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Curiosità

theWise incontra Federica Mori e ReiThera: sulla strada del vaccino italiano

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Matteo Antiga

L’opinione pubblica sulla pandemia in corso è divisa e mai come ora lo scetticismo nei confronti della scienza è in crescita. Sempre più personalità pubbliche e politici mostrano perplessità nei confronti dei diversi vaccini che stanno comparendo sul mercato per contrastare il Covid-19. Il risultato è un sempre crescente numero di cittadini che non sa che posizione prendere a riguardo. Sul web e tra i commenti delle grande testate nazionali non è affatto difficile confrontarsi con persone dubbiose e che hanno paura di un vaccino che, a parere di sempre più persone, potrebbe non essere sicuro. Questo terrore nei confronti della pratica della vaccinazione non solo è infondato, ma nocivo a tutta la società e ai nostri cari.

Abbiamo intervistato la dottoressa Federica Mori di ReiThera, che insieme all’ospedale Spallanzani sta lavorando allo sviluppo del cosiddetto “vaccino italiano”, per poter discutere del loro lavoro e dello scetticismo crescente con qualcuno che ne sapesse veramente.

Leggi anche: Vaccino, obbligo o libertà?

Qual è il suo ruolo in ReiThera? Qual è il suo compito in relazione allo sviluppo del vaccino GRAd-COV2 e cosa ha seguito del processo?

«Attualmente sono responsabile degli affari regolatori e coordinatore delle attività cliniche. Questo si traduce nell’attività di interazione con le Agenzie Regolatorie, comprensiva della preparazione della documentazione necessaria per sottomettere un trial clinico. Per lo studio di fase I, RT-CoV-2, mi sono occupata, coordinandomi con i colleghi responsabili della produzione, del controllo qualità e degli studi preclinici, di fornire agli organi di competenza, in questo caso ISS, AIFA e Comitato Etico unico dell’Istituto L. Spallanzani, tutte le informazioni a supporto della sperimentazione. Tra questi, il dossier relativo all’intero processo di sviluppo e di produzione del vaccino GRAd-COV2, comprensivo dei test di qualità sui semilavorati e sul prodotto finale; la brochure per gli sperimentatori, comprensiva dei risultati degli studi preclinici e tossicologici; la documentazione destinata ai volontari sani che hanno preso parte allo studio.

Parallelamente, mi sono occupata dell’organizzazione delle attività tra ReiThera e i centri Clinici. Oltre al supporto della logistica di ReiThera, per permettere l’arrivo dei materiali necessari allo studio ai siti, una significativa parte delle attività ha riguardato anche le visite di qualifica dei centri, la sincronizzazione per le fasi di arruolamento e le visite di monitoraggio durante l’intera durata della sperimentazione. A tal fine, siamo ricorsi alla collaborazione di Parexel Biotech, una CRO (contract research organization) di riconosciuta esperienza internazionale, anche in studi Covid. Inoltre, al fine di garantire la completa ottemperanza ai requisiti previsti dagli standard internazionali di GCP (good clinical practice), ci siamo avvalsi anche della supervisione fornita da seQure, company esperta in materia di qualità».

 

Immagine concessione di Reithera Srl

Può raccontarci in parole povere il significato dei risultati finora riscossi? I tempi più lunghi nello sviluppo del vaccino rispetto ai competitor internazionali dipende forse proprio dai risultati ricercati da ReiThera e dalla natura diversa del vostro vaccino?

«Durante la recente conferenza stampa con la Regione Lazio e l’Istituto Spallanzani di Roma, sono stati presentati i primi dati di sicurezza e immunogenicità della coorte di volontari adulti con età compresa tra 18 e 55 anni dopo quattro settimane dalla vaccinazione. I volontari della seconda coorte, di età compresa tra 65 e 85 anni, hanno ricevuto il vaccino e i risultati sono in fase di analisi. I dati presentati mostrano che le reazioni avverse al vaccino, quando si sono verificate, sono state limitate per intensità e durata, e nessun volontario ha manifestato effetti collaterali di gravità tale da compromettere le attività quotidiane.

Le reazioni dei volontari all’iniezione sono state transitorie e di lieve e limitata intensità: arrossamenti nella zona dell’iniezione, qualche linea di febbre, mal di testa. Tutti sintomi che si sono risolti nel giro di poche ore. Dal punto di vista immunogenico, l’85% dei soggetti adulti vaccinati ha sviluppato anticorpi con potere neutralizzante nei confronti del virus con una sola dose. Inoltre, la risposta cellulare, ovvero la produzione di linfociti T indotta dal vaccino specifica contro la proteina spike del coronavirus, è risultata estremamente robusta in tutti i soggetti adulti valutabili, e potenzialmente più elevata di quella rilevata nei pazienti convalescenti da infezione naturale da SARS-CoV-2.

Infine, dai dati che stiamo registrando per la coorte degli anziani, non ci aspettiamo differenze significative rispetto ai soggetti più giovani. In sintesi, i risultati dello studio di fase I ci dicono che il nostro vaccino è non solo sicuro, non inducendo reazioni avverse significative, ma anche che è indotta una risposta immunitaria robusta e con una sola dose. Questo ci rende ottimisti per le successive fasi II e III, in cui oltre a confermare la sicurezza si valuterà l’efficacia.

Per quanto riguarda i tempi, gli altri sviluppatori di vaccini hanno potuto contare su alleanze con grandi industrie farmaceutiche e su importanti finanziamenti che hanno consentito uno sviluppo accelerato sia per la parte di sperimentazione clinica che per la produzione su larga scala. Inoltre, rispetto ai vaccini che si basano su mRNA, che è la tecnologia alla base sia del vaccino messo a punto da Pfizer che da Moderna, i vaccini basati sui vettori virali hanno tempi di sviluppo leggermente più lunghi, ma sempre rapidi se paragonati a quelli di vaccini basati su componenti proteiche o virus attenuati o inattivati».

Foto: Christian Emmer.

Negli ultimi anni il fenomeno dello scetticismo nei confronti dei vaccini è cresciuto e ha riguardato anche i diversi vaccini contro il Covid-19. In particolare, si dubita della velocità con cui le diverse aziende farmaceutiche hanno elaborato la creazione del vaccino. A cosa si deve realmente questa rapidità?

«I tempi con cui si è arrivati ad avere i primi vaccini per COVID-19 hanno fatto definire quanto accaduto un miracolo. Effettivamente, visto da fuori, questo può davvero sembrare qualcosa di prodigioso o al contrario, come lei sta evidenziando, suscitare dubbi sul rigore con cui si è arrivati ai primi vaccini. Tuttavia, ci sono vari aspetti e fattori di cui tener conto, che ci aiutano a capire come tutto ciò sia stato possibile.

In primo luogo, sono stati stanziati fondi senza precedenti e, con le tecnologie a disposizione, è stato possibile isolare e caratterizzare tempestivamente il virus. Inoltre, la comunità scientifica mondiale ha collaborato ed ha poi condiviso qualsiasi informazione, tramite tempestive pubblicazioni sulle riviste scientifiche. Contemporaneamente, ci si è trovati a sviluppare un vaccino nel corso di una pandemia. Questo significa circolazione attiva del virus, il cui alto tasso di contagio permette di raggiungere il numero di casi necessari alla significatività statistica di efficacia in breve tempo. Anche le Agenzie Regolatorie hanno avuto un ruolo fondamentale.

Per la prima volta, infatti, sono state istituite le procedure cosiddette fast-track, come ad esempio la rolling-review di EMA, che permettono di raccogliere i dati e sottometterli all’Ente Regolatorio in tempo reale, mentre lo studio clinico è in fase di svolgimento. Questo fa capire che la velocizzazione del processo di revisione dipende dalla modalità con cui è svolto, e non da sconti sui parametri di sicurezza, che rimangono sempre molto alti e che devono comunque sempre essere rispettati.

C’è stato, quindi, fin dall’inizio, da parte del mondo scientifico e regolatorio, un enorme coinvolgimento e impegno, che ha visto tutti lavorare senza sosta ogni giorno, per perseguire il comune obiettivo. Nel mio piccolo, ho il grande piacere di ricordare che, fin dalla prima email inviata alle Autorità competenti, ISS in particolare, ho ricevuto il supporto e la collaborazione di un intero team, coordinato dalla dr.ssa Cometa, che ha lavorato con noi tramite audizioni straordinarie, avvenute anche nei weekend, per la revisione di documenti, di centinaia di pagine, condivisi con loro man mano che venivano completati. Durante il periodo di vaccinazione dei volontari, il Data Safety Monitoring Board, ovvero il comitato di esperti chiamato a revisionare tempestivamente i dati di sicurezza del nostro vaccino, si è riunito ogni settimana, anche nei weekend, assicurando che non ci fosse neanche un giorno di ritardo sulla tabella di marcia dello studio.

Infine, ma certamente non meno importante, c’è stata anche una grande e attiva partecipazione dell’opinione pubblica, che ha permesso di reclutare volontari con estrema facilità. Ad esempio, a seguito della pubblicazione del bando da parte dello Spallanzani, sono pervenute migliaia di domande di adesione in pochi giorni. Ringrazio davvero i volontari che hanno partecipato al nostro studio RT-CoV-2, dandoci fiducia e permettendoci di giungere a questo risultato».

L’azienda biotech a Castel Romano dove Reithera sta conducendo il suo studio sul vaccino per Covid-19. Immagine concessione di Reithera Srl.

Cosa vorrebbe dire a chi non si fida di ReiThera, del vostro vaccino e dei vaccini contro il Covid-19?

«Per rispondere al meglio a questa domanda avrei bisogno di sapere le motivazioni di chi non ha fiducia nel nostro vaccino o nei vaccini in generale. Premesso questo, avendolo seguito in prima persona, mi sento di poter affermare che nel valutare la sicurezza del prodotto non c’è stata alcuna scorciatoia. La fase I di ogni trial clinico ha proprio questo scopo: assicurare la sicurezza di un farmaco sperimentale.

Inoltre, per alcuni vaccini, tra i quali il nostro, le piattaforme sono già da molti anni utilizzate per altre malattie infettive, con ottimi risultati di sicurezza ed efficacia in migliaia di soggetti, di ogni età; da neonati ad anziani, sani o affetti da altre patologie quali HIV, epatite e perfino in chi fa abuso di droghe per vie endovenosa. Altri vaccini, di generazione più recente come quelli ad mRNA (come quelli messi appunto da Pfizer e Moderna), fanno riferimento a una piattaforma vaccinale che comunque è già da qualche anno in studio, con i primi trial clinici di fase I entrati in sperimentazione già nel 2019».

Immagine concessione di Reithera Srl.

Quali sono i vostri obiettivi per le prossime fasi? Avete una tabella di marcia da rispettare per lo sviluppo di GRAd-COV2?

«Il progetto di sviluppo, che inizia con il disegno del vettore e arriva fino alla richiesta di commercializzazione, prevede un piano di azioni e scadenze, ben definito fin dall’inizio. Fino a oggi la tabella di marcia è stata rispettata, grazie allo straordinario lavoro del team di ReiThera e alle sue capacità di ricerca, sviluppo e manifattura e alla collaborazione con il team dell’ospedale Spallanzani oltre alla professionalità dei due siti di sperimentazione a Roma e a Verona. Il tutto grazie al supporto finanziario della Regione Lazio e del Ministero dell’Università e della Ricerca.

Adesso si deve proseguire, valutando il vaccino su una platea di volontari più ampia delle decine vaccinate nella fase I, introducendo anche un gruppo di controllo a cui si dia il placebo. Il nostro prossimo obiettivo, quindi, è avviare la fase II nel mese di febbraio e, se tutto va bene, procedere con la fase III in primavera. Questo consentirebbe di concludere la sperimentazione entro l’estate, e, quindi, procedere subito dopo col presentare la richiesta di autorizzazione alle agenzie regolatorie.

In parallelo allo sviluppo clinico, altro grande sforzo è rivolto allo sviluppo produttivo. Messa nelle condizioni di operare a regime massimo, ReiThera può produrre 100 milioni di dosi all’anno (circo 8-9 milioni al mese). Dunque, se tutto dovesse procedere secondo i piani, ipotizzando l’autorizzazione tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, potremmo contribuire subito con diverse decine di milioni di dosi. L’obiettivo cui stiamo lavorando, infatti, è quello di poter fare le prime consegne entro la fine del 2021».

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Matteo Antiga

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