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Curiosità

theWise incontra WannaBeBuddha, divulgatori in campo religioso – parte 1

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Marco Capriglio

La divulgazione scientifica è molto importante, soprattutto in questi tempi. WannaBeBuddha è un canale YouTube che si occupa di “debunking satirico” e prova ad applicare la logica e il rigore del metodo scientifico alla spiritualità e alla ricerca interiore. L’obiettivo è quello di aiutare le persone a difendersi dalle pseudoscienze e da quelle che Luca, uno dei fondatori del canale, chiama pseudospiritualità, ovvero forme errate ed esagerate di spiritualità, che possono essere dannose per chi le segue.

In questo numero theWise ha incontrato Luca Vitale, fondatore del canale YouTube WannaBeBuddha. L’intervista continuerà nel prossimo numero.

Leggi anche: Pseudoscienza e ciarlatani. theWise incontra Massimo Polidoro.

Luca Vitale.

Da dove nasce il tuo interesse per le religioni?

«Grazie per questa opportunità e per lo spazio che ci stai concedendo. Rispondere alla tua domanda è difficile perché il nostro progetto, chiamato oggi WannaBeBuddha, in realtà ha subito molte variazioni nel tempo. Tutto iniziò tantissimo tempo fa, quando ero un cosiddetto “credulone”. Avevo davvero molte credenze… no, non nel senso dei pensili della cucina, ma parlo di fede religiosa, cieca e irrazionale. La realtà dei fatti è che, in quanto figli dei nostri genitori, diventa altamente probabile che adotteremo fin da piccoli tutte le loro credenze… sia quelle religiose che quelle della cucina. Io addirittura volevo farmi prete, poi mio padre mi dissuase.

Liberarsi dall’idea di voler appartenere alla casta sacerdotale, tuttavia, non vuol dire liberarsi anche dall’idea che esista un Dio, che esista il metafisico, il paranormale, i miracoli e, soprattutto, non ci fa smettere di credere alla “fiaba” propagandistica della figura “magica” di Gesù».

Come mai parli di “fiaba”?

«Quando parlo di “fiaba”, non intendo dibattere sulla storicità del personaggio in questione. A livello accademico è considerato abbastanza probabile che possa essere esistito tale Yeshua figlio di Yosef (si vedano a tal proposito i saggi del professor Bart Ehrman e del professor Giovanni Filoramo), ma è altrettanto dato per assodato che non vi è prova alcuna di presunti poteri miracolosi. In questo senso, i Vangeli di certo non rappresentano una testimonianza attendibile.

Tornando alla domanda precedente, dopo una crisi di valori spirituali, decisi di abbandonare la cattolicità. Cominciai a buttarmi sulle forme di religiosità orientali, fino ad approdare, dopo moltissimi anni, alla filosofia non-duale advaita, alle pratiche yogiche e al tantrismo shaiva, legato al Dio Shiva. Per chi se lo stesse chiedendo, no, i tantra non sono un modo alternativo per “farsi un giretto di giostra”. Lo speravo anch’io all’inizio, ma poi sono rimasto deluso. A tal proposito, vi rimando ai saggi divulgativi dall’ormai scomparso professor Tucci e dei suoi eredi, il professor Gnoli e professor Torella, tutti e tre importantissimi orientalisti italiani».

Come hai approfondito questo tuo nuovo interesse?

«Mi sono dedicato allo studio dei testi tradizionali e ho fatto diversi viaggi in India, avevo anche un Guru nel Maharashtra, che viveva in un tempio nella giungla vicino Pune. Ero poi stato iniziato a diverse pratiche yogiche. Potevo quindi vantare una discreta formazione, pur non avendo mai finito il mio percorso di studi universitari in Lingua e Letteratura Sanscrita ed Ebraica. In sintesi, mi sentivo un fenomeno paranormale, per citare un bellissimo film del grande Alberto Sordi, nonostante fossi l’ennesimo uomo qualunque con una fede. Pitturare di blu il proprio amico immaginario non ci rende più speciali degli altri.

Il mio approccio, infatti, era ancora fideistico. Per strizzare l’occhiolino a Russell, potrei dire che la mia teiera era decorata con fantasie orientali ed era ben custodita nella mia credenza. Avevo fede in molte cose e, come tutti quelli che credono in qualcosa, la voglia di portare “la buona novella” agli altri era sempre molto forte».

Come hai deciso di divulgare la tua esperienza?

«Assieme a Riccardo, mio socio in affari e in malefatte, ho così deciso di aprire un forum online. Questo ci portò a confrontarci con tantissime persone. Nonostante il mio “studium interruptum“, notavo una grandissima carenza formativa nella gran parte delle persone che incontravo sul nostro forum. Questo accadeva soprattutto tra i sedicenti insegnanti di yoga, spesso improvvisati, che pretendevano di parlare di culture e popoli che non avevano mai incontrato. In pratica, mi toccava regolarmente rispondere e confutare sempre le stesse identiche cose. Un copione scritto e riscritto, letto e riletto.

Pigro e per mancanza di tempo, suggerii a Riccardo che forse sarebbe stato meglio fare dei video, nei quali avrei spiegato la filosofia advaita. Sarebbe stato più immediato e fruibile. Riccardo alzò il tiro e propose di diventare addirittura degli youtuber. Perché no? In fondo, cosa sarebbe potuto andare storto?  Chiudemmo il forum ed aprimmo un canale di divulgazione di spiritualità indiana. Nacque così il canale Da Grande Voglio Fare il Buddha».

Luca e Riccardo.

Quando è avvenuta la svolta?

«Con questo primo canale, ci trovammo letteralmente invasi da complottisti, pseudoscienziati, alienofili, e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto, da gente che era pronta a venerarmi come supremo guru e che cercava in me una figura da osannare. Cercavano qualcuno che li salvasse… da sé stessi, probabilmente. Era tutt’altro rispetto a quello che avevamo in mente e che speravamo di trovare.

Parallelamente, e per questo devo davvero ringraziare la mia compagna (con cui sto da oltre quindici anni!), cominciai ad appassionarmi anche di scienza. Lei stava prendendo una laurea in biologia e quindi io, curioso e amante del sapere, la ascoltavo studiare e ripetere ad alta voce. Così come mio padre mi salvò dal farmi prete, altrettanto lei, senza saperlo, mi salvò dalla deriva complottista e dal credere alle peggiori bufale (non) scientifiche. Questo amore per la scienza divenne proprio una professione. Cominciai a fare video e documentari per enti di ricerca e per associazioni di divulgazione scientifica, trovandomi quindi a lavorare vicino a grandi nomi quali Ospedale San Raffaele, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Fondazione Theleton, Fondazione Sigma-Tau, ISS e molti altri. Vivevo di scienza».

In che senso “vivevi di scienza”?

«La comunicazione della scienza era diventata il mio mestiere e la cosa ebbe anche ripercussioni nel mio cammino interiore. In quegli anni cominciò ad andare di moda la voglia di unire spiritualità e scienza. Ancora oggi, nel 2021, c’è qualcuno che ci prova. Questo è un fenomeno ormai diffusissimo. Si pensi alla cosiddetta quantum quackery (ciarlataneria quantica), al transurfing, alla legge di attrazione, ai numeri magici di Grabovoi e a moltissime altre stupidaggini come queste. Il problema è che a voler fare questa fantomatica unione è solo gente senza la minima formazione accademica. Questi non sanno nulla riguardo la metodologia scientifica. Il loro unico scopo è quello di abusare della scienza per avvalorare solamente il proprio credo. E chiaramente fare soldi, molti di più di quanto possiate immaginare. Molti di loro diventano veri e propri miliardari.

Al contrario, seppur mosso dallo stesso ridicolo ideale e obiettivo, procedevo in modo diametralmente opposto. Invece di voler infilare a tutti i costi lo spirito nella scienza, cominciai ad applicare la metodologia scientifica alla mia ricerca interiore. Più controlli, più domande, meno risposte a priori e meno dogmi».

Come è possibile che la ricerca interiore proceda con metodo scientifico?

«Quando si fa un’analisi o una ricerca, è importante evitare di procedere con la finalità di confermare la propria idea di base. La cosa più giusta è procedere cercando di smontare e confutare duramente la propria tesi. Se questa sopravvive al processo di demolizione, allora si può considerare potenzialmente vera fino a prova contraria. Questo vuol dire che un sincero e serio ricercatore deve prendere in considerazione la possibilità che il proprio esperimento fallisca. Si tratta di applicare il metodo di falsicabilità di Popper alla propria ricerca interiore.

Il mio credo non è sopravvissuto a questo processo di autodemolizione. È stato “debunkato” da me stesso, nel momento in cui ho cominciato ad affrontarlo con la stessa rigidità e controlli con cui si affronta un esperimento scientifico. Questo cambio di rotta si è inevitabilmente anche riflesso nel nostro canale YouTube, a partire dai contenuti e dai toni usati. Abbiamo sempre avuto una vis polemica e provocatoria. La satira era ed è diventata il pilastro centrale della nostra attività sul web».

Leggi anche: Leggere “Il pendolo di Foucault” per difendersi dai complotti.

Come siete arrivati a WannaBeBuddha?

«Arriviamo così in questi ultimi anni, dove ormai, disillusi, senza fede, credo o altro, siamo animati solo dall’amore per la conoscenza e dalla voglia di fare del bene agli altri. Il nostro scopo è quello di aiutare le persone a non cadere vittima della disinformazione, delle dinamiche settarie e soprattutto della pseudoscienza. Questo perché, come spiega il professor Burioni nei suoi libri, di pseudoscienza si muore. Non è uno scherzo. Purtroppo, quando si parla di spiritualità, la pseudoscienza diventa un tema centrale. Non c’è da meravigliarsi se, chi segue Osho o Gurdjieff, i tarocchi, l’astrologia e crede nei chakra o negli alieni creatori della Bibbia, abbracci anche posizioni antivax, creda nell’omeopatia, sia contro i farmaci, la chemioterapia e via discorrendo.

Leggi anche: Omeopatia. Storia di una terapia controversa.

Fin dagli inizi ho sempre chiamato questo modo di fare “pseudospiritualità”, un termine nato dall’unione di “pseudoscienza” e “spiritualità”. Solo da poco ho scoperto che già nel lontano 2011 i ricercatori Charlotte Ward e David Voas nel Journal of Contemporary Religion avevano identificato lo stesso fenomeno e lo avevano definito conspirituality, ossia conspiracy più spirituality. Le due cose, quindi, sono strettamente connesse. Il nostro canale YouTube ha finito inevitabilmente per affrontare tutte e due le tematiche… nel modo più fastidioso possibile.

Abbiamo allora deciso di cambiare il nome in WannaBeBuddha, dove quel wanna be inglese è ironico. Sta a significare quello che in italiano sarebbe il “vorrei ma non posso”.  Nel nostro caso, avendo ormai consolidato una identità basata sulla satira e la critica a tema spiritualità e religione, portando avanti posizioni atee e aconfessionali, l’oggetto di studio sono diventati tutti quei soggetti che si atteggiano e si comportano come dei Buddha da quattro soldi, i wanna be, quelli che vorrebbero ma non possono».

Il logo del canale YouTube WannaBeBuddha.

Come ha impattato sulla vita privata e sulla tua vita professionale questa scelta?

«Avere un canale YouTube ha impattato molto nella nostra vita, anzi moltissimo. Nonostante sia un hobby e non il nostro lavoro, assorbe parecchio tempo. A volte è difficile stare dietro alla regolare produzione di contenuti, con il lavoro da mandare avanti. Ci sono poi diversi aspetti negativi. In primis, riceviamo continui e ripetuti attacchi. Purtroppo l’estremismo non è solo prerogativa delle religioni. Quando tocchi qualcosa in cui le persone credono – fossero anche gli alieni o qualche complottone della domenica – si trasformano in bestie.

Ho perso il conto delle ingiurie, delle diffamazioni, le calunnie, le minacce di aggressione e di morte che abbiamo ricevuto, soprattutto io che ci metto la faccia. Riccardo invece lavora da dietro le quinte, è più protetto. La cosa peggiore è vedere che, da questo specifico punto di vista, lo Stato italiano non ci tutela minimamente, e anzi, tutte le nostre denunce sono state archiviate per i motivi più assurdi. Il web è una giungla e, a quanto pare, tutti possono fare come vogliono. Triste ma dura realtà. Quanto dovremo aspettare prima che qualcuno scavalchi la linea di confine fra mondo digitale e mondo fisico?».

Come ci si può difendere?

«Per ora, per fortuna, non ci è mai accaduto nulla di concreto, tuttavia abbiamo fatto satira anche sull’islamismo e, visti i recenti fatti di cronaca in Francia, un po’ temiamo per la nostra sicurezza. Oltre a questo, come è noto a chi ci segue, collezioniamo denunce. Ne abbiamo ricevute molte, forse anche troppe! Le persone non sono proprio in grado di capire la differenza fra satira e diffamazione. Il solo fatto di contraddirle rappresenta per loro reato di lesa maestà. Succede a molti debunker [persone che si occupano di smascherare bufale, N.d.R.].

Le nostre denunce vanno a vuoto ma le loro ci colpiscono sempre. Comincio a temere che qualcosa non funzioni nella macchina giuridica italiana. Con questo voglio dire che, secondo me, il problema epistemologico della demarcazione è un problema più reale di quanto non si pensi. Non a caso abbiamo giudici che emettono sentenze a favore degli antivax, delle associazioni animaliste più estremiste e che addirittura hanno permesso alla truffa chiamata Metodo Stamina di entrare negli ospedali. Per fortuna, dal punto di vista della difesa, ce la siamo sempre cavata alla grande. Il nostro legale di fiducia, Michele Maria Gambini, ci ha magistralmente tirato fuori da ogni guaio. Dovremmo fargli una statua. Lo so, nominarlo è una vera e propria “marchettata”, ma gli siamo molto riconoscenti!».

L’intervista continua nel prossimo numero.

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