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App Immuni – storia, resistenze e accoglienza di un’applicazione contro il Covid-19

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Alessia Zannoni

App Immuni. Due parole che sono entrate nella nostra vita da giornali, programmi televisivi e discussioni sui social. Si tratta dell’applicazione promossa dal Ministero della Salute per poter aiutare il sistema di tracciamento dei contatti all’interno dell’emergenza Covid-19. Uno strumento importante per prevenire la diffusione del virus. Nonostante gli sforzi del governo, la popolazione ha inizialmente dimostrato una forte resistenza al suo utilizzo, senza contare l’ondata di indignazione che l’ha travolta a causa delle illustrazioni che conteneva. Adesso invece la rotta sembra essere in parte cambiata e nuove collaborazioni sono emerse per pubblicizzare questo strumento.

App Immuni: come funziona?

Una delle preoccupazioni che ha investito maggiormente gli utenti riguarda l’eventuale raccolta di dati sensibili da parte dell’applicazione. L’app Immuni in realtà sfrutta una tecnologia Bluetooth Low Energy. Questo significa che l’applicazione produrrà ogni giorno diversi codici temporanei che potranno essere letti solo da dispositivi nelle immediate vicinanze che siano provvisti a loro volta di codice – ovvero, che abbiano installato l’app Immuni. Le informazioni di cui l’applicazione tiene traccia riguardano la durata del contatto e la distanza che in maniera approssimativa intercorre tra i due utenti. Non viene tenuta traccia invece dell’identità né della locazione geografica, garantendo così la massima privacy per chi la utilizza.

L’app Immuni invia una notifica nel caso in cui si entri a contatto con un positivo, corredandola di consigli su come affrontare la situazione. Come indicato sul sito ufficiale dell’applicazione, si tratta di consigli che possono sicuramente aiutare, ma devono sempre essere confermati da un medico. Uno dei problemi legati alla Bluetooth Low Energy infatti riguarda proprio la precisione relativa alla vicinanza, in quanto l’accuratezza del segnale può risentire dell’orientamento del telefono o di eventuali ostacoli – come la presenza di altre persone – tra noi e il contatto positivo.

L’accoglienza del pubblico, tra scetticismo e resistenza

Fin da subito, quelli che sarebbero dovuti diventare gli utenti di questa applicazione hanno mostrato un viva resistenza nei confronti del funzionamento dell’app Immuni. Il primo grande quesito ha riguardato la privacy. Forti dell’ondata di scetticismo verso la tecnologia che ha caratterizzato questi ultimi anni, un grido di allarme si è levato dal basso, paventando che l’applicazione raccogliesse dati sensibili. Una volta smentito ciò, si è levato un dubbio contrario: come poter essere sicuri che gli altri dichiarino il vero?

Uno dei limiti notati da molti riguardo al funzionamento dell’app Immuni risiede proprio nel fatto che sia l’utente stesso a dover segnalare nell’applicazione la propria positività. Questo non dà garanzia del venire effettivamente notificati in caso di esposizione, senza contare che per avere una copertura effettiva deve essere scaricata dalla maggioranza di chi possiede uno smartphone. Infatti, ad agosto l’applicazione contava 4.300.000 utenti, corrispondenti al 12% degli utilizzatori di smartphone tra i 14 e 75 anni. Un numero decisamente troppo basso.

Leggi anche: La percezione del Covid-19: Italia, GB, USA e Australia a confronto.

Un’applicazione sessista?

Al suo lancio a giugno, l’applicazione è stata subito fortemente criticata per le illustrazioni che accoglieva. Tra queste, due speculari che rappresentavano da una parte un uomo in telelavoro e una donna con in braccio un bambino. L’applicazione che avrebbe dovuto svecchiare l’interfaccia con il cittadino della pubblica amministrazione rivelava uno stereotipo che di nuovo aveva ben poco, purtroppo. Neanche dopo una settimana dalla bufera che aveva investito i social in merito alle illustrazioni, queste sono state invertite. Adesso è possibile trovare la donna in telelavoro e l’uomo che accudisce il bambino. Rimane da chiedersi però se, al netto dell’ondata di attenzione mediatica che ha investito l’applicazione, ci siano stati risvolti positivi. La risposta purtroppo non può che essere negativa, contando che ad agosto i dati relativi al download non erano ancora soddisfacenti.

Difficile determinare se la causa sia da ricercare in delle immagini che hanno indignato o se le persone troppo spesso si fermano all’indignarsi sui social senza poi agire effettivamente. Certo è che adesso, nel pieno della seconda ondata di Covid19, il governo abbia deciso di rimettersi in gioco con questa applicazione.

La nuova spinta per l’app Immuni

Ci troviamo a novembre e i download dell’applicazione, adesso saliti a oltre nove milioni, rimangono comunque troppo pochi per garantire una copertura efficace. Quello che secondo molti è mancata è stata una comunicazione efficace su più livelli. Innanzitutto, non c’è stata una comunicazione efficace verso i cittadini, elemento cardine nella riuscita del progetto. Anche la comunicazione tra amministrazioni sanitarie e medici di base rispetto al funzionamento è stata molto nebulosa. Infine, risultano tra gli imputati le regioni che non sono riuscite in molti casi né a coinvolgere i cittadini, né a coordinarsi con le aziende sanitarie locali.

Proprio per questi motivi probabilmente l’attenzione del governo si è spostata, cercando aiuto nel privato là dove arriva capillarmente nelle vite dei cittadini. Si tratta di una campagna di sensibilizzazione con partenza in data 16 novembre che vede coinvolte organizzazioni della grande distribuzione come Coop e Superconti. La pubblicizzazione avverrà tramite locandine e messaggi radiofonici che conterranno informazioni in merito alle funzionalità e obiettivi dell’app Immuni. Inoltre, molti negozi privati non appartenenti alla grande distribuzione hanno deciso di scaricare l’app Immuni nei telefoni aziendali, garantendo così un’ulteriore protezione ai propri dipendenti.

Leggi anche: Il punto sul vaccino per il Covid-19.

La distribuzione dell’applicazione sicuramente progredisce e i numeri, seppur ancora troppo lentamente, crescono. Sfondare la resistenza dei cittadini si è rivelata un’impresa ardua per il governo, complice forse la poca chiarezza non tanto nel funzionamento dell’applicazione in sé, quanto della comunicazione tra gli organi interessati. Ora che si è deciso di mettere in tavola un nuovo strumento per far sì che l’app Immuni arrivi a più persone possibili, e saranno i dati a rivelarci se la mossa si sia rivelata vincente o meno. Intanto occorre tenere a mente le parole del ministro Roberto Speranza, il quale ricorda che dopo il lavaggio delle mani, la mascherina e il distanziamento sociale, l’utilizzo dell’app Immuni è uno strumento importante per proteggere noi, chi ci sta vicino e la nostra comunità.

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Alessia Zannoni

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