In Italia esistono regioni la cui appartenenza politica è radicata nel tempo. Una tra queste è proprio il Veneto. Questa regione da anni mostra il suo consenso verso la Lega. Ciò è stato dimostrato nell’ultima schiacciante vittoria di Luca Zaia in regione Veneto. Luca Zaia, alle scorse regionali, è infatti stato riconfermato per la terza volta nella carica di Presidente della Regione. Un trionfo di voti, il 76,79%, che ricorda a tutti come questo partito di centrodestra sia il favorito dai veneti. Il suo sfidante, Arturo Lorenzoni del centrosinistra, ha infatti totalizzato un misero 15,72%.
Il consenso nei confronti di Zaia in regione Veneto è sicuramente dovuto anche alla sua capacità, durante la pandemia, di aver gestito egregiamente l’emergenza sanitaria: gli si devono dare tutti i dovuti meriti al di là delle simpatie politiche. Anche Fontana fa parte della Lega, ma come purtroppo tutti sappiamo le cose in Lombardia sono andate ben peggio. Ma la vittoria di Luca Zaia in regione Veneto non nasce solamente da questo. L’appartenenza politica del Veneto alla Lega ha infatti radici ben più profonde.
C’è Lega e Lega
Chi pensa che il partito chiamato Lega sia un unico ma grande calderone ne conosce solo la storia attuale.
Quella che noi oggi infatti conosciamo come Lega nasce nel 1980, quando a Padova Achille Tramarin e altri tredici soci fondatori diedero vita a quello che poi sarebbe diventato un partito in grado di esercitare una grande presa sociale. La Lega che oggi conosciamo nacque con il nome di Liga Veneta. Così com’è nato, questo movimento ottenne quasi subito – cioè nel 1983 – un risultato elettorale che appare poco significativo ma che in realtà è tutto il contrario. Solamente tre anni dopo la sua fondazione ricevette su base nazionale lo 0,34% dei consensi. Ciò gli permise di eleggere un deputato (sempre Achille Tramarin) e un senatore (Graziano Girardi).
Ma è nelle circoscrizioni venete che questo dato va riletto, perché nel 1983 la Liga Veneta ricevette il 4,22% dei consensi. Ciò coincise con la perdita del 7,55%, sempre di consensi, della DC. È questo il maggior momento di gloria del partito, momento che però coincide anche con il suo progressivo sgretolarsi a favore del rapido aumento di consensi della Lega Nord.
I primi passi di Luca Zaia in regione Veneto
Piano piano la Liga Veneta si fece strada a livello sia regionale che nazionale. Nel 1989 la Liga Veneta fu uno dei partiti che fondò la Lega Nord, con l’allora presidente federale Marilena Marin. Solamente tre anni dopo, la Lega Nord ottenne i primi risultati elettorali degni di nota: nel 1996 ottenne il 10,1% di preferenze, fino ad allora il suo massimo storico elettorale. In ciò la Liga Veneta divenne la sezione nazionale più forte con il 29,7% di voti. Nel 2002 Luca Zaia in regione Veneto ottenne le sue prime soddisfazioni politiche. Vinse infatti le provinciali a Treviso, nonostante quello non fosse un anno particolarmente favorevole per la Lega. I risultati elettorali di quell’anno, infatti, riportano solamente il 3,9% della quota proporzionale, con solamente 47 parlamentari eletti. Attualmente la Liga Veneta si pone solamente come un’articolazione territoriale della Lega Nord.
Caratteristiche e differenze: la lingua veneta
Nonostante storicamente la Lega Nord nasca come costola della Liga Veneta, i due movimenti presentano parecchie differenze. Innanzitutto sono diversi i loro principi ispiratori. La Liga Veneta infatti è un movimento che combina la spinta verso il federalismo fiscale con «la valorizzazione della civiltà, cultura e storia dei veneti e in particolar modo della repubblica serenissima di Venezia, nel rispetto e nella collaborazione con tutti i Popoli, vicini e lontani, fedeli agli esempi e alla storia dei nostri avi». L’attaccamento alla storia e alla cultura veneta è un punto forte della Liga, che dà alla sua regione l’importanza, sotto un punto di vista sia storico che culturale, di una nazione.
La questione della lingua veneta era inoltre molto sentita dai fondatori del movimento. Come riporta Paolo Natale, docente dell’Università degli Studi di Milano in un suo articolo per la Fondazione Feltrinelli, «uno dei tratti distintivi in particolare della Liga Veneta, molto più degli altri movimenti autonomisti, è quello dell’unità linguistica. Il dialetto veneto viene identificato come la base simbolica della differente etnia: non per nulla il gruppo storico della Liga aveva maturato una decisiva esperienza nella Società Filologica Veneta, impegnata a valorizzare la cultura, la storia e la lingua veneta».
“Questione settentrionale” vs “questione meridionale”
La Lega Nord invece nasce, e si pone fino al 2016, come un partito indipendentista al celebre grido di «Roma ladrona». Una delle prime questioni poste da questo partito è la contrapposizione tra la “questione settentrionale”, cioè la messa in luce di alcune politiche messe in atto dal Governo a sfavore del Nord, e la “questione meridionale”, cioè la persistente arretratezza nello sviluppo di alcune regioni meridionali. È evidente come questo movimento si ponesse l’obiettivo di marcare le differenze, con una certa tensione allo scontro tra ideologie avverse. Attualmente le sue tendenze ideologico-politiche vanno verso il federalismo, il regionalismo, il nazionalismo e il sovranismo con l’obiettivo di tutelare gli interessi dell’Italia settentrionale, cioè la Padania. Generalmente, la Lega Nord è riconosciuta come un movimento populista di destra.
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Lo stretto legame tra i veneti e la Lega
Per capire la transizione del voto veneto da Liga Veneta a Lega Nord è necessario trarre una conclusione logica: la Liga ha avuto inizialmente parecchio successo ma la sua voce si è successivamente fatta sempre più flebile lasciando il posto alle urla di protesta della Lega Nord, sempre più sonore e rumorose. I veneti hanno iniziato a votare Lega Nord perché il successo di questo movimento poteva dare ai loro interessi attenzione e respiro a livello nazionale, quindi non più solamente locale come stava facendo la Liga Veneta. La veloce ma progressiva “scomparsa” sull’orizzonte politico nazionale della Liga Veneta ha fatto sì che i voti si riversassero automaticamente nella Lega Nord.
I veneti, quindi, rimangono fortemente attaccati alla Lega. Le ragioni di tutto ciò vengono analizzate in Veneto Agro. Operai e sindacato alla prova leghismo, un’indagine svolta da Alessandro Casellato e Gilda Zazzaro in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari e la Flai-Cgil del Veneto e di Treviso. Questa trattazione parte da un contraddizione fondamentale in seno ai veneti: la doppia appartenenza di gran parte della popolazione a organizzazioni sindacali come la Cgil ma al contempo a partiti politici di destra, in particolare appunto la Lega Nord. «Il voto operaio alla Lega Nord è dunque un fenomeno ormai stabile e strutturale, che confuta la rappresentazione semplicistica, a lungo dominante, di un partito espressione dei ceti medi emergenti, degli imprenditori rampanti, del “popolo delle partite Iva”», riportano gli autori.
Chi sono i veneti rappresentati dalla Lega?
Quindi non è il ceto medio emergente quello sul quale la Lega ha fatto più presa, ma un altro. Come riporta Veneto Agro, la Lega ha saputo rappresentare politicamente le “periferie produttive”. Si tratta dei grandi centri periferici dove vivono moltissimi operai. La Lega ha saputo inoltre «lenire il senso di spaesamento indotto dalla “grande trasformazione” del territorio»; trasformazione iniziata negli stessi anni della nascita della Lega. Ecco la radice del legame Lega-Veneto: nei pieni anni della trasformazione urbana del Veneto ciò che la Lega ha saputo fare è «avere consentito, o accompagnato, la promozione sociale e politica di ceti a loro volta periferici che attraverso la Lega hanno avuto la possibilità di accedere senza più intermediari alle leve del potere». Nemmeno la Democrazia Cristiana, che in Veneto aveva sempre avuto grande presa, c’era riuscita. Chi era il cuore pulsante della produttività industriale aveva quindi trovato una voce politica.
«Parlano come loro, si fidano»
A questo proposito è degna di nota una delle testimonianze che Veneto Agro ha raccolto. A parlare è Bruno Rivoli che nel 2009 era delegato sindacale Cgil presso la fabbrica di confezionamento Pasta Zara (TV). Bruno ha origini siciliane, è nato a Enna, e vede quindi con occhi diversi la commistione fabbrica e Lega. Le sue parole sono dure ma incisive: alla domanda su quale clima politico si respirasse nella sua azienda, Bruno risponde: «perché sono leghisti? Perché i leghisti li conoscono di persona, sono sul territorio, parlano come loro, si fidano […]. Questa è una realtà di piccoli comuni, conoscono solo i leghisti […]. E poi c’è una totale mancanza di una alternativa seria e rappresentativa, la sinistra non ha offerto niente che attirasse il Nord, i veneti, la Lega invece sì, parla alla pancia della gente […]».
Le parole di Bruno sicuramente fanno emergere il lato populista del voto alla Lega e la volontà di farsi rappresentare politicamente in quanto parte del cuore pulsante della produttività del Nord. Allo stesso modo, però, emerge l’attaccamento istintivo dei veneti a questo partito: la volontà di essere rappresentati da qualcuno con cui si condividano origini, odio, cultura e interessi.
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