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Milano e la ricerca di una nuova normalità – prima parte

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Federico Smania

La Milano che racconteremo oggi non è quella che si vede nei telegiornali. Non è nemmeno quella del vandalismo travestito da proteste né quella delle manifestazioni di fronte alla sede di Regione Lombardia. Chiariamo: i “moti” post DPCM del 24 ottobre e la rabbia di tanti uomini e donne che vedono la loro vita davanti a un bivio non sono da sottovalutare né tanto meno da glissare. Non verranno presi in considerazione questi aspetti per una questione semplice, a tratti banale: per discutere razionalmente di un fenomeno sociale bisogna conoscerlo in modo approfondito e chi scrive, per l’appunto, non dispone degli strumenti per valutarlo al meglio.

La Milano che racconteremo dunque sarà quella di altre persone, di coloro che volenti o nolenti stanno cercando una nuova normalità. Sarà una sorta di vlog, ma senza la componente “v”, tra varie zone milanesi e tra i luoghi più noti di questa città, alla ricerca di una routine diversa in grado di rendere meno difficile questo periodo.

Un viaggio sulla lilla

Sezione scritta prima del DPCM del 3 novembre

Cominciamo questo tour virtuale dal nord di Milano ai confini con Sesto San Giovanni. Nella periferia inoltrata della città si possono trovare cenni di normalità principalmente durante la mattinata con un bel via vai, seppur molto ridimensionato, di ragazzi e ragazze tra gli edifici del campus dell’Università di Milano Bicocca. Tra la sede di Scienze e il dipartimento di Sociologia e ricerca sociale si osservano gli studenti e le studentesse alla ricerca di una nuova routine, tra un’economica pausa caffè e quell’odore di tabacco proveniente dalle zone fumatori. La vista e l’olfatto sono i due sensi che fanno percepire un’apparente tranquillità, che però viene meno con il rumore intermittente delle ambulanze che sfrecciano tra Niguarda e Segnano.

Dopo il lungo viale Fulvio Testi, osservato “da sotto” da Ca’ Granda a Zara, iniziano i primi accenni di frenesia alla fermata Garibaldi FS. Nelle ore di punta, in questo snodo trafficato della capoluogo lombardo, si percepisce senza particolari difficoltà la tensione e, a tratti, la paura del virus. Una volta tornati al “piano terra”, si osservano i due lati della medaglia. Da un lato la desolazione di corso Como, diventata ormai solo un tratto di passaggio prima di entrare da Eataly, dall’altra i turisti che fotografano piazza Gae Aulenti e alcuni giovani che improvvisano un po’ di break dance e qualche barra di sano rap. D’altronde, il Muretto in San Babila non c’è più.

Ancora qualche centinaio di metri “instagrammabili” con le classiche foto al Bosco Verticale per poi entrare in uno dei parchi più belli di Milano, la Biblioteca degli alberi. Il viaggio sulla M5 finisce verso il capolinea ovest. Il silenzio assordante di San Siro nei weekend ci fa capire la gravità della situazione. Quelle vie attorno al Meazza che hanno scritto la storia del calcio italiano e che rendono ancora oggi fiera una città intera sono deserte, nell’attesa di ripopolarle con bandiere, cori e sani sfottò da stadio.

Bicocca degli Arcimboldi. Foto: Wikimedia Commons.

La Milano mainstream

Sezione scritta prima del DPCM del 3 novembre

Indipendentemente dalle valutazioni soggettive che ognuno di noi può fare sulle misure restrittive, c’è un posto a Milano che a detta di chi scrive fa innervosire a prescindere: piazza Duomo. All’ombra della Madonnina sembra che tutte le difficoltà che la città, l’Italia e il mondo intero stanno passando non esistano. Tra Cordusio e il Museo del Novecento la gente entra in una sorta di mondo parallelo in cui si dimentica tutto. Zero distanziamento e nessun tipo di precauzione. Le code del sabato pomeriggio per entrare da Starbucks o da Uniqlo sono davvero irritanti.

Leggi anche: La percezione del Covid-19: Italia, GB, USA e Australia a confronto.

Da Brera a Chinatown

Una zona che appare ancora “senza peccati” è proprio il versante superiore di Parco Sempione. A Brera senza dubbio manca l’arte e mancano gli artisti, ma pre-lockdown soft della città era uno degli scorci migliori in cui staccare la mente e rilassarsi, immergendosi in quello stile bohémien che caratterizza questo quartiere. La passeggiata nel parco è quasi obbligatoria, soprattutto dalla parte dell’acquario e dell’arena dove è più facile schivare i podisti e sbattere la faccia su quella nebbia tanto fastidiosa quanto caratteristica della città meneghina.

Usciti dall’area verde più grande del centro si arriva in prossimità di Chinatown. Non siamo a Londra e le dimensioni sono senz’altro più contenute, ma entrare nei supermercati asiatici e farsi ipnotizzare da quelle miriadi di snack è un’esperienza da provare. Gli asiatici hanno indubbiamente una dote innata: quella del packaging. Entrare da Mud Market fa venire da momento all’altro un’irrefrenabile voglia di schifezze, d’altronde le confezioni sono tentatrici. E per concludere il giro in bellezza, va menzionata la Ravioleria Sarpi. Non è il consiglio più originale del mondo, vista la gran fama di cui gode, però vale sicuramente la pena fermarcisi.

Parco Sempione: Foto: Wikimedia Commons.

L’interruzione del viaggio

Inizialmente questo doveva essere un racconto di tutta la città, ma il DPCM del 3 novembre ha rovinato i piani. Ci manca tutta la parte a sud-est e i lustrini di CityLife, ma non temete. Nel frattempo, per chi ne ha le possibilità, consigliamo un giro in solitaria nel Quadrilatero del Silenzio, tra Villa Necchi Campiglio, Palazzo Berri-Meregalli e i fenicotteri di Villa Invernizzi. Lo stile liberty allieterà la giornata. Noi intanto aspettiamo, pensando a quanto di bello ci manca da raccontare, e maledicendo il via vai di piazza Duomo.

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Federico Smania

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