Distribuito a livello internazionale sulla piattaforma Netflix dal 9 settembre, il film francese Cuties (Mignonnes in originale) ha suscitato da subito numerose polemiche. Il film, scritto e diretto da Maïmouna Doucouré, ha per protagonista Amy, una ragazzina di undici anni di origine senegalese che vive nella periferia di Parigi. Costretta a guardare la madre soffrire per la poligamia del marito e soffocata dalle rigorose regole della sua comunità religiosa, Amy, come spesso capita in adolescenza, inizia a provare una crescente attrazione verso un gruppo di coetanee dall’atteggiamento disinibito e sprezzante.
Il gruppo di ragazzine in questione si sta preparando a una gara di danza il cui stile e le cui movenze sono molto più adulte e spregiudicate. Per questo motivo Amy e le sue nuove amiche iniziano ad adottare una serie di comportamenti provocanti che si riflettono anche nel loro abbigliamento, in totale contrasto con l’ingenuità che dovrebbe caratterizzare la loro fase di pre-pubertà.
Un ruolo importante in questa trasformazione viene giocato dai social network, strumenti che, per la loro natura di vetrina senza confini, amplificano la sensazione di successo e riconoscimento del quale i più giovani sono le vittime perfette.
Con Cuties, Maïmouna Doucouré firma la prima regia di un lungometraggio dopo il grande successo ottenuto nel 2017 dal corto Maman(s), presentato in numerose e prestigiose rassegne come il Toronto e Sundance Film Festival e vincitore del Premio César, equivalente francese degli Oscar. Nell’opera distribuita da Netflix ritornano ambientazioni e temi già affrontati in Maman(s) e molto cari alla regista, cresciuta anche lei in un sobborgo parigino da una famiglia musulmana, che attinge quindi al proprio bagaglio di esperienze personali anche nell’affrontare un tema delicato come la poligamia. Per Cuties (tradotto in italiano con Donne ai primi passi) la regista stessa ha dichiarato di aver tratto ispirazione da un talent show che seguiva da bambina.
Il film sarebbe dovuto uscire nelle sale francesi, unico Paese in cui Netflix non ha acquisito i diritti, a partire dal 1 aprile 2020 ma, causa pandemia, ha subito uno slittamento al 19 agosto.
Critiche e controversie
Con l’acquisto dei diritti della pellicola da parte di Netflix e le immagini scelte come locandina per la campagna di promozione, è iniziata fin da subito una serie di polemiche che ancora si susseguono con fervore. Infatti, con l’accusa di sessualizzare l’immagine di un gruppo di undicenni, l’associazione statunitense conservatrice Parents Television Council ha richiesto a gran voce l’eliminazione del film dall’offerta della nota piattaforma di streaming. È anche nata una petizione su Change.org, che ha raccolto più di seicentomila firme, per esortare gli utenti a cancellare la propria sottoscrizione a Netflix sostenuta dall’ascesa dell’hashtag #CancelNetflix su Twitter. Tutto ciò ha portato l’azienda statunitense a dover cambiare l’immagine lancio scelta con una meno provocante e più rappresentativa dello spirito del film. Ma, sotto accusa, rimane il fatto che la pellicola contenga delle immagini molto esplicite in cui la figura delle protagoniste è fortemente sessualizzata in quanto il ballo da loro eseguito in una delle scene chiave contiene delle movenze molto erotiche che si rifanno alla simulazione di un atto sessuale.
Come conseguenza il film ha ricevuto numerose segnalazioni per contenuto offensivo arrivando a essere eliminato da alcuni cataloghi come quello della Turchia. In America Cuties è stato definito da molti politici, tra cui Ted Cruz, senatore texano, film pedopornografico a cui ha fatto coro lo stesso Donald Trump jr., figlio del Presidente, che in un evento elettorale in Arizona ha dichiarato che giustificare Cuties è come giustificare la pedofilia.
Tutto ciò ha portato a formalizzare una vera e propria azione penale nei confronti di Netflix da parte di una gran giuria del Texas per la raffigurazione e esibizione di immagini offensive e volgari. Nonostante ciò lo stesso Ted Sarandos, uno dei padroni di Netflix, in un’intervista della scorsa settimana ha continuato a difendere il contenuto del film sostenendo che non sia stato pienamente compreso da una certa fascia di pubblico. Maïmouna Doucouré ha inoltre confessato di aver ricevuto addirittura minacce di morte e attacchi sui social media.
L’alto numero di polemiche sollevate ha portato la pellicola anche a ricevere un punteggio molto basso su piattaforme come IMDb ma, come sottolinea anche la cineasta francese, molte delle persone che hanno inizialmente preso parto alle controversie sull’uscita probabilmente si sono fermate solo al materiale pubblicitario della pellicola senza visionarla per intero.
Rappresentazione come critica della realtà
L’intento del film, infatti, è esattamente quello di denunciare l’ipersessualizzazione delle adolescenti presentandola sul grande schermo così come avviene nella realtà. La pellicola è effettivamente pensata appositamente come una denuncia contro il tipo di società in cui le bambine di oggi vivono e si muove nella narrazione basandosi su meccanismi che purtroppo caratterizzano la nostra quotidianità. Ogni adolescente o pre-adolescente ha indubbiamente accesso ad una serie di contenuti in cui la figura femminile viene costantemente sessualizzata e grazie a questo ottiene successo. Tutto ciò, oltre che su social e internet, avviene da sempre persino nei programmi televisivi trasmessi anche in prima serata.
Doucouré descrive con un occhio molto attento il meccanismo psicologico a cui va incontro il gruppo di undicenni in cui la costruzione del sé è in una delle fasi più delicate e in continuo divenire. In questa età il processo di identificazione e di emulazione assume un ruolo di primo piano che viene costantemente amplificato dalle dinamiche su cui si basa l’utilizzo dei social network.
La regista ha spiegato di essersi impegnata nell’instaurare un clima di piena fiducia con le attrici protagoniste durante le riprese, nella consapevolezza delle motivazioni sottostanti la scrittura del film. La sceneggiatura è inoltre figlia di una ricerca di più di un anno sul tema dell’esposizione che, attraverso i social media, subiscono bambini e adolescenti a contenuti di fascia adulta e immagini a carattere sessuale. Ciò che ne consegue, soprattutto per le giovani di sesso femminile, è il pericoloso assioma che la figura sessualizzata della donna è da tenere come riferimento idealizzato e che porta al maggior raggiungimento di consensi e rinascimento.
Mignonnes tenta quindi di alzare un dibattito costruttivo su tutto questo ma in molti hanno preferito additarlo come problema invece che come specchio dello stesso, dimostrando un atteggiamento più conservatore che rischia di soffocare la libertà creativa di un’autrice premiata anche dall’Academy Women’s Initiative.