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Curiosità

La didattica a distanza e le sue implicazioni educative

Published by
Marco Capriglio

La didattica a distanza è ormai entrata prepotentemente nelle vite di tutti. Quali sono le sue implicazioni? Ne abbiamo parlato con la professoressa Alessia Cadamuro.

Alessia Cadamuro è professore associato in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e neuroscienze dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dove è titolare di diversi insegnamenti nell’ambito della psicologia dello sviluppo e della psicologia dei processi di apprendimento. I suoi interessi di ricerca ruotano intorno a temi rilevanti per la psicologia dello sviluppo, come la teoria della mente, la metacognizione, il ruolo delle nuove tecnologie nell’apprendimento, la riduzione del pregiudizio a scuola e i fattori protettivi dallo stress in bambini esposti a contesti di emergenza.

La professoressa Alessia Cadamuro. Foto per gentile concessione dell’intervistata.

Oggi theWise Magazine ha incontrato la professoressa Alessia Cadamuro.

Quali sono i nodi problematici della didattica a distanza, in riferimento soprattutto agli alunni meno abili e motivati?

«In letteratura appare ben documentato l’effetto che le nuove tecnologie possono avere sulla motivazione e l’engagement degli studenti, in quanto le lezioni risultano spesso più interattive, interessanti, stimolanti, multimediali e, come riportano gli studenti, divertenti. Tuttavia, questi effetti tendono a svanire con il tempo, man mano che ci si abitua a queste modalità di apprendimento, quando scema il fattore novità. In aggiunta a ciò, gli insegnanti non sono sempre in grado di integrare in modo adeguato le nuove tecnologie all’interno delle loro proposte didattiche e finiscono per utilizzarle in modo poco innovativo, rischiando di riproporre gli schemi trasmissivi delle lezioni tradizionali, seppur erogati con supporti informatici.

Il problema allora diventa riuscire a sostenere la motivazione intrinseca di quegli studenti che sembrano meno in grado di autoregolare il loro interesse e coinvolgimento per le attività scolastiche. Allo stesso modo, appare sempre più rilevante il contributo che le nuove tecnologie possono dare nei casi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Soprattutto per la dislessia, esistono ormai diversi programmi di intervento mediati da supporti digitali, che sono risultati particolarmente efficaci, grazie alla possibilità di utilizzare la multimedialità e la presentazione multicodice, ad esempio verbale e visivo».

Leggi anche: Covid-19 e scuola, dati truccati alla base del “modello svedese”.

Cosa sono l’autoregolazione e la metacognizione?

«Le ricerche hanno ormai ampiamente dimostrato come le competenze trasversali, ad esempio la metacognizione e l’autoregolazione, siano dei potenti predittori di successo scolastico. Queste competenze di ordine superiore ci aiutano a coordinare al meglio sia i processi cognitivi (attenzione, memoria, comprensione) sia quelli emotivo-motivazionali (autoefficacia, motivazione) risultando quindi una risorsa fondamentale per trasformare gli studenti in attivi costruttori di sapere.

La metacognizione consente allo studente di sviluppare flessibilità di pensiero, controllo sulle proprie azioni, analisi delle situazioni problematiche e pianificazione delle attività. L’autoregolazione implica la capacità di adottare in modo flessibile strategie cognitive differenti (ripetizione, elaborazione, riorganizzazione, sintesi e ragionamento sui contenuti), pianificando e monitorando l’adeguatezza delle strategie scelte per renderle adeguate alle diverse richieste e obiettivi di studio. Dal mio punto di vista, i dispositivi digitali danno la possibilità di aumentare la centralità degli studenti trasformando il tradizionale ambiente scolastico in un ambiente collaborativo incentrato sullo studente, stimolando la riflessione metacognitiva e l’autonomia».

Leggi anche: Nove studenti (e due prof) raccontano la didattica a distanza.

Qual è il rapporto tra questi due fattori e la didattica a distanza?

«Questi strumenti possono offrire allo studente un feedback relativamente alle operazioni da lui compiute, aiutandolo ad acquisire consapevolezza dei propri processi cognitivi e delle strategie di apprendimento. È interessante poi aggiungere che la riflessione metacognitiva si sviluppa soprattutto grazie all’interazione, pertanto un ulteriore vantaggio che le nuove tecnologie possono portare è che incentivano e sostengono l’interazione sociale, attraverso la cooperazione, la discussione e il confronto, favorendo una metacognizione distribuita.

La relazione tra la partecipazione ad attività di e-learning e autoregolazione nell’apprendimento risulta poi essere bidirezionale. Se da un lato sono necessarie competenze autoregolative di base per trarre vantaggio dalla formazione mediata dalle nuove tecnologie, dall’altro lavorare in contesti smart può contribuire a sviluppare tali competenze. Tali contesti presentano infatti caratteristiche che impongono un’organizzazione autonoma delle attività da parte dello studente. E questo può rappresentare un problema per quegli studenti che senza una guida esterna tendono a disperdersi».

Foto: Pixabay.

La scuola può essere teatro di bullismo. La didattica a distanza ha attenuato o meno questo fenomeno?

«Non credo che la didattica a distanza, nello specifico, abbia prodotto più fenomeni di bullismo, ma sono le tecnologie digitali, e soprattutto i social network, a essere spesso teatro di fenomeni disfunzionali nell’uso delle tecnologie. Possiamo ipotizzare che l’impossibilità di incontrarsi in presenza, dovuta al lockdown, abbia promosso tra i ragazzi, e i bambini, maggiori occasioni di utilizzo di social network.

È naturale che questa fascia di età risulti particolarmente vulnerabile a utilizzi pericolosi dei social media, in parte perché mancano le competenze tecniche, ma soprattutto perché non possono fare un uso consapevole e critico di questi device. La chiusura delle scuole può semplicemente aver spostato il problema del bullismo da ambienti “offline” ad ambienti “online”, con tutti i problemi che questo comporta per il minor controllo che gli adulti sono in grado di garantire in questi ambienti».

Leggi anche: Dino Giovannini: responsabilità sociale e cambiamento degli atteggiamenti.

Secondo lei, la didattica a distanza è stata (è, e forse sarà) un problema o un’opportunità per aprire nuovi orizzonti nella pratica educativa e didattica?

«L’introduzione delle nuove tecnologie a scuola è un tema molto dibattuto, reso ancora più attuale dalla recente pandemia da Covid-19. Il passaggio forzato alla didattica a distanza, che si è resa necessaria con il lockdown nazionale, ha suscitato un vivace dibattito nell’opinione pubblica e tra gli esperti, che ha visto la contrapposizione tra coloro che ritengono le nuove tecnologie un valido supporto per l’insegnamento, e quanti, invece, le considerano inefficaci o addirittura dannose per l’apprendimento scolastico.

I primi sono convinti che questa fase possa rappresentare un’occasione importante per ripensare a nuovi modelli ibridi di istruzione e formazione, con vantaggi significativi per gli studenti. Secondo questa posizione, l’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola può offrire l’opportunità di cambiamento, non solo a livello di strumenti educativi, ma anche di approccio didattico, stimolandoci a riflettere su questi processi e innovarli in modo consapevole e critico. I secondi, invece, sostengono che questo passaggio rapido e non pianificato all’apprendimento online, caratterizzato da mancanza di formazione sui docenti, da carenze nelle infrastrutture e da scarsa disponibilità di device per gli studenti, si sia tradotto in esperienze didattiche negative e scarsamente stimolanti e utili per sostenere l’apprendimento.

Io credo che l’introduzione delle nuove tecnologie a scuola possa essere un valido contributo per rendere i contesti di apprendimento più motivanti e coinvolgenti. Tuttavia, il loro impiego richiede una riflessione critica che deve tenere conto di diversi aspetti relativi agli studenti, agli insegnanti e al loro approccio alle tecnologie digitali. Soprattutto gli insegnanti dovrebbero pensare a come inserire questi strumenti all’interno di progetti didattici chiari, che siano in grado di stimolare le capacità metacognitive e di autoregolazione degli studenti».

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Marco Capriglio

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