che ha creato scompigli nella classifica generale è stata la tredicesima, con il primo arrivo nella storia a Puy Mary Cantal. La tappa è andata al colombiano Dani Martinez che a cento metri dal traguardo ha lasciato sul posto il tedesco Lennard Kämna, portando a termine una bella fuga. Ma la vera bagarre è stata dietro, tra gli uomini di classifica. Le pendenze ripide del gpm di prima categoria hanno tagliato fuori dalla corsa al podio i francesi Guillame Martin e Romain Bardet (quest’ultimo ritiratosi qualche giorno dopo), e soprattutto hanno evidenziato una forma non ottimale del campione uscente Egan Bernal. Chi invece è uscito vincitore dalla seconda settimana è stato proprio Primož Roglič che, assieme al connazionale Tadej Pogačar, ha incrementato il suo vantaggio in classifica generale.
A stravolgere le gerarchie, come da pronostico, è stata la tappa con arrivo sull’hors catégorie del Grand Colombier (17,4 km al 7,1% di media) vinta ancora da Pogačar. A pagare dazio sono stati i due campioni colombiani Nairo Quintana ed Egan Bernal, arrivati rispettivamente con 3’50” e 7’20” dallo sloveno e usciti definitivamente dalla corsa al podio.
I fuochi d’artificio della terza settimana
Come da tradizione, la terza settimana è stata quella che ha deciso il Tour de France. La prima sorpresa è arrivata la mattina del 16 settembre, a poche ore dall’inizio della tappa “regina”, quando il Team Ineos ha reso noto il ritiro del capitano e campione uscente Egan Bernal, finito a oltre un quarto d’ora dalla zona podio. La frazione da Grenoble a Méribel ha ridisegnato la top 10 della classifica generale, eccezion fatta per i primi due posti. A vincere sull’hors catégorie del Col de la Loze è stato Miguel Angel Lopez, davanti ai soliti sloveni Roglič e Pogačar. Tra le grandi delusioni spicca quella di Mikel Landa che, dopo aver fatto lavorare per tutta la giornata il Team Bahrain-McLaren, ha abdicato appena le pendenze sono diventate più ripide.
Molto movimentata ma con pochi stravolgimenti di classifica anche la frazione successiva da Méribel a La Roche-sur-Foron che ha visto alzare le braccia al cielo Michał Kwiatkowski. L’ultima vera tappa chiave di questo Tour è stata la cronoscalata con arrivo a La Planche des Belles Filles posizionata il giorno prima della “passerella” di Parigi sui Campi Elisi. Doveva essere una tappa per rinforzare definitivamente la maglia gialla di Roglič e invece è successo di tutto. Grazie a un capolavoro che entrerà di diritto nella storia dello sport, Pogačar ha recuperato i 57 secondi di svantaggio e si è preso di forza il primato in classifica e la virtuale vittoria del Tour de France. Grande prova a La Planche anche del nostro Damiano Caruso, che riporta un italiano nella top 10 del Tour dopo aver scalzato il campione del mondo 2018 Alejandro Valverde dalla decima posizione.
Il podio:
Tadej Pogačar 84h 26’ 33’’
Primož Roglič +59’’
Richie Porte +3’ 30’’
Promossi e bocciati di questa Grande Boucle
Gli anni Dieci sono stati caratterizzati dal dominio indiscusso del Team Sky (poi Ineos) nelle grandi corse a tappe. La squadra di Wiggins, Froome e ora di Bernal è stata per molto tempo considerata una delle migliori della storia per la qualità impareggiabile dei gregari a supporto del capitano. In questa edizione abbiamo visto una squadra che ha rievocato il Team Sky dei tempi d’oro: la Jumbo-Visma.
Il team olandese ha portato al Tour de France una corazzata davvero imbattibile. Oltre al leader Primož Roglič abbiamo visto all’opera a supporto dello sloveno un certo Tom Dumolin, vincitore del Giro d’Italia 2017 e campione del mondo a cronometro nello stesso anno; Wout Van Aert, l’uomo del momento, capace di vincere due tappe dopo l’estate storica con le vittorie alla Strade Bianche e alla Milano-Sanremo; Tony Martin, cronoman che ha fatto la storia del ciclismo; e altri ottimi ciclisti come George Bennett e il promettente Sepp Kuss. Non hanno vinto il Tour solo a causa di un Tadej Pogačar stratosferico, ma per quanto riguarda lo spettacolo sono stati i miglirori.
Un altro atleta che ha entusiasmato il pubblico in questa Grande Boucle è stato Marc Hirschi. Lo svizzero classe 1998 è considerato l’erede di Fabian Cancellara e per ora il peso del paragone non sta gravando sulle gambe del talento di Berna. Nei prossimi anni sarà uno dei big nelle gare di un giorno, e attenzione al Campionato mondiale di Imola dove un’azione potrebbe provarla. Bene anche Julian Alaphilippe che ha regalato emozioni al pubblico francese (e non solo) come solo lui sa fare.
Abbiamo detto poc’anzi che la Jumbo-Visma ha ricordato il Team Ineos, ma quest’ultimo è stato la delusione del Tour 2020. La scelta di lasciare a casa Froome e Thomas per puntare tutto su Bernal la stanno pagando a caro prezzo. Con grande classe, pochi giorni fa, il keniano bianco ha dichiarato di non essere in grandi condizioni, ma di certo non avrebbe fatto peggio di Bernal, ritiratosi dopo una débâcle clamorosa. Tra gli Ineos si salva l’ecuadoriano Carapaz che ha dimostrato grande tenacia durante tutto il Tour. Dopo il ritiro del suo capitano, Carapaz ha cercato ripetutamente una fuga da lontano per rendere meno amara la sconfitta. Tentativo portato a termine nella diciottesima frazione, vinta dal compagno di squadra Kwiatkowski in un arrivo in parata dei due fuggitivi. Se Carapaz non fosse andato al Tour con chiari compiti da gregario, una top 10 l’avrebbe potuta portare a casa.
Last but not least, Tadej Pogačar. Non servono grandi parole per descrivere l’enfant prodige sloveno. Ha vinto tutto: maglia gialla, maglia bianca e maglia a pois. Il futuro è suo.
Probabilmente non ci ricorderemo di questo Tour de France per le grandi sfide cardiopalma, ma lo spettacolo della cronoscalata con arrivo a La Planche è stato uno dei più belli del terzo millennio. Tuttavia, la 107esima edizione della Grande Boucle passerà alla storia per aver portato sul gradino più alto del podio un ciclista sloveno che nei prossimi anni sarà il dominatore assoluto dei grandi Giri di tre settimane. Tra pochi giorni inizierà il Giro d’Italia e sarà un’altra grande emozione per gli appassionati di ciclismo.