Gli anticorpi monoclonali sicuramente rappresentano la seconda grande arma che possediamo contro il coronavirus, dopo il vaccino. Molto è stato detto a riguardo nelle ultime settimane, in seguito all’approvazione da parte dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per l’utilizzo degli anticorpi monoclonali nei soggetti gravemente colpiti dal COVID-19.
Tuttavia è necessario sottolineare che questi non sono assolutamente un’arma sostitutiva al vaccino, che rimane in assoluto l’unica vera soluzione contro questo micidiale virus. Gli anticorpi monoclonali rappresentano una sorta di cura alla malattia, utilizzata quando questa è già in corso e ha portato il paziente all’ospedalizzazione poiché i sintomi da Covid-19 sono ormai diventati gravi. Lo scopo del vaccino è invece quello di far sviluppare gli anticorpi al nostro organismo prima che questo venga in contatto col virus. In questo modo il corpo è preparato a combatterlo una volta che il soggetto sarà realmente esposto al contagio. In altre parole, il vaccino previene l’insorgere dei sintomi della malattia evitando l’ospedalizzazione e rallenta la diffusione del virus. Gli anticorpi monoclonali sono una cura per la malattia già in atto.
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Un anticorpo è una proteina, cioè una lunga catena formate da amminoacidi, legati chimicamente l’uno all’altro. In particolare, un anticorpo è costituito da quattro catene amminoacidiche formanti una struttura che ricorda una Y.
Fra i ruoli biologici principali degli anticorpi c’è quello di riconoscere e legare macromolecole (molecole dall’elevato peso molecolare e quindi molto grandi, come altre proteine) estranee all’organismo, che vengono dette antigeni. Il sito dell’antigene che viene utilizzato per formare il legame con l’anticorpo è detto epitopo.
Quindim anticorpi diversi possono legare parti diverse di uno stesso antigene, ovvero ognuno riconosce un epitopo diverso. Anticorpo e antigene si legano come due pezzi di un puzzle. Gli anticorpi presentano una certa specificità per un particolare antigene. Questa rappresenta la capacità dell’anticorpo di riconoscere quel determinato antigene rispetto a uno diverso.
Gli anticorpi sono prodotti da un particolare tipo di cellula appartenente al sistema immunitario detta plasmacellula. Questa deriva da un linfocita B (esempio di globuli bianchi, ovvero cellule che devono difendere il nostro corpo dagli agenti esterni), opportunamente stimolato dalla presenza dell’antigene.
Quando un antigene infetta un organismo, si scatena la risposta immunitaria, che provoca la produzione di plasmacellule diverse che produrranno anticorpi leggermente diversi. La differenza tra questi anticorpi è il fatto che possono legare epitopi diversi dello stesso antigene, risultando poco specifici. Gli anticorpi monoclonali sono prodotti da plasmacellule geneticamente identiche, dette cloni. Esse derivano da un unico linfocita B. In questo caso gli anticorpi sono tutti identici e quindi legano tutti lo stesso epitopo dell’antigene, risultando altamente specifici.
Ogni anticorpo monoclonale riconosce uno specifico sito dell’antigene, ovvero un particolare epitopo. Esso è prodotto da uno specifico linfocita B, dopo che questo è entrato in contatto con un antigene. Se fosse possibile coltivare in vitro tale linfocita B e ottenerne tanti cloni identici, sarebbe possibile produrre in laboratorio tanti anticorpi monoclonali in maniera relativamente facile. Tuttavia questi globuli bianchi, se coltivati al difuori del proprio organismo di appartenenza, sopravvivono per un breve lasso di tempo. Per questo motivo devono essere ibridati con un tipo particolare di cellule molto resistenti. Una volta ottenuto questo ibrido, esso può essere coltivato più facilmente su specifici terreni di coltura in laboratorio. Infine la produzione degli anticorpi monoclonali ha inizio una volta esposte le cellule al particolare antigene del quale siamo interessati.
Quando un agente patogeno, come un virus, entra nel corpo umano, il corpo lo riconosce come un agente esterno. Si innesca così una risposta da parte del sistema immunitario. Le proteine spike, che il virus usa per “aggrapparsi” alle cellule e infettarle, sono macromolecole che hanno la facoltà di scatenare una razione delle “sentinelle” del corpo, ovvero i globuli bianchi (tra cui i linfociti B).
Quando un linfocita B entra in contatto con un antigene, si attiva e si divide in una plasmacellula e in un linfocita B memoria. La prima ha breve vita e ha il compito di produrre anticorpi specifici per quell’antigene sul breve termine. Il secondo custodirà le informazioni per la produzione di quell’anticorpo specifico a lungo termine.
Gli anticorpi andranno a legarsi alla proteina spike del virus, inattivandola e rendendo il virus inoffensivo, poiché non più capace di infettare altre cellule. Nel caso dei malati gravi di Covid-19 la risposta immunitaria dell’organismo non è sufficiente. Risulta necessario ricorre agli anticorpi monoclonali ottenuti in laboratorio per poter aiutare il paziente a sconfiggere il virus.
Assieme al vaccino, la nostra arma più potente a disposizione, è possibile che gli anticorpi monoclonali aiuteranno i medici a far calare drasticamente la mortalità da Covid-19, nei soggetti con sintomi gravi che ancora non fossero stati vaccinati.
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