Un Giro d’Italia a ottobre non si era mai visto. Inizialmente, in molti hanno fatto fatica a immergersi nel mood della corsa rosa posta in un periodo in cui di norma si corre la “classica delle foglie morte”, il Lombardia. Il giorno dopo l’inizio del Giro d’Italia 2020, il mondo del ciclismo è rimasto di stucco vedendo il neo-campione del mondo Julian Alaphilippe farsi beffare sul traguardo della Liegi-Bastogne-Liegi dallo sloveno Primož Roglič. Ciononostante, è stata una corsa quantomai divertente, imprevedibile ed emozionante, che ha completamente ribaltato, per vari motivi, le aspettative della vigilia. A trionfare dopo le classiche 21 tappe è stato Tao Geoghegan Hart, che si è vestito di rosa in centro a Milano scrivendo il suo nome sul Trofeo senza fine. Ripercorriamo le fasi principali di queste tre settimane che, dopo il digiuno del 2019, hanno riportato un britannico nell’élite del ciclismo mondiale.
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Così come alla Grande Boucle 2020, anche al Giro gli organizzatori hanno inserito frazioni molto impegnative già nella prima settimana. Tuttavia, a differenza della Francia (dove i leader si sono studiati fino a metà Tour), le tappe sicule hanno dato subito riscontri importanti in chiave classifica generale, pur non essendo particolarmente spettacolari. La cronometro iniziale è stata letteralmente dominata dal nostro Filippo Ganna, fresco campione del mondo nelle prove contro il tempo, che ha indossato la prima maglia rosa dalla 103esima edizione del Giro. Durante la cronometro è uscito dalla corsa López, gregario di lusso di Fuglsang, caduto per colpa di una distrazione contro le transenne e portato subito in ospedale.
La terza tappa con arrivo in cima all’Etna è stata quella che ha influenzato tutto il resto della corsa. Il britannico Geraint Thomas, favorito numero uno della vigilia, è caduto rovinosamente rimediandosi una frattura al bacino. Sempre in quella frazione, il principale outsider secondo i bookmakers, Simon Yates, è andato in crisi perdendo oltre tre minuti dai big e quattro dal vincitore di tappa Caicedo. Pochi giorni dopo, Yates si è dovuto ritirare dal Giro poiché è risultato positivo al Covid-19. La prima settimana si è poi conclusa in sordina, senza particolari emozioni, con la tappa di Roccaraso vinta dal portoghese Guerreiro, che ha consegnato la maglia rosa al suo giovane connazionale João Almeida.
Tra il giorno di pausa e la ripartenza di martedì 13 ottobre si sono verificati altri casi di positività al coronavirus. Tra gli uomini di classifica, il capitano del Team Jumbo-Visma Steven Kruijswijk ha annunciato il ritiro e con lui anche tutta la squadra, mentre Michael Matthews ha dovuto abbandonare la corsa alla maglia ciclamino. Sorte simile anche per il Team Mitchelton-Scott che, dopo aver perso in corsa Yates, ha deciso di lasciare il Giro d’Italia 2020 per il contagio di altri quattro membri dello staff.
Dopo una mattinata del 13 ottobre contrassegnata dai forfait al foglio firma, la corsa rosa è ripartita con una bella frazione da Lanciano a Tortoreto vinta dal tre volte campione del mondo Peter Sagan, autore di un’azione che ha rievocato il suo periodo di massimo splendore. Il giorno dopo c’è stata l’ennesima prova di forza di Arnaud Demare che ha vinto per la quarta volta in volata al Giro 2020 dimostrando di essere, ad oggi, il miglior velocista al mondo. I veri fuochi d’artificio si sono visti però nel weekend, tra sabato 17 e domenica 18. Nella cronometro individuale da Conegliano a Valdobbiadene ha trionfato ancora in maglia iridata Filippo Ganna, che ha dimostrato di essere il migliore al mondo nelle prove contro il tempo. Ottima anche la prestazione della maglia rosa João Almeida che ha incrementato il vantaggio su molti uomini di classifica tra cui Nibali e Pozzovivo.
La tappa che ha ridisegnato completamente le gerarchie è stata quella di domenica, con arrivo sul gpm di prima categoria di Piancavallo. A vincere è stato il britannico Tao Geoghegan Hart che si è portato al quarto posto della generale scavalcando proprio gli azzurri. Tuttavia, il vero vincitore della seconda settimana è stato Wilco Kelderman che, grazie al lavoro eccezionale del Team Sunweb e del suo gregario di lusso Jai Hindley, ha recuperato tutto il margine da Almeida portandosi a soli 15 secondi. Male sul traguardo di Piancavallo i senatori del gruppo Nibali e Fuglsang che sono finiti rispettivamente a 3 e a 5 minuti dalla maglia rosa.
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Dopo la frazione friulana di martedì 20, che si è conclusa con quella che gli appassionati di ciclismo definiscono “fuga bidone”, sono arrivate le tappe con salite che hanno fatto la storia di questo sport. L’arrivo a Madonna di Campiglio non ha detto nulla in termini di classifica generale e a detta di molti è stata una delle frazioni più noiose del Giro 2020. Ma dopo la noia è arrivata la tempesta: lo Stelvio ha stravolto il 103° Giro d’Italia. La tappa regina di 203 chilometri ha visto i ciclisti affrontare lo Stelvio (Cima Coppi di questo Giro) e la salita che ha portato all’arrivo ai Laghi di Cancano.
Risulta difficile riassumere la frazione numero 18, ma proviamo a fare un recap. La maglia rosa Almeida ha perso subito le ruote dei migliori e alla fine è arrivato a quasi 5 minuti dal vincitore di giornata Jai Hindley. Male anche Nibali, che ha abbandonato ogni speranza di gloria finendo a circa 6 minuti dalla nuova maglia rosa: Wilco Kelderman. L’olandese della Sunweb è stato al centro di una vera telenovela con la sua ammiraglia. Infatti, dopo aver perso terreno dal compagno di squadra Hindley e da Geoghegan Hart, ha d’improvviso rallentato l’andatura perdendo oltre un minuto in discesa quasi in segno di protesta verso il team, più propenso a curare la situazione dell’australiano in testa alla corsa. A fine tappa comunque Kelderman si è vestito di rosa, per un soffio, rimanendo con un vantaggio esiguo di circa 12 secondi dagli stessi Hindley e Geoghegan Hart.
La tappa numero 19 da Morbegno ad Asti doveva essere un semplice trasferimento prima della frazione decisiva con arrivo al Sestriere (già privata dell’Izoard e del Colle dell’Agnello). Tutti si aspettavano una grande volata dopo una giornata di tranquilla. Ma così non è stato, anzi. Venerdì 23 ottobre è andata in scena una vera crisi diplomatica, con alcuni ciclisti che hanno chiesto a gran voce di ridurre il chilometraggio della tappa per le condizioni atmosferiche apparentemente difficili. Neve e ghiaccio? No, solo un bel po’ di pioggia. Insomma, niente che non si fosse già visto e, soprattutto, niente di così apocalittico da creare veri disagi a dei professionisti. Dopo un mezzo sciopero, la tappa è stata ridotta di cento chilometri tra le ire di alcune squadre e degli alti vertici del Giro. Risultato: tante polemiche inutili e una pessima figura.
Dopo le discussioni interne in casa Sunweb e le ire di Mauro Vegni, il Giro 103 è ripartito con le due frazioni che hanno a tutti gli effetti deciso la corsa rosa. La tappa con il Sestriere ha reso noto l’inevitabile ossia che il Giro d’Italia 2020 era una questione a due tra l’australiano Jai Hindley e Tao Geoghegan Hart. Grazie a un super lavoro di Rohan Dennis, Hindley e Geoghegan Hart hanno staccato la maglia rosa Wilco Kelderman, lasciando poche possibilità di replica all’olandese e al gruppetto dei top 10. La tappa è stata vinta in volata dal londinese mentre Hindley si è vestito di rosa per pochi centesimi. Alla partenza dell’ultima frazione, la cronometro con arrivo a Milano, i due contendenti avevano esattamente lo stesso tempo. Per questo, la prova contro il tempo ha decretato il nuovo vincitore del Giro 2020.
La cronometro da Cernusco sul Naviglio a Milano invece ha confermato tutto quello che era stato pronosticato. La vittoria di tappa è andata a Filippo Ganna che con il successo davanti al Duomo si è portato a casa la quarta vittoria al Giro d’Italia. Per quanto riguarda la generale c’è stato l’ennesimo cambio in vetta, ma ce lo si aspettava: Tao Geoghegan Hart ha vinto la corsa rosa! Partiva da favorito nel testa a testa contro Hindley, e infatti non c’è stata storia. Con un vantaggio di circa 30 secondi, il venticinquenne Geoghegan Hart è diventato il secondo britannico a vincere il Giro dopo Chris Froome.
Il podio:
1° Tao Geoghegan Hart
2° Jai Hindley
3° Wilco Kelderman
La corsa rosa di quest’anno va assolutamente “presa con le pinze”. La calendarizzazione forzata che l’ha inserita a pochi giorni dalla fine del Tour, in parziale concomitanza con la Vuelta e con due classiche monumento nelle tre settimane (Liegi e Fiandre), non ha di certo aiutato. Si è discusso molto in questo mese di uno scarso livello del Giro d’Italia 2020. A primo impatto potrebbe risultare una considerazione razionale, tuttavia è necessario inquadrarla al meglio. Già negli ultimi anni il Giro ha subito una lieve flessione a sfavore della Vuelta. La grande corsa a tappe spagnola di recente ha “superato” il Giro, storicamente più duro e spettacolare, sul piano dell’appeal, diventando informalmente la seconda corsa di tre settimane nel panorama internazionale, dopo il Tour. Anche per questo fattore, l’inserimento della corsa rosa tra Tour e Vuelta ha influito sulle scelte dei ciclisti e dei team.
I big del ciclismo hanno puntato fortemente sul Tour de France, in particolare gli sloveni e i sudamericani. Chi si è trovato in deficit di condizione ha preferito aspettare e dedicarsi alla Vuelta: si veda Chris Froome. Al Giro, invece, inizialmente, si è partiti con due uomini super favoriti (Thomas e Yates), entrambi ritirati dopo poche tappe. Con il ritiro dei due britannici, la top 10 della generale ha visto un grande rimescolamento delle gerarchie, con solo un ciclista già vincitore di almeno un grande giro in carriera: Vincenzo Nibali. Inoltre, nessun atleta tra i primi dieci aveva mai ottenuto un podio nelle corse di tre settimane.
In riferimento a quanto detto poc’anzi, ci sono due linee di pensiero che proviamo a spiegare. La prima è quella che si basa sulle carriere degli atleti, mai realmente in lotta per vincere un grande giro, che di conseguenza attribuisce a questa edizione della corsa rosa una basso livello in termini di talento. Per certi versi questa linea non può essere totalmente smentita. Tuttavia, è necessario osservare anche le età dei ciclisti. Almeida, che ha mantenuto per molti giorni il primato, è un classe 1998, coetaneo di Pogačar per intenderci, e un anno più giovane di Bernal. Magari non sarà ai livelli dei vincitori degli ultimi due Tour, ma stentiamo a credere che in carriera non possa ottenere almeno un altro podio in un grande giro.
Discorso simile anche per Kelderman che, pur essendo più maturo, aveva già quattro top 10 nelle grandi corse a tappe prima del Giro 2020. Stesso dicasi per il vincitore Geoghegan Hart e Hindley, che nei prossimi anni saranno ai vertici del ciclismo mondiale.
L’altra linea è quella della difesa “a spada tratta” del Giro 2020. Da Piancavallo in poi, in difesa di un ipotetico alto livello in questa edizione del Giro, sono state tirato in ballo comparazioni a volte senza logica sui tempi delle scalate dei diversi gpm. Premettendo che questa linea non sposa l’idea di chi scrive, dire che l’atleta X nel 2020 è andato più forte dell’atleta Y nel 1995 (ma anche nel 2015) ha poco, anzi pochissimo, senso, non fosse altro per le differenti condizioni esterne.
In definitiva: è stato una bella edizione del Giro d’Italia? Paradossalmente, a detta di chi scrive, il Giro 2020 è stato più emozionante di quello del 2019. Ce lo ricorderemo come un Giro bizzarro? Senza dubbio. Ce lo ricorderemo tra dieci anni come uno dei più belli del terzo millennio? Assolutamente no. Ma in fin dei conti la corsa rosa è anche questo. Un misto di spettacolo e imprevedibilità. Chi ama il ciclismo lo sa e non cerca necessariamente delle giustificazioni. Dire che questo Giro non è stato ricco di grandi talenti è corretto, ma non cambia e non cambierà mai l’essenza di questa corsa che ha scritto la storia dello sport.
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