Laureato in biologia molecolare presso l’Università di Parma, Daniele Spinozzi, classe 1990, da ormai sei anni vive e lavora in Olanda. Si occupa di ricerca scientifica e ha recentemente conseguito un PhD all’Università di Leiden con un progetto sui trapianti di cellule endoteliali della cornea. Oggi è impegnato nella ricerca sulla rigenerazione di tessuti nel dipartimento di chirurgia cardiotoracica della LUMC (Leiden University Medical Centre). La scienza e la biologia sono letteralmente il suo pane quotidiano. Per questo, in un periodo in cui parlare di virus e vaccini è più che all’ordine del giorno, ha deciso di mettere le proprie conoscenze al servizio della comunità creando una rubrica di divulgazione scientifica online in cui spiega come funziona vaccino a mRNA contro il COVID-19.
«Nel periodo in cui cominciavano a diffondersi le prime notizie sui vaccini contro il Covid-19, molti amici e conoscenti mi contattavano per avere chiarimenti. La maggior parte dei dubbi riguardava la composizione dei vaccini, il loro funzionamento e gli eventuali rischi legati alla loro somministrazione. Invece di rispondere singolarmente alle decine di messaggi ricevute in quel periodo, ho pensato di farlo tramite i miei profili social. Ho usato Instagram e Facebook per pubblicare dei post che contenessero le informazioni principali e rispondessero alle questioni più diffuse. In particolare, ho spiegato come funziona il vaccino a mRNA, che si serve di una tecnologia diversa rispetto a quello proteico o a quello vettoriale. Devo dire che la reazione è stata più positiva di quanto mi aspettassi. Le persone che hanno visualizzato i post si sono dimostrate molto interessate al tema e hanno continuato a condividere con me opinioni, dubbi e preoccupazioni sui vaccini. Per questo ho poi deciso di creare la pagina social La brace della scienza, interamente dedicata alla divulgazione scientifica».
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«Una delle domande più gettonate ha riguardato proprio il funzionamento degli innovativi vaccini a mRNA – come quelli prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna. La loro efficacia dipende dal funzionamento dell’RNA messaggero, una molecola composta da “lettere” più o meno modificate (i nucleotidi) che contengono le istruzioni per l’assemblaggio di una proteina.
I ricercatori hanno sfruttato questo meccanismo metabolico naturale per isolare il tratto genetico di SARS-CoV-2 contenente le istruzioni per assemblare la proteina S del virus – cioè quella che facilita l’ingresso del virus stesso nelle cellule. Una volta iniettato il vaccino, l’mRNA così isolato viene inglobato nelle cellule che, tramite la normale traduzione, producono la proteina S. Quando quest’ultima viene esposta al livello della membrana, il sistema immunitario la riconosce come una proteina estranea e sviluppa le protezioni (anticorpi e cellule immunitarie) necessarie a contrastarla, consentendoci di sviluppare la cosiddetta immunità. Consiglio di guardare il video di Swissmedic che spiega molto bene questo processo».
«I vantaggi sono molteplici e, infatti, la sperimentazione di vaccini a mRNA non è nata nel 2020, ma risale agli anni Novanta. Innanzitutto, questa tecnologia è decisamente più flessibile e facilmente modificabile rispetto ai vaccini tradizionali. Faccio un esempio di attualità: in caso di mutazioni del virus come quelle di cui si sta parlando nell’ultimo periodo, bastano sei settimane per adattare il vaccino a mRNA. Al contrario, in caso di mutazioni significative del virus, un vaccino classico rischia di rivelarsi inutilizzabile. Ci sono poi dei fattori concreti che vanno considerati. Isolare una proteina intera, infatti, richiede un processo sensibilmente più lungo e costoso di quello necessario per isolare l’mRNA e si serve di tecniche che non sempre riescono a dare un prodotto finito adatto a una terapia.
D’altro canto, l’RNA è molto instabile ed è per questo che va conservato a bassissime temperature, ma l’instabilità si traduce anche in una sua permanenza estremamente ridotta nelle cellule delle persone sottoposte al vaccino. Proprio per questo e per la composizione biologica dell’RNA, i vaccini innovativi presentano – se possibile – dei rischi ancora più bassi di quelli dei vaccini tradizionali, già prossimi allo zero».
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«La campagna vaccinale è fondamentale poiché consente di pervenire a un’alta percentuale di immunità, limitando enormemente la capacità di propagazione del virus. In Italia le vaccinazioni stanno procedendo bene, ma le tempistiche sono influenzate anche dai ritardi di produzione. Per procedere all’immunizzazione, è infatti necessario assicurarsi di somministrare entrambe le dosi del vaccino e di farlo a distanza di massimo tre settimane. Una persona vaccinata può essere considerata immune dopo una settimana dalla somministrazione della seconda dose. Se però le aziende che producono i vaccini non riescono a garantire le consegne nei tempi concordati, si rischia di sprecare le dosi che non sono seguite dal necessario richiamo.
Per quanto riguarda la percentuale della popolazione da vaccinare per poter arrivare all’immunità di gregge, è invece molto importante conoscere l’efficacia di un vaccino. Per esempio, per un vaccino efficace al 95% circa – come quello di Pfizer-BioNTech – è sufficiente vaccinare circa il 70% della popolazione per ottenere l’immunità di gregge. Quest’ultimo concetto, nonostante quanto affermato da alcuni nella prima fase della pandemia, è strettamente legato alla vaccinazione. In altre parole, i casi di effettivo contagio non dovrebbero essere contemplati nelle considerazioni relative all’immunità di gregge».
«Sì, è comunque necessario vaccinarsi. Bisogna infatti considerare che la protezione offerta dal vaccino ha un raggio più ampio rispetto a quella sviluppata da un organismo guarito dal Covid-19. Questo è dovuto al fatto che, sebbene sia il corpo umano che il vaccino generino la risposta delle cellule immunitarie dopo l’infezione, il corpo umano produce anticorpi solo per la variante del virus che ha interessato l’organismo infettandolo, mentre il vaccino produce anticorpi verso uno spettro più ampio di eventuali varianti. È anche per questo che, nel calcolo sull’immunità di gregge, si tiene conto solamente delle persone effettivamente vaccinate e non anche di quelle contagiate. Nonostante ciò, valutare i titoli anticorpali delle persone guarite può essere utile per stabilire quando sottoporle al vaccino contro il Covid-19. In un’ottica di ottimizzazione delle dosi, infatti, potrebbe essere meglio dare la priorità a chi non ha sviluppato affatto gli anticorpi».
«Moltissimi mi hanno chiesto se i vaccini a mRNA siano sufficientemente sicuri o comportino dei rischi a livello, ad esempio, di mutazioni genetiche. Ho cercato di spiegare chiaramente perché questo tipo di vaccino sia da considerarsi assolutamente sicuro. Nello specifico, non c’è nulla da temere perché la traduzione dell’mRNA in proteina S è un processo naturale del metabolismo cellulare, in seguito al quale l’mRNA viene immediatamente degradato. Inoltre, poiché il vaccino contiene solo l’mRNA della proteina S del virus, in nessun modo può dare infezione. E dato che nessuno dei passaggi biologici legati al vaccino contro il Covid-19 avviene all’interno del nucleo, l’informazione genetica del DNA è salva.
Un’altra domanda molto frequente riguarda invece i tempi estremamente rapidi della fase di sperimentazione e trial clinici. Anche persone generalmente favorevoli ai vaccini sono spaventate dalla rapidità di produzione del vaccino contro il COVID-19. Temono infatti che la fretta di arrivare a una soluzione abbia indotto scienziati e vertici politici a prendere decisioni avventate.
In realtà, la rapidità nella sperimentazione di questi vaccini si spiega alla luce della quantità praticamente illimitata di fondi – pubblici e privati – investiti per la causa, insieme alla semplificazione delle procedure per avere accesso ai finanziamenti. Le agenzie che si occupano di dare le autorizzazioni, vista la gravità della situazione, hanno poi adottato un metodo di revisione molto efficace, ossia la revisione continua (rolling review). Bisogna inoltre ricordare che, in passato, i ricercatori si erano già trovati a studiare vaccini efficaci contro un altro coronavirus, quello che causava la famosa SARS. Sebbene la malattia, ai tempi, si estinse prima che i vaccini fossero pronti per l’utilizzo, gli studi condotti non furono cancellati. E per fortuna, perché sono tornati decisamente utili».
«Semplificare al massimo concetti scientifici non è affatto facile, ma è importante per fornire informazione di qualità a chi non ha competenze specifiche. Nel mio piccolo, attraverso la rubrica che ho creato, mi sono reso conto di aver aiutato qualcuno a capire meglio quello che stiamo vivendo.
Durante la pandemia, purtroppo, molti esperti non si sono dimostrati all’altezza del compito, in parte per incapacità comunicativa, ma anche perché messi in difficoltà dall’atteggiamento quasi inquisitorio di alcuni giornalisti. D’altronde, gli scienziati non sono politici, ed è giusto mantenere ben chiara la differenza di ruoli e di funzioni. Nonostante alcuni esempi negativi, ci sono molti scienziati che fanno divulgazione efficace. Tra questi, consiglio di seguire Antonella Viola, immunologa e professoressa ordinaria di Patologia Generale all’Università di Padova».
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