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Curiosità

EMDR e rimozione del trauma: theWise incontra Ramona Elgari

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Marco Capriglio

Un trauma può generare disfunzioni nella persona, sia a livello emotivo che a livello fisiologico. Una tecnica con evidenze scientifiche che aiuta nella risoluzione di un ricordo traumatico è l’EMDR, acronimo che sta per eye movement desensitization and reprocessing (in italiano, desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari).

Oggi theWise Magazine ha incontrato la psicologa e psicoterapeuta reggiana Ramona Elgari.

Cosa è un trauma? Come può influire un trauma non curato sulla vita quotidiana?

«Secondo l’approccio EMDR, possiamo definire due tipi di trauma. I Traumi con la t maiuscola, e i traumi con la t minuscola. I primi sono situazioni in cui noi (o altri) siamo stati in pericolo di vita, oppure situazioni in cui abbiamo subito abusi e le violenze. I secondi si riferiscono a tutte quelle ferite, umiliazioni, giudizi, trascuratezze e abbandoni che abbiamo ricevuto (o che abbiamo visto ricevere ad altri) e che ora influenzano la nostra autostima e ci condizionano nella vita di tutti i giorni.

Un trauma non curato influisce sulla vita quotidiana in diversi modi. Possono insorgere disturbi psicosomatici, disturbi del sonno, disturbi dell’umore o disturbi d’ansia e dipendenze. Possono poi presentarsi dolori persistenti nel corpo che però, dopo accertamenti medici, si rivelano non avere una causa organica; somatizzazioni. I traumi possono condizionare i nostri comportamenti e le scelte che facciamo, il rapporto che abbiamo con noi stessi e con gli altri, possono incidere sulla nostra autostima, nella nostra gestione emotiva e della rabbia. Ci sono molteplici aspetti in cui i traumi dell’infanzia si ripercuotono sul presente e sulla percezione del futuro».

La dottoressa Ramona Elgari. Foto per gentile concessione dell’intervistata.

Quali sono i principi base della tecnica EMDR?

«La tecnica EMRD si basa sulla stimolazione bilaterale. Tramite la stimolazione oculare, acustica o il tapping (cioè battere le dita) in modo alternato, si stimolano l’emisfero destro e l’emisfero sinistro del cervello a lavorare insieme sul ricordo traumatico. In questo modo, l’informazione traumatica viene sollecitata a essere rielaborata dai neuroni in modo integrato da entrambi gli emisferi, per una risoluzione del ricordo traumatico. Risoluzione non significa dimenticare il trauma, ma rielaborarlo in una maniera più funzionale e integrata, in cui l’emozione e il dolore associato perdono di intensità.

I neuroni, tramite le nostre esperienze, sia positive che negative, creano delle sinapsi, cioè delle associazioni tra neuroni. Rielaborando le memorie traumatiche, si creano nuove associazioni e nuovi processi di pensiero più funzionali da un punto di vista sia cognitivo che emotivo. L’EMDR ha una base psicologica e una base fisiologica, dimostrata scientificamente da studi e ricerche, ma anche da strumenti diagnostici, come la tomografia computerizzata».

Come si svolge una seduta di EMRD?

«Nell’EMDR ci sono varie fasi. La prima, detta assessment, si basa sulla conoscenza del paziente e della sua storia, in cui si rintracciano i Traumi e i traumi. In caso di Traumi, si possono fare pochissime sedute. La persona è consapevole del trauma che sta vivendo. Si cerca il ricordo traumatico, si chiede quale sia il ricordo peggiore legato all’esperienza e quanto sia intenso il livello emotivo. Si chiede poi in quale parte del corpo sente il dolore e cosa vorrebbe sentire di sé stessa. Si ricerca con la persona la convinzione su di sé associata al ricordo traumatico.

Dopo di che si lavora con la stimolazione bilaterale. L’intensità del disturbo viene calcolata utilizzando la Scala SUD (unità soggettiva di disturbo). La terapia si conclude quando il disturbo, su questa scala, viene percepito con un livello pari a zero o a uno, in una scala da zero a dieci. Si fa poi un controllo, concentrandosi dalla punta dei capelli alla punta dei piedi, andando a osservare cosa il paziente senta del ricordo traumatico. Se la persona dovesse sentire ancora una tensione, si procederà ancora con la stimolazione bilaterale».

E nei casi di Traumi con la t minuscola?

«In casi invece di Traumi con la t minuscola, bisogna prima di tutto individuarli. E non è sempre semplice fare questo. Si stabilisce una relazione con la persona, in cui si cerca di ricostruire la sua storia, soprattutto quella familiare, aiutandola a prendere consapevolezza di ciò che durante l’infanzia ha provato e sentito. In tutti i casi (anche nel lavoro con i Traumi con la t maiuscola), prima di partire, si effettua un’operazione di installazione delle risorse e di installazione del luogo sicuro. Questo avviene se la persona è molto destabilizzata e non riesce a lavorare sui propri traumi. In questi casi si lavora con la persona su più episodi focalizzati. L’EMDR ha messo a punto, e validato, diversi protocolli di intervento per disturbi dell’umore, di personalità o legati alle dipendenze.

Alla persona sono fatti ricordare, sempre tramite la stimolazione bilaterale, situazioni positive, ad esempio momenti in cui è riuscita a ottenere buoni risultati o in cui è riuscita a cavarsela in situazioni difficili. Si chiede poi di immaginare un luogo (o una persona) in cui si è sentiti sicuri in passato. Si chiede di restare con il ricordo in quella situazione, in modo da stabilizzare queste sensazioni positive e da rievocarle durante la terapia o a casa, quando ci sono emozioni più disturbanti».

Foto: Pixabay.

Quanto dura la terapia, in media?

«Non si può definire la durata a priori. Ogni paziente è a sé e occorre prima di tutto una conoscenza profonda della persona e della sua storia familiare. Non a caso si parla di memoria transgenerazionale legata ai traumi, ovvero quella trasmessa in modo ereditario. Oggi ci sono numerosi filoni di ricerca in questo ambito. Non sempre però dobbiamo rintracciare degli abusi, ovvero delle T maiuscole, ma delle t minuscole, che incidono in maniera inconsapevole sulla vita delle persone, come l’iperprotettività dei genitori o l’eccessiva responsabilità data ai figli ancora in tenera età da parte dei genitori stessi. Altri traumi possono essere dati da genitori disturbanti o trascuranti, episodi familiari di lutti, violenze, separazioni e abbandoni. Sono tantissimi gli esempi che si possono riportare.

Ogni persona è a sé, e ciò che è percepito come trauma è strettamente soggettivo. La terapia EMDR è un contratto bilaterale. Quando io, come terapeuta, mi accorgo che il paziente è più consapevole e connesso con la propria persona e le proprie emozioni, o quando il paziente stesso si rende conto di stare bene, la terapia può terminare. È importante ricordare che il terapeuta è solo un accompagnatore. È il paziente a elaborare e fare nuove associazioni. Il potere è nelle sue mani».

Leggi anche: Dino Giovannini: responsabilità sociale e cambiamento degli atteggiamenti.

Come si fa a capire di avere un trauma?

«Non si capisce di avere un trauma. Si può però capire di provare un dolore immenso, di avere ansia, di vivere un momento in cui si vede tutto nero o di non riuscire a superare la fine di una relazione. Nel presente attuale si possono notare sintomi fisici e/o emotivi che non sono funzionali. Questi sono tanti piccoli segnali con cui si può capire che qualcosa non va. Si può sentire di avere una bassa autostima, sentirsi inferiore o sempre in competizione, sentire di avere un blocco emotivo o al contrario di esperire un iperemotività, di non avere il controllo o di cercare sempre il controllo. Anche in questo caso sono tantissimi gli esempi che si possono riportare.

Se ci si rivolgerà a un terapeuta, durante l’anamnesi si prenderà consapevolezza di cosa sia stato un trauma e si potrà cercare di risolverlo».

Esiste una relazione tra Covid-19 e terapia EMDR?

«Inizialmente l’EMDR era usata unicamente per il trattamento dei disturbi post-traumatici da stress. Il Covid-19 è stato, e purtroppo sarà, un trauma per tanti. Non solo per la paura di ammalarsi, ma anche per tutta la pressione e la tensione subita, legata all’incertezza e all’isolamento.

L’EMDR è stata usata consistentemente nel lockdown di marzo 2020. Era stato istituito un numero nazionale di emergenza, di cui ho fatto parte anche io, al quale si poteva telefonare per un consulto psicologico gratuito. Si faceva così un primo colloquio di sostegno. Se questo non fosse bastato, era possibile accedere a un secondo livello, con una serie di incontri online gratuiti, con terapeuti specializzati in EMDR. Questa tecnica funziona meglio “in presenza” ma, data la situazione, è stato necessario sperimentarla anche davanti a uno schermo».

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