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Curiosità

WannaBeBuddha, divulgatori in campo religioso – parte 2

Published by
Marco Capriglio

La scorsa settimana theWise Magazine ha incontrato Luca Vitale, fondatore del canale Youtube WannaBeBuddha.
Di seguito la seconda parte della nostra intervista.

Leggi anche: theWise incontra WannaBeBuddha, divulgatori in campo religioso – parte 1.

Come è possibile che truffe e ciarlatanerie si insinuino nell’intimità delle persone? Qual è l’identikit della “perfetta vittima”?

«Si potrebbe riassumere tutto in un unico concetto: ricerca di conforto. Possiamo vederlo molto bene in quello che io, a mo’ di presa in giro, chiamo “le quattro nobili banalità del buddhismo”. Il nome originale è “quattro nobili verità”, insegnamenti del Buddha Shakiamuni, che ricordiamo non ha mai lasciato nulla di scritto di suo pugno. Queste banalità dicono: tutti gli esseri senzienti soffrono, la sofferenza è interiore, esiste un modo per liberarsi dalla sofferenza e “compra il mio corso per imparare come si fa”. La stessa cosa si può estendere a tutte le altre religioni.

Si parte dalle paure primordiali, quelle più naturali come la morte, la malattia e il dolore, per poi arrivare a quelle più personalizzate e specifiche. Sembra quasi uno spot pubblicitario. “Stai male, soffri, hai problemi nella vita, sei insoddisfatto, non hai un buon lavoro, non hai l’amore, non hai fortuna? Non preoccuparti, grazie alla nostra religione tutto andrà bene. Sarai salvato”.

Luca Vitale.

Tralasciando la buona fetta di popolazione che crede a qualcosa solo per cultura popolare, semplicemente perché fin da piccoli sono stati inculcati loro certi concetti, possiamo notare che il filo conduttore è sempre la sofferenza. La religione, la fede e tutte le moderne baggianate olistiche sono un appiglio a cui le persone si aggrappano quando stanno male. La formula è sempre la stessa e funziona da migliaia di anni. Gli sciacalli fanno leva sulle paure delle loro vittime e sfruttano il loro desiderio di ricevere conforto. Il problema più grave si presenta però quando si pretende di curare malattie serie con pillole omeopatiche o strani rituali di guarigione. E a quel punto ci scappa il morto. Ci scappa sempre, è inutile negarlo».

Quali sono le strategie messe in atto dai ciarlatani per radunare intorno a sé nuovi adepti?

«La prima strategia che mettono in atto è il cosiddetto love bombing. Appena entri in contatto con certe realtà, quello che trovi è una esplosione di amore, sorrisi e buone intenzioni. Credi di aver trovato la famiglia perfetta, un mondo fantastico, ideale, dove tutti sono delle bellissime anime, degli esseri di luce, dei grandi iniziati, dei buoni cristiani o delle persone particolarmente centrate e spirituali. Vieni adescato con il miele.

Un’altra dinamica molto comune è l’accentramento di tutta la tua vita attorno al gruppo religioso. Ti svegli e preghi o reciti il mantra. Mangi solo certi cibi, assicurandoti di benedirli sempre prima di consumarli. Durante la giornata devi sempre pensare al tuo Dio e alla tua fede. Il tuo credo diventa il pensiero costante. Poi devi fare servizio al tempio, chiesa o monastero che sia. Pulire, sistemare tutto, organizzare eventi di preghiera, ritiri, letture di gruppo e simili. Andare in giro a fare proseliti e moltissime altre attività di volontariato. Alla fine, senza accorgertene, tutta la tua vita ruota attorno alla “famiglia spirituale”. Sei totalmente assorbito e annichilito da ciò. Reputo questa condizione come schiavitù a tutti gli effetti. Ci si trova a fare continuamente lavoro non remunerato, nella speranza di ricevere meriti spirituali.

La fase successiva è facile da immaginare. Non avendo più tempo per te stesso, gli unici contatti sociali che hai sono con altri membri. I tuoi amici sono nella setta, il/la tuo/a partner è nella setta, i tuoi figli cresceranno nella setta e ovviamente è proprio tramite le conoscenze e la rete della setta che hai trovato un lavoro».

Cosa accade a chi vuole abbandonare le sette?

«Saresti isolato, solo, abbandonato e avresti perso tutto. Questo accade spesso. Chi non ha più la fede viene tagliato fuori in maniera drastica per il solo fatto di aver osato mettere in dubbio i loro sacri insegnamenti. Se sei un uomo e hai dei figli, finisce che divorzi, perdi casa, perdi il lavoro e ti trovi letteralmente in mezzo a una strada. Ho purtroppo conosciuto tantissima gente così. Ascoltare le storie dei fuoriusciti dalla Soka Gakkai o dal Sahaja Yoga è antropologicamente interessantissimo, umanamente devastante.

Ritornando alle strategie messe in atto per avere nuovi adepti, un’altra dinamica classica, da manuale, è lo stillicidio economico. Nella setta non ti chiedono mai esplicitamente soldi, ancor meno ti obbligano a darli. Il trucco è più subdolo. Ti inducono, piano piano, a voler essere tu, di tua iniziativa, a voler ungere gli ingranaggi della loro macchina.
Che fai, non lo compri il nuovo libro del maestro? Non compri il tappetino da meditazione con il logo dell’associazione? Lo sai che stiamo facendo una raccolta fondi per comprare la nuova statua nel tempio? Io ho già dato cento euro, e tu? E alla fine ti appioppano la collanina, il braccialetto, la spilla, la borsa, l’acqua benedetta, la maglietta, mille libri, le riviste, e i primi dieci che telefonano ricevono in omaggio anche la batteria di pentole e la bicicletta con cambio Shimano!

Ironia a parte, questi sono solo esempi fra i più comuni. La lista di dinamiche settarie è infinita. Si va dalla superstizione allo stalking, dai matrimoni combinati al divieto di studiare testi al di fuori dell’indice approvato dalla propria setta. Addirittura si arriva al punto che chi vorrebbe abbandonare la setta non ci riesce, perché ha paura di avere punizioni divine, ritorsioni di karma negativo o altro. Si parla quindi di un condizionamento mentale a 360°. Questo è semplicemente terribile».

Luca e Riccardo mentre lavorano al montaggio di un video.

Ti è mai capitato di credere a qualcuno di questi soggetti?

«Sì. Troppe volte. E ancora ci casco. Per fortuna ho imparato a riderci su e prendermi in giro da solo ogni volta che accade. Ho creduto a tutto, dalla terra cava (ora va di moda quella piatta) ai rettiliani, dalla possibilità di alterare la realtà con la forza della mente alle modifiche del DNA per diventare immuni alle malattie. La lista è lunga. Se credi a una, è altamente possibile che alla fine poi crederai a tutte. Il lato positivo è che avendo creduto a tutto questo, ho imparato esattamente come ragionano. In caso di dibattito, so esattamente come rispondere, cosa rispondere e quali sono le debolezze e le contraddizioni dei loro argomenti».

Come proteggere le persone più deboli o suscettibili da questi malintenzionati, soprattutto in ambito religioso?

«Purtroppo non esiste una formula magica, una panacea o un metodo universale. Ogni persona è un universo a sé. Anche se forse la risposta corretta sarebbe quella di mandarli in terapia da uno psicologo e, nei casi gravi, appoggiarsi al supporto farmacologico e quindi a uno psichiatra. Attenzione però! Ho visto addirittura alcuni psicologi e psichiatri diventare proprio dei “carnefici”, ed essere loro i primi a produrre immondizia, creando attorno a sé una sorta di culto della persona, proponendo poi ai malati (soprattutto oncologici) di seguire pratiche assurde come la nuova medicina germanica di Hamer. Per fortuna l’Ordine degli Psicologi ha già cominciato a fare la guerra ai counselor e ai lifecoach. Qualcosa in positivo si sta muovendo. L’Ordine dei Medici, invece, è molto più tollerante e difficilmente espellono chi se lo meriterebbe.

Nello specifico caso della pseudospiritualtà (o conspirituality, per dirla all’americana), si parla di tematiche di confine. Diventa importante che le persone che trattano questi soggetti siano formate correttamente e che i professionisti vengano istruiti e informati sulle varie forme di religiosità che ci sono, da quelle tradizionali fino a quelle della nuova era, sui vari complotti, le varie forme di pseudoscienza e soprattutto le varie credenze».

Puoi farci un esempio?

«In uno scenario ipotetico in cui ci fossero dei professionisti formati appositamente per far capire a un membro di Scientology come mai sia malsano quello che sta facendo, o a un seguace di QAnon come mai abbia un forte distacco dalla realtà, rimarrebbe comunque il problema principale. Convincere le vittime di questi complotti ad andare in terapia. La psicologia, così come la medicina, è malvista dai creduloni. Non ci andranno mai. La strada, quindi, è difficilmente percorribile.

Bisogna inoltre capire che divulgare informazioni corrette a qualcuno che è fortemente convinto di qualcosa potrebbe addirittura essere controproducente. Molti finiscono per rafforzare il proprio credo e le proprie posizioni. Queste persone sono in una situazione di rifiuto e chiusura totale. Quelli a cui è più facile rivolgersi, invece, sono le cosiddette fasce grigie. Gli indecisi, quelli che ancora cercano informazioni. Con loro c’è ampio margine di successo. Sono il miglior terreno di gioco che possiamo incontrare».

Luca (sx) e Riccardo (dx), incaricati dal Nuovo Ordine Mondiale, spargono scie chimiche sui cieli italiani. Foto per gentile (e ironica) concessione dell’intervistato.

Questo vuol dire che chi crede profondamente a certe cose vada abbandonato a sé stesso?

«C’è dibattito fra i divulgatori. Alcuni dicono di sì e si arrendono, altri dicono no e insistono. Quelli che non desistono, come me, a loro volta si dividono in due categorie. La prima sostiene che con il dialogo pacato, quasi come se si facesse una specie di riabilitazione, sia possibile piano piano farli ragionare. In tutta sincerità, a parte la bellezza ideologica di questa loro utopia, quando si parla di argomenti inerenti alla spiritualità o alla pseudospiritualità, ho visto questo approccio fallire sistematicamente. Non importa cosa gli spieghi, come glielo spieghi e quanto glielo spieghi. I creduloni non leggeranno, non capiranno, diranno che tu non sei pronto, non sei sensibile, non sei evoluto abbastanza. Infine ti liquideranno con un “ognuno ha la sua verità. Buona vita!”. L’ho visto accadere sempre.

Io sono per l’approccio opposto, ossia il “blastaggio argomentato”. L’insulto fine a sé stesso non serve a nulla. Ma ho notato che l’insulto come veicolo per trasportare un messaggio, almeno nel sottobosco in cui mi muovo, a distanza di anni porta qualche risultato. Le parole dolci non hanno impatto. Entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Gli insulti e le parole dure, al contrario, sbattono in faccia la realtà, toccano l’intimo di una persona, aprono una ferita e si infilano con prepotenza dentro la testa di chi le ascolta. La parola dolce dopo dieci minuti l’hai dimenticata. All’insulto ci ripensi per giorni.

Attenzione, l’insulto non deve essere la prima risposta da dare e, soprattutto, non dobbiamo mai essere noi a iniziare. Prima si tenta il dialogo. Quando l’interlocutore passa all’offesa (e lo fa sempre), allora cambia il terreno di gioco. Possiamo andarcene e chiudere la cosa, oppure accettare le nuove condizioni di dialogo. A quel punto siamo autorizzati a rispondere a tono, hanno cominciato loro, ma noi sappiamo farlo meglio».

Questo metodo funziona?

«Strano ma vero… sembrerebbe di sì! Non ci avrei mai scommesso. A quanto pare con qualcuno funziona. Ho perso ormai il conto delle persone che mi scrivono per chiedermi scusa e per ringraziarmi. I messaggi che mi mandano sono tutti molto simili. Anni prima mi avevano insultato e attaccato, io li avevo “blastati” portando argomentazioni, ma loro non mi avevano ascoltato e se ne erano andati arrabbiati. Successivamente le mie parole erano penetrate dentro di loro e avevano riflettuto in merito alla situazione. A distanza di anni erano finalmente riusciti a liberarsi dalla schiavitù delle dinamiche settarie o dalle credenze pseudoscientifiche. Sentivano quindi, in qualche modo, di dovermi ringraziare.

In realtà hanno fatto tutto loro. Il seme germoglia dove il terreno è fertile. Io lancio spunti di riflessione a casaccio, ma poi sta a loro rifletterci e mettersi in gioco. A quanto pare, mi riconoscono qualche merito che non ho. A me non interessa sentirmi dire “scusa” oppure “avevi ragione”, non è una gara e io sono il primo a sbagliare di continuo. Quello che invece mi regala veramente soddisfazione è vedere che sempre più persone abbracciano il libero pensiero, privo di dogmi e condizionamenti, ed esercitano la loro autodeterminazione. Questa è la vera vittoria e il trionfo della ragione!».

Quali sono i progetti per il futuro del canale?

«Cercare di prendere meno denunce e cercare di trovare il tempo per produrre almeno un contenuto a settimana. Inoltre, trovare il modo di non farci bannare dalle varie piattaforme social a causa della continua violazione delle loro policy, specialmente in materia di blasfemia e contenuti sessualmente espliciti».

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Marco Capriglio

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