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Esame avvocato 2020: un nuovo passo nel calvario

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Michele Corato

L’esame di avvocato, nel percorso della professione, viene visto come una vera e propria bestia nera. Terminati gli studi in giurisprudenza, infatti, per chi vuole dedicarsi alla professione forense è necessaria l’abilitazione alla professione che, nel rispetto di un regio decreto del 1933, avviene attraverso uno specifico esame, a seguito di 18 mesi di tirocinio obbligatorio. Durante la pratica forense, poi, gli aspiranti avvocati sono chiamati a una serie di incombenze presso i diversi ordini provinciali con corsi a cadenza settimanale, presenze durante un determinato numero di udienze, oltre alla redazione di un apposito libretto sullo svolgimento del tirocinio. Una volta ultimato tutto ciò, per il virgulto del diritto si aprono le porte dell’esame che si tiene annualmente, su base regionale, in tre giornate nel mese di dicembre. Le prove d’esame sono due, una scritta, appunto, in dicembre e, nel caso in cui questa venga superata, una orale nell’autunno dell’anno successivo. La prova scritta, che mediamente vede una percentuale di promossi sul 30% degli iscritti, si compone di due pareri di diritto civile e penale e un atto, a scelta del candidato, in diritto civile, penale o amministrativo. L’orale, infine, verte su cinque materie a scelta del candidato e sulla deontologia professionale.

Il sistema appena descritto inizia, in realtà, a sentire il peso degli anni sia per com’è strutturato sia per le lunghe tempistiche dello stesso. Già dalla prima ondata dell’epidemia di Covid, peraltro, in molti si sono interrogati sull’attualità dell’esame o, comunque, sulla necessità di intervenire in riforma dello stesso. Per ciò che ha riguardato, infatti, la sessione del 2019, svoltasi quindi a dicembre dello scorso anno, i compiti sono stati corretti, seppur in ritardo rispetto agli anni precedenti e, nella tarda estate, il Governo ha riconfermato le medesime modalità di svolgimento anche per l’anno 2020. In questo caso, però, la seconda ondata di contagi ha anticipato le prove scritte scatenando diverse reazioni già da inizio settembre fino ad arrivare, al 5 novembre 2020, a una presa di posizione da parte del Ministro Bonafede. Questa dichiarazione da un lato ha fugato parte dei dubbi mentre, dall’altro, ha scatenato diverse polemiche, soprattutto dalle associazioni di praticanti.

Il bando 2020 e il successivo rinvio

L’esame 2019, come anticipato, è stato accompagnato, per tutta la fase di correzione degli scritti, da un comune senso di incertezza e frustrazione. Da un lato, infatti, l’intervenuta sospensione delle correzioni per un periodo di tre mesi obbligava a chiedersi se, tenuto conto degli ordinari otto mesi necessari, i risultati potessero uscire prima delle prove scritte del 2020. Dall’altro lato, invece, ci si chiedeva se, in caso di promozione, gli orali fossero iniziati successivamente agli stessi scritti in quanto, normalmente, le prime sessioni iniziano a settembre dopo l’uscita, a luglio, dei risultati. In questo periodo, poi, si sono spese diverse opinioni, più o meno illustri, di rappresentanti politici, associazioni di praticanti, di avvocati oltre a diverse testate giornalistiche sulla necessità, nel breve termine, di prevedere una disciplina ad hoc o, nel lungo periodo, una profonda riforma del sistema. Durante l’estate, a tentare di calmare gli animi era intervenuto lo stesso Ministro Bonafede precisando che, dati alla mano, al momento era ipotizzabile l’esame, nelle classiche modalità e nei canonici tre giorni di dicembre. Nel frattempo, fra l’inizio di agosto e i primi di settembre, sono usciti i tanto attesi risultati delle prove e, per quanto riguarda alcune Corti d’Appello, gli orali sono iniziati un paio di settimane dopo. Finalmente, la già espressa posizione del Ministro della Giustizia, al di là disquisizioni susseguitesi nel tempo, ha trovato conferma definitiva con la pubblicazione, il 15 settembre 2020, del bando in Gazzetta Ufficiale.

Il bando, in concreto, indiceva l’esame di abilitazione per le date del 15, 16 e 17 dicembre con il termine ultimo di iscrizione fissato all’11 novembre. Veniva, poi, introdotta una specifica previsione con riferimento al Covid-19 che si limitava, sostanzialmente, a un rinvio al 27 novembre per l’adozione di specifici provvedimenti di sicurezza, accesso e permanenza in sede di esame. Occorre precisare, per chi non conoscesse il sistema, che l’esame si tiene in un capannone, generalmente il padiglione di una fiera, in cui vengono distribuiti i banchi che ospiteranno i candidati per circa otto ore al giorno, al netto delle file all’ingresso. Per alcune Corti d’Appello, fra cui Milano e Roma, i candidati sono nell’ordine di migliaia di persone. Come intuibile, soprattutto con riferimento a quest’ultima osservazione, il bando non ha fermato lo scontento generale. A questo si è aggiunto, come altrettanto intuibile a inizio settembre, il progressivo aumento dei contagi in Italia.

Con il passare delle settimane, accompagnato da una curva dei contagi che, a oggi, conta mediamente trentamila positivi al giorno, gli stessi attori delle precedenti rimostranze si sono nuovamente scontrati sul noto esame che, al netto della pandemia in essere, ha dimostrato tutte le sue criticità. Non solo, ad accendere gli animi, soprattutto con riferimento ai praticanti, è intervenuto un provvedimento del Ministero dell’Università che, per gli esami di abilitazione sotto la propria competenza [quello di avvocato è del Ministero della Giustizia, N.d.R.], ha previsto in alcuni casi la rimozione dell’esame e, in altri, la sola prova orale a distanza. Il Consiglio Nazionale Forense, così come l’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), hanno proposto di mantenere le date previste dal bando dislocando, all’occorrenza, l’esame su base provinciale anziché regionale come attualmente previsto. In alternativa, con l’aggravarsi della situazione sanitaria, il mero rinvio delle prove. A queste proposte si sono contrapposte quelle, solitarie, di alcuni esponenti parlamentari dell’opposizione così come quelle di alcune associazioni di praticanti avvocati. Le proposte intervenute, troppo differenti e frammentarie per riportarle qui in maniera completa, prevedevano: la prova orale abilitante a distanza oppure la prova scritta su base locale ma, anche in questo caso, abilitante, l’introduzione di un più snello esame a crocette o a scelta multipla fino a sfociare nella più romantica laurea abilitante. Anche in questo frangente, purtroppo, è emerso un ulteriore aspetto critico della categoria del “praticante avvocato” che non si limita al solo esame di abilitazione ovvero l’assenza di una rappresentazione di categoria. Le associazioni, infatti, sono differenti e senza riconoscimento univoco a livello nazionale: dunque, di fatto, difettano di quel potere di trattativa intrinseco ad altre categorie professionali. Quella del praticante è, quindi, una situazione perfettamente precaria. Questo non solo in riferimento al limbo in cui l’aspirante avvocato si trova fino all’abilitazione ma, anche, per la sua temporaneità perfetta. Una volta abilitato, infatti, siano passati tre, cinque o dieci anni, ci si dimentica della propria situazione precaria e di tutte le problematiche tipica della stessa.
Data la situazione, molti davano per scontato un rinvio della procedura che sarebbe stato comunicato, secondo logica, con i tanto attesi provvedimenti del 27 novembre 2020, ma così non è stato. Il 5 novembre 2020 il tanto atteso punto di vista del Ministro Bonafede è stato reso pubblico, sulla propria pagina Facebook, accompagnato però da una notizia tanto attesa quanto, in realtà, sofferta.

Dato l’aggravarsi della situazione sanitaria in Italia, le prove scritte per la sessione 2020 sono state rinviate, presumibilmente, alla primavera dello stesso anno. A questo annuncio, dato in maniera del tutto imprevista su un canale che, seppur efficace in termini di visibilità, non è certamente quello ufficiale, ha fatto seguito il provvedimento ministeriale del 10 novembre 2020. Si può leggere, allora, oltre al rinvio sine die delle prove scritte, l’adozione di ulteriori provvedimenti che, in concreto, permettono di collocare lo svolgimento delle prove successivamente al mese di marzo. Infatti, viene prorogato al 12 febbraio 2021 il termine per proporre domanda di iscrizione e, inoltre, viene previsto che le nuove date saranno rese note nella Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre 2021. Viene poi riprodotta la “norma di sicurezza” già utilizzata nel bando, ossia che nella Gazzetta Ufficiale del 16 marzo 2021 saranno individuate «eventuali misure disciplinanti l’accesso e la permanenza alle sedi concorsuali, al fine di garantire il rispetto delle vigenti disposizioni volte a prevenire il contagio da Covid-19».

Il discorso, almeno all’apparenza, è corretto. Era infatti inimmaginabile lo svolgimento, nelle classiche modalità, di un simile esame contando spostamenti, permanenza media nei padiglioni e, soprattutto, gli elevati numeri dei partecipanti. Il nuovo provvedimento, ancora una volta, risulta però debole se si pensa che, in questi giorni, si sta già sentendo parlare di una terza ondata proprio nella prossima primavera. In questo caso, la volontà sarà quella di un ulteriore rinvio senza prospettive di un esame che, utilizzando le stesse parole del Ministro, dovrebbe essere “sdrammatizzato”? Occorre ricordare che l’esame da avvocato è, sostanzialmente, un esame di abilitazione e non certo un concorso pubblico. La differenza, pratica, è presto detta: nel caso di superamento dello stesso non si accede a un posto di lavoro ma si ottiene la possibilità di poter esercitare una professione, con tutte le conseguenze del caso, anche in termini di rischi del mercato. Molti Paesi, europei e non, per la situazione emergenziale in essere hanno approvato delle prove telematiche così come in Italia è stato fatto, ad esempio, per architetti e commercialisti. In questi giorni, alcuni Consigli degli Ordini si sono dimostrati maggiormente sensibili alla problematica dei praticanti. L’Ordine degli Avvocati di Genova chiede al Ministro che, nel caso di un ulteriore rinvio nella prossima primavera, vengano adottate misure straordinarie come quelle che consentono le moderne tecnologie. L’AIGA, propone la dislocazione dell’esame su base provinciale, la prova scritta limitata unicamente all’atto giudiziario, affinché sia possibile una correzione pressoché immediata e, conseguentemente, l’inizio delle prove orali entro il mese di settembre 2021.

Le proposte fin qui richiamate, così come la necessità di adottare una norma straordinaria in una situazione oggettivamente straordinaria, sono giuste con riferimento alle prove del 2020 o, comunque, fintanto che la situazione emergenziale perdurerà. Ciò a cui ci troviamo di fronte o, meglio, che l’epidemia ha evidenziato, è l’anacronismo dell’esame stesso. Non è il caso di parlare del fatidico “esame a crocette” che, seppur in uso in alcuni Stati europei nonché per il bar exam a New York, non nutre grandi apprezzamenti nel nostro sistema. Nella volontà di mantenere l’accesso alla professione ai soli soggetti più meritevoli si rende necessario, quantomeno, consentire di comprendere i propri errori prevedendo la motivazione nelle correzioni cosa che, allo stato, viene espletata unicamente attraverso l’apposizione della valutazione numerica. In ogni caso, si evidenzia che sì, la professione di avvocato presuppone la capacità di ragionamento logico e di scrittura ma, nell’anno 2020, carta, penna e codici fisici non rappresentano certo quella che è la professione reale e, quindi, la correttezza del tirocinio svolto. L’augurio è quello, oltre che di consentire la regolarità della sessione in corso, di poter ridefinire un esame che, di fatto, rappresenta un blocco all’accesso della professione che, forse, sarebbe stato più idoneo applicare all’ingresso all’università. Fa ben sperare, nell’ottica di agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro, la proposta dell’Unione Regionale dei Consigli degli Ordini della Campania: dare la possibilità ai praticanti di poter patrocinare cause sotto un determinato valore come già avveniva in passato. Così facendo si potrebbe dare un “respiro” ai giovani praticanti i quali, giorno dopo giorno, vedono vanificati gli sforzi di anni di studio e pratica professionale, e oltretutto entrano nel mondo del lavoro a età ben più avanzata rispetto ai colleghi di tutto il mondo.

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