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Sport

Al via le “classiche monumento”, le storiche del ciclismo

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Federico Smania

Dopo la stagione ciclistica del 2020, che ha subito uno stravolgimento di calendario a causa dell’emergenza pandemica, a pochi giorni dall’inizio della primavera gli appassionati sono già in fermento perché tra marzo e aprile storicamente si disputano le più importanti corse di un giorno: le celebri classiche monumento.

Chi non segue il ciclismo non sarà a conoscenza di questa speciale etichetta che viene assegnata ad alcune corse, pertanto ricapitoliamo brevemente i motivi che le rendono classiche monumento. Innanzitutto, sono cinque: Milano-Sanremo, Giro delle Fiandre, Parigi-Roubaix, Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia (quest’ultima si svolge il primo sabato di ottobre).

Vincere una di queste corse per un ciclista significa dare senso a una carriera, significa entrare tra i grandi della storia. Sono le più antiche (tutte hanno già abbondantemente superato la centesima edizione) e soprattutto sono le più blasonate assieme al Campionato del mondo su strada. Nel calendario UCI sono presenti numerose corse in linea di grande importanza, dall’Amstel Gold Race alla Strade Bianche, che quest’anno ha già visto trionfare in Piazza del Campo a Siena Mathieu van der Poel. Solo quelle cinque, però, si sono meritate il titolo di “monumento”.

Leggi anche: I nuovi confini del ciclismo mondiale.

Si parte con la Sanremo, la “Classicissima”

Come da tradizione, la prima classica monumento della stagione è la Milano-Sanremo. In condizioni normali, si disputa il sabato più vicino a San Giuseppe (19 marzo) e quest’anno si terrà il 20. La Sanremo è una corsa che prima di essere apprezzata da un pubblico non esperto necessita di parecchio tempo. Perché? Potrà sembrare un controsenso, ma la particolarità della Classica di Primavera è proprio quello di non avere delle particolarità. La corsa che ha visto per ben sette volte trionfare Eddy Merckx, il più grande ciclista di sempre, è senza dubbio la più imprevedibile e questo la rende il sogno di tutti. I favoriti solitamente non la vincono, ma in pochi eletti arrivano a giocarsela dopo quasi trecento chilometri di percorso.

Poi se si pensa alla Sanremo si pensa al Poggio, alla Cipressa, a Via Roma, all’impresa di Vincenzo Nibali del 2018, al fotofinish di Mark Cavendish nel 2011 e alla maledizione di Peter Sagan. Proprio il tre volte campione del mondo slovacco ha da sempre dichiarato che il suo sogno è quello di alzare le braccia al cielo a Sanremo. Come è stato detto prima, i favoriti non la vincono; e infatti il fuoriclasse della Bora ci è andato spesso vicino, senza mai riuscire a ottenerla.

L’anno scorso a trionfare è stato il belga Wout Van Aert, miglior ciclista dell’anno nelle corse in linea, davanti all’attuale campione del mondo Julian Alaphilippe. Il detentore della Classicissima è indicato come il favorito, assieme al suo acerrimo rivale di una vita Mathieu van der Poel e al campione del mondo Julian Alaphilippe. I tre hanno incantato durante la Tirreno-Adriatico e il clima per la stagione delle classiche monumento è già infuocato. Ma dopo tutto quello che è stato detto, vale davvero la pena puntare su di loro? Una volata a ranghi quasi completi renderebbe tutto più complicato per i due ciclocrossisti a discapito degli sprinter puri come Demare e Ewan, ma per i velocisti l’impresa sarà non perdere la ruota dei big sulla Cipressa e sul Poggio.

Julian Alaphilippe vincitore nel 2019. Foto: Wikimedia Commons.

Il Giro delle Fiandre, la “classica universitaria”

Appassionati di ciclismo, a Pasqua non prendetevi impegni! La Ronde 2021 sarà senza dubbio entusiasmante. In molti sperano vivamente nel “rematch” della scorsa edizione quando Van Aert e van der Poel hanno dato vita a una delle corse più avvincenti di sempre, decisa solo al fotofinish con l’olandese che l’ha spuntata sul beniamino di casa belga. Il Fiandre è la corsa dei fiamminghi, del leone nero su campo giallo che in situazioni normali sventola per tutto il percorso. Il terzo millennio ha incoronato due fuoriclasse della bicicletta sulle cote della Ronde: Tom Boonen e Fabian Cancellara, che per anni si sono sfidati senza esclusione di colpi, riuscendo a vincere tre volte ciascuno. Per noi italiani il Giro delle Fiandre è fermo ancora al 2019 quando Alberto Bettiol, da vero outsider, ha vinto a Oudenaarde con un’azione sensazionale.

A differenza della Sanremo, dove la sorpresa è sempre dietro l’angolo, la Ronde è una classica che per conformazione premia i migliori finisseur del panorama mondiale. Da Boonen a Cancellara, passando per Sagan e Kristoff, tutti ciclisti in grado di superare indenni il lungo chilometraggio e le pendenze durissime dei muri fiamminghi. Non è una corsa per velocisti, né tantomeno per scalatori puri. Il lotto dei pretendenti quest’anno è ristretto ai soliti noti. Attenzione però alle mine vaganti che potrebbero approfittare del “marcamento stretto” dei migliori; si vedano le vittorie di Terpstra e Gilbert nel 2017 e 2018. Parlare del Giro delle Fiandre da un punto di vista tecnico richiederebbe un tempo troppo lungo.Per conoscere al meglio le peculiarità e i muri che l’hanno reso immortale, cliccate qui.

Tom Boonen. Foto: Wikimedia Commons.

L’inferno del Nord, la Parigi-Roubaix

È la corsa più amata al mondo, la classica delle pietre. La Roubaix è un pezzo di storia del ciclismo, una classica che ha portato nella leggenda dello sport alcuni fuoriclasse che sono riusciti a oltrepassare indenni gli iconici settori di pavé dell’Inferno del Nord. Oltre duecentocinquanta chilometri con un dislivello praticamente pari allo zero. E quindi, cosa rende così speciale la classica francese? Proprio le pietre, i settori di pavé che superano i cinquanta chilometri (e fidatevi, cinquanta chilometri sulle pietre sono un’infinità). La Roubaix è forse la più particolare tra le classiche monumento, con le stellette che caratterizzano la difficoltà dei settori e con l’arrivo al velodromo con i volti cosparsi dalla polvere e dalla terra. Nella storia, solo due ciclisti, entrambi belgi, sono riusciti a vincere per quattro volte la classica delle pietre, ottenendo così l’appellativo di Monsieur Roubaix: Roger De Vlaeminck e Tom Boonen.

L‘anno scorso a causa del Covid-19 non si è disputata. Per questo l’ultimo ricordo risale al 2019, quando un fenomeno come Philippe Gilbert ha compiuto un’impresa che è già a chiare lettere negli annali del ciclismo su strada. L’11 aprile i big delle corse di un giorno torneranno a darsi battaglia nella Foresta di Arenberg, sul Carrefour de l’Arbre e a Mons-en-Pévèle (i tre settori di pavé da cinque stellette), con i ciclocrossisti che quest’anno partiranno leggermente favoriti. Incognita numero uno: il meteo. La Roubaix con il sole è una corsa durissima ma i fuoriclasse sono in grado di gestirla. La Roubaix con la pioggia è qualcosa di quasi proibitivo.

La Foresta di Arenberg. Foto: Wikimedia Commons.

La Liegi, la “decana” del ciclismo

La Liegi-Bastogne-Liegi è conosciuta da tutti come la decana del ciclismo, la corsa più antica. Dal 1892 si corre questa classica monumento che negli ultimi anni però ha fatto storcere il naso a molti appassionati. Il percorso sempre molto ostico ultimamente ha portato i ciclisti ad accendere la corsa solo negli ultimi quaranta chilometri, dalla scalata della Redoute alla Roche-aux-Faucons. L’impasse delle prime fasi della decana ha infatti spesso annoiato il grande pubblico. A differenza della Sanremo, dove i giochi si decidono ancora più avanti, ma che è amata da tutti proprio per questo motivo, la Liegi ha un’altimetria che comporta una selezione naturale abbastanza netta e che di conseguenza non fa diventare l’arrivo un vero terno al lotto come nella Classicissima. Ciononostante, queste “critiche” sono dettagli, chiacchiere che tengono vive le discussioni tra gli appassionati, ma nessuno metterà mai in dubbio l’importanza della Doyenne.

L’anno scorso a vincere è stato Primož Roglič. Aveva letteralmente beffato Julian Alaphilipp, che a pochi metri dall’arrivo aveva alzato le braccia al cielo per poi perdere di millimetri al fotofinish per mano dello sloveno. La Doyenne è forse uno dei più grandi rimpianti della carriera di Vincenzo Nibali. Nel suo incredibile palmarès ha vinto diverse classiche monumento, ma alla Liegi è partito più volte da favorito senza mai riuscire a tagliare per primo il traguardo della corsa dei valloni. I papabili vincitori di quest’anno sono il campione uscente Roglič, il suo connazionale Pogačar, il giovane talento Hirschi e ovviamente Lou-Lou Alaphilippe.

Primož Roglič al Tour 2020. Foto: Wikimedia Commons.

All’appello mancherebbe l’ultima delle cinque classiche monumento, il Giro di Lombardia, la “classica delle foglie morte”. Come suggerisce il soprannome, tuttavia, si disputa in ottobre: ci sarà modo di parlarne più avanti, in base anche alle condizioni di forma dei grandi del ciclismo. Buona primavera a tutte e tutti o anzi, buone classiche monumento.

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