La pandemia da Covid-19 ha forse intensificato il fenomeno, ma l’ondata di complottismo stava già vivendo la sua età dell’oro. Talvolta la responsabilità nella diffusione di notizie false o allarmistiche è da attribuirsi alla stampa. Ma in buona parte dei casi a mettere sui social fake news o a confezionarle appositamente sono gli stessi utenti del web.
Mai come in questi mesi stiamo assistendo all’alzata di testa di gruppi di negazionisti del virus, complottisti convinti che le responsabilità siano dei fantomatici “poteri forti” e analfabeti funzionali, incapaci di discernere tra fake news e notizie.
Ci siamo infiltrati in alcuni gruppi Telegram che contano migliaia di iscritti per raccogliere le notizie (false) più incredibili, tastare gli umori degli utenti e interfacciarci con il volto più oscuro dell’informazione. Quella che sostiene di essere libera ma nasconde al suo interno pericolose frange negazioniste, quando non apertamente anti sistema e reazionarie.
La cosa che salta subito all’occhio è il forte spirito militante su cui si fondano. La scienza, la razionalità, la freddezza dei dati oggettivi non infiammano il cuore delle persone. Ma l’aggressività, la rabbia e la canalizzazione verso un nemico comune polarizzano l’attenzione di migliaia di persone. Forse non è così sbagliato, come sostiene The Vision, che il complottismo si spieghi con la volontà di ricercare un senso e uno scopo in vite spesso spente e prive di un obiettivo. Il complottismo si può spiegare sommando una quantità di fattori: isolamento sociale, ignoranza, rifiuto di colmare le proprie lacune ricorrendo allo studio e all’informazione, credenza che la conoscenza mainstream sia in qualche modo deviata e deviante.
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La “regia” dell’attentato di Vienna
Questo forte spirito di gruppo, però, non lascia spazio al contraddittorio. Sono veramente pochi i post in cui gli utenti si scambiano idee: l’impressione è che queste chat siano il megafono di pochi gruppi o figure di influencer delle fake news e che non ci sia spazio per altre idee. A questo proposito c’è una specifica da fare. Non si deve scadere nell’errore di confondere il complottismo, con le sue derive più estremiste (QAnon, No-vax, anti scie chimiche eccetera), con la “sana” dialettica che porta a mettere in discussione le disposizioni ufficiali e, soprattutto, il ruolo che l’informazione ha nel veicolare le informazioni. Ruolo che la stampa italiana sta dimostrando di non essere in grado di assolvere sempre pienamente, scadendo in pietismi, allarmismi e paternalismi.
Insomma, non è complottista chi mette in dubbio la notizia. Le notizie sono fatte per essere discusse e messe in dubbio: la pandemia ci ha insegnato anche questo. Il complottista è, invece, chi rifiuta a prescindere il dialogo e preferisce trincerarsi al di là di una barricata invalicabile di certezze e assoluti senza fondamento.
Nelle ultime ore un argomento sta polarizzando l’attenzione: le elezioni americane, con il loro risultato in bilico tra Donald Trump e lo sfidante Joe Biden.
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I “bufalari” che strizzano l’occhio a QAnon
Risulta difficile spiegare il motivo che spinge un utente del web italiano a schierarsi in maniera così partecipata, quasi partigiana, per Donald Trump. Forse la spiegazione si può trovare nella capacità di Trump di incarnare gli ideali di libertà e non ingerenza dello Stato che per gli americani sono tanto vitali e che lo stanno diventando anche nel nostro Paese. Un presidente che rappresenta allo stesso tempo l’establishment e i white trash, i dimenticati degli Stati rurali, gli operai e gli imprenditori. Un personaggio che asseconda l’anarchia sanitaria invocata dai negazionisti, mostrandosi senza mascherina e validando le ragioni più becere dell’economia prima di quelle della salute pubblica.
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Coprifuoco dalle 22.00 alle 5.00? Così il governo può installare indisturbato le antenne 5G!
La sfiducia nelle istituzioni, come dicevamo, è la culla all’interno della quale prolifera il complottismo. In un clima di comprensibile ansia e incertezza, le bufale migliori sono sicuramente quelle che ruotano intorno al tema della sanità, spesso adattandosi in base al clima sociale. Un esempio è quella sul 5G, cavallo di battaglia dei movimenti No-mask che abbiamo visto in azione anche in Italia. La convinzione è che l’installazione di antenne 5G comporti un rischio per la salute (mentre invece si tratta del contrario), ignorando l’importanza che può avere l’avanzamento nelle comunicazioni in un momento di isolamento come questo.
Se da un lato fa sorridere veder spuntare interessanti mash up di bufale (come dimenticare Bill Gates che inietta un vaccino con GPS con la complicità delle compagnie che installano la rete 5G?), dall’altro una riflessione sulla necessità di un’educazione alla notizia è d’obbligo. Non solo nei comuni cittadini, ma anche da parte della stampa. La notizia che ha tenuto l’Italia col fiato sospeso per giorni è l’annuncio del nuovo DPCM, che divide l’Italia in zone diverse per colore. Sull’entrata in vigore del decreto, sui colori, sull’assegnazione di questi alle diverse regioni si è consumato un balletto dell’informazione che non fa onore alla stampa italiana.
Liquidare con qualche meme e sfottò social i fabbricanti di bufale sarebbe un errore. Se hanno trovato terreno fertile, soprattutto in epoca di pandemia, è anche perché il posto tradizionalmente occupato dalla stampa troppo spesso è vacante.